Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Negli scorsi giorni, a Santarcangelo di Romagna, Matteo Montevecchi, giovane consigliere comunale per la lista Fratelli d'Italia, ha presentato una mozione per intitolare una rotonda a Rolando Rivi, giovane seminarista ucciso appena quattordicenne dai partigiani comunisti. A favore della mozione, oltre a Fratelli d'Italia, hanno votato anche: la lista di Forza Italia, la lista civica "Progetto Civico" ed quella del Movimento 5 Stelle. Fatta eccezione per il consigliere comunale del PD Andrea Martignoni, unico nel suo partito ad aver votato a favore, la mozione è stata bocciata dal Partito Democratico e da Sinistra Unita (coalizione che comprende SEL e Rifondazione Comunista).
L’omicidio del giovane Rolando Rivi è uno dei più efferati tra quelli compiuti all’interno del triangolo della morte, un’area che compresa tra le città di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara, all’interno della quale si compirono numerosi massacri perpetrati dai partigiani delle varie formazioni di matrice comunista. Il giovane seminarista fu rapito il 10 Aprile del 1945 da Giuseppe Corghi e Delcisio Rioli, entrambi partigiani delle Brigate Garibaldi. I due dopo aver lasciato ai genitori un biglietto con su scritto “Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani” lo costrinsero a seguirli nella boscaglia. Qui, dopo averlo accusato di essere una spia nazifascista, lo picchiarono selvaggiamente e lo sottoposero ad una serie di sevizie. Fu Giuseppe Corghi ad ucciderlo sparandogli due colpi di pistola, uno alla tempia sinistra e l’altro all’altezza del cuore. I genitori che, dati i numerosi gesti di odio antireligioso perpetrati dai partigiani comunisti in quelle zone, erano preoccupati per il fatto che egli non volesse più togliere l’abito talare una volta entrato in seminario, trovarono la salma la sera del 14 Aprile, seguendo le indicazioni di alcuni partigiani, tra i quali lo stesso Corghi. Gli assassini furono condannati nel 1952 , in tutti e tre i gradi di giudizio, a 23 anni di carcere ma grazie all’amnistia voluta da Palmiro Togliatti ne scontarono solo sei. Rolando Rivi è stato beatificato il 5 Ottobre del 2013. Sempre nel 2013, è stata organizzata una mostra itinerante dedicata a lui e intitolata “Io sono Gesù”, la mostra è stata boicottata in molte tappe con l’accusa di infangare la resistenza.
Dunque, il rifiuto del Partito Democratico e di Sinistra Unita è solo l’ennesimo episodio di odio ideologico nei confronti della figura di Rolando Rivi, ma nonostante questo è di una gravità e di un’importanza straordinaria. La gravità sta nel fatto che dei rappresentanti delle istituzioni rifiutino di intitolare una rotonda al nome di un martire per il solo fatto che questa memoria getterebbe delle ombre su una pagina della nostra storia ritenuta gloriosa. Se si vuole davvero chiudere un capitolo infausto della nostra storia nazionale bisogna ammettere e riconoscere le nefandezze compiute da alcune formazioni partigiane. In questo sta anche l’importanza del fatto, perché rivela un segreto di Pulcinella sulla sinistra italiana. Per quanto abbia cercato di cambiare abito e di sbiancarsi, gettandosi addosso una generosa tanica di varichina, essa si sente ancora figlia del Partito Comunista Italiano. Un partito che applaudiva ai carri armati, che aveva le mani sporche di sangue di stragi e mattanze, sempre pronto a disseppellire la mitraglietta. Un cadavere che si credeva totalmente sepolto da Massimo D’Alema, nel lontano 1994, invece è imbalsamato come un feticcio ed il suo fetore è insopportabile. Questo ottuso negazionismo che pervade le varie anime della sinistra che compongono questi due partiti, dai socialdemocratici ai cristianosociali fino ai liberal progressisti e i post comunisti, fa capire come l’ideologia, che dell’idea è solo un’evoluzione deteriore, ancora non si sia spenta. Tentare di coprire di silenzio la morte di Rolando Rivi o Giuseppina Ghersi non cambia il fatto che essi siano morti per mano di uomini che sventolavano la bandiera rossa, la stessa che viene sventolata in piazza ogni 25 Aprile, salutati come liberatori e festeggiati come eroi ma, nei fatti, assassini come i loro avversari o forse anche peggio, perché nell’efferatezza di questi delitti si vaneggiava di libertà e democrazia.
L’unico modo che la sinistra ha per fare i conti con la propria storia è concludere una guerra civile portata avanti da una classe intellettuale e politica feticista di un dogma laico ed intoccabile, quale è la Resistenza con la “R” maiuscola. Una guerra civile combattuta ad oltranza, anche dopo il 25 Aprile del 1945, contro spettri e mulini a vento, non più sulle montagne ma in ogni ambito della società italiana.
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