Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Non c’è due senza … Tosca. Passione Puccini, trittico del grande musicista lucchese che fa da colonna sonora al settembre del Maggio Musicale Fiorentino, giunge al suo terzo e ultimi appuntamento: dopo Butterfly e Bohème ecco Tosca, altra opera molto amata dal pubblico, tratta da un drammone a forti tinte di Victorien Sardou (1831-1908).
L’allestimento fiorentino è nuovo, la regia è firmata da Federico Bertolani , scene di Tiziano Santi, costumi (realistici, dunque “d’epoca”) di Valeria Donata Bettella ; sul podio il maestro Valerio Galli dirigerà l’orchestra e il coro del Maggio Musicale Fiorentino. Tosca sarà Francesca Tiburzi, Mario Cavaradossi Stefano la Colla, il barone Scarpia Angelo Veccia.
“L’idea di questa Tosca nasce da uno scritto di Puccini dove egli parla del Te Deum e dove in qualche modo egli richiede che il Te Deum sia una specie di brusio lontano” dichiara il regista. Partendo da questa indicazione, insieme allo scenografo Tiziano Santi ha costruito una specie di “scatola” all’interno della quale si svolge la storia, mentre al di fuori di essa c’è tutto quanto Puccini concepisce come “sfondo” ma non fa parte del cuore della vicenda, come la cerimonia religiosa o la cantata profana. Per rappresentare Roma simbolicamente, la scatola è di travertino, che si scurisce sempre più mentre la vicenda precipita verso la tragedia.
Il soggetto dell’opera è molto diverso da quello dei capolavori precedenti: si è parlato – anche per quanto concerne la vocalità – di accostamento al verismo, sebbene la cosa sia altamente discutibile: come ricordava Claudio Casini “la vocalità di «Tosca» fu condotta a lacerazioni prodotte dalle particolari tensioni cui il sistema pucciniano venne sottoposto, sì che parve avvicinarsi molto al verismo, mentre in realtà, se gli esiti possono sembrare simili, i moventi furono diametralmente opposti “
Il compositore si “innamorò” del soggetto assistendo a una rappresentazione del dramma di Sardou a Milano nel 1889. Pare però che Sardou non fosse inizialmente propenso a cedere il soggetto a Puccini, non abbastanza celebre per il borioso commediografo francese. La stessa ragione per cui negò a Umberto Giordano il consenso a musicare la sua Fedora, finché il compositore non si affermò con l’Andrea Chenier. Se non fosse per questi compositori italiani, oggi in pochi si ricorderebbero dello “eccelso ingegno” dell’autore francese.
Tosca venne così per terza dopo Manon e Bohéme e contribuì a consacrare Puccini tra i primi musicisti europei dell’epoca: il progetto di Ricordi, del sor Giulio, di farne l’erede di Verdi stava ormai diventando realtà. Fu però un trionfo molto di più per il pubblico che per la critica, che per molto tempo rimase diffidente nei confronti di Puccini; persino Gustav Mahler, grande ammiratore di Cavalleria Rusticana, coniò il termine Kunstmachwerk, che si potrebbe tradurre con opera d’arte rabberciata, per il capolavoro del collega italiano. Prova, se mai ce ne fosse bisogno, che non sempre i geni sono dotati anche di chiaroveggenza … C’è comunque dire che lo stesso Puccini, dopo aver affermato a proposito di Tosca : “Questa musica la può scrivere Dio e poi io” , solo un mese dopo il battesimo in teatro se ne usciva fuori con “Tosca mi pesa sulla coscienza come un peccato grave! La falsità del tema mi ripugna e vorrei non sentire più quest’opera”.
Sicuramente Pirandello avrebbe concordato sulla “falsità” del dramma, ma c’è anche da dire che Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, come sempre “marcati stretti” dal compositore, avevano snellito e semplificato quel testo farraginoso compiendo una sorta di miracolo:: da cinque atti a tre e da 23 personaggi a nove, dove quelli che contano (e … cantano, almeno in misura degna di nota) sono solo tre: il pittore filo francese Cavaradossi, la sua bella amante, la cantante Floria Tosca e il barone Scarpia, cattivo da manuale e manco a dirlo capo della polizia pontificia, un personaggio talmente ripugnante da non sfigurare affatto nella galleria di depravati e assatanati proposta da certo decadentismo, quello finemente analizzato da Mario Praz; il tutto, nell’anno di grazia 1800. Puccini poi curò assai meticolosamente il colore locale, nei minimi dettagli: basti pensare che volle ascoltare personalmente l'effetto delle campane mattutine dai bastioni di Castel Sant'Angelo (per l'introduzione del terzo atto) e si documentò in modo scrupoloso sulla liturgia del Te Deum che chiude il primo atto. Inoltre, in quest’opera Puccini cambia decisamente … registro rispetto ai due capolavori precedenti: sin dal vigoroso attacco iniziale, Tosca si mostra opera appassionata e sanguigna, con una perfetta caratterizzazione vocale dei personaggi :tenore lirico sognante e appassionato Cavaradossi, soprano passionale e decisa Tosca, malvagio integrale il baritono Scarpia, il cui leitmotive, con i “tre accordi in testa all’opera” è uno dei più celebri del dramma e chiude ciclicamente il primo atto. Si è parlato a questo proposito di un “wagnerismo” di Tosca; senza entrare in dettaglio nella questione, è certo che l’orchestra in quest’opera, con le sue impennate, le sue accensioni e le sottolineature liriche di alcuni momenti, ha un ruolo di primo piano. Infine il binomio Eros – Thanatos, sempre presente nei grandi lavori del compositore lucchese, assume qui una connotazione particolarmente sensuale.
Un’opera insomma che è sempre un piacere riascoltare e – si spera – rivedere. La prima rappresentazione è stata venerdì 22 settembre, repliche domenica 24 (ore 15,30) martedì 26 e giovedì 28 (ore 20), domenica 1 ottobre (ore 15,30).
La trama dell’opera
ATTO PRIMO
L’azione è a Roma nel 1800. Angelotti, ex console della spenta Repubblica Romana è fuggito da Castel Sant’Angelo e trova rifugio nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove sua sorella ( la Marchesa Attavanti) ha nascosto degli abiti femminili per farlo passare inosservato. La donna è stata ritratta a sua insaputa dal pittore Marcio Cavaradossi, il quale scorge Angelotti che conosce da tempo e ne apprende la situazione. Improvvisamente vengono interrotti dall’arrivo di Tosca, che, riconoscendo nel dipinto della Maddalena la marchesa, fa una scenata di gelosia al pittore, che a stento riesce a calmarla e congedarla. Angelotti esce dal suo nascondiglio e Mario lo manda in una sua villa per nascondersi. Giunge, Scarpia capo della polizia che sospetta fortemente di Cavaradossi . Per trovare Angelotti cerca di coinvolgere Tosca facendo leva sulla sua morbosa gelosia.
ATTO SECONDO
Mentre a Palazzo Farnese Scarpia sta cenando
Cavaradossi viene condotto in ceppi, ma si rifiuta di rivelare dov’è
Angelotti e viene sottoposto a tortura. Arriva Tosca che sconvolta
dalle grida dell’amante rivela il nascondiglio di Angelotti, con ira e sgomento
del pittore che Scarpia condanna a morte. Per la disperazione Tosca
acconsente a cedere a Scarpia se questi acconsentirà di liberare Mario.
Scarpia convoca uno dei suoi sbirri e con mezzi discorsi lascia credere a
Tosca che la fucilazione sarà simulata e i fucili caricati a salve. Mentre il
barone sta scrivendo il salvacondotto che li porterà fuori dallo Stato
Pontificio, Tosca aggredisce Scarpia e lo pugnala.
ATTO TERZO
All’alba sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario è pronto al suo destino e scrive un’ultima lettera d’amore a Tosca che nel frattempo arriva egli rivela di aver ucciso Scarpia, la fucilazione “simulata” e ridendo gli raccomanda di “cadere bene” sotto i colpi di fucile. Ma la fucilazione è autentica, Cavaradossi muore e Tosca inseguita dagli uomini di Scarpia, che hanno scoperto la morte del barone,si getta dagli spalti del castello.