L'arroganza del potere
Il comune dell'Impruneta e la scuola scomparsa. La buona amministrazione della sinistra in Toscana.
Una storia che ha dell'incredibile, raccontata in prima persona da chi l'ha vissuta e ha combattuto per i cittadini.
di Lorenzo Somigli
Quest'oggi
il vostro Lorenzo racconta e si racconta. È iniziato tutto nel gennaio
dell'anno in corso quando depositai una domanda di accesso agli atti per
prendere visione
dei documenti con i quali il Comune chiuse per sempre la scuola materna
del centro cittadino di Impruneta. Una decisione comprensibilmente
impopolare che ha comportato danni al tessuto economico e sociale. Una
questione irrisolta. Una situazione incancrenita.
Una questione insabbiata ma sempre viva nella coscienza di molti
cittadini che da quel momento non hanno visto di buon occhio
l'amministrazione. Un fiume carsico.
Era
il 2014 quando la scuola materna Luca della Robbia fu chiusa con una
rapidità inspiegabile. Tutti sconvolti e arrabbiati. Tutti stupiti
perché appena un anno prima
in quella scuola si erano fatti dei lavori di manutenzione. Una valanga
di polemiche: genitori che scendono in piazza, raccolte firme, pioggia
di accessi agli atti, riunioni di fuoco, una comunità che si risveglia
per la sua scuola. Il Comune parlava di problemi
statici e di salubrità ma i dubbi dei genitori non si diradavano. Poi
tutto è passato sotto silenzio, fino ad oggi.
Un
mese dopo aver depositato l'accesso ricevetti la risposta del Comune, la
quale lapidaria recitava che non esistono delibere di chiusura della
scuola.
Passano
dei mesi, ci fu come una pausa di riflessione che mi servì per
metabolizzare la batosta. Arriva giugno. Quel diniego iniziale mi aveva
colpito e fermato. Mi ero
lasciato abbattere dalla risposta secca e tagliente del Comune ma
proprio grazie alla persona che mi aveva suggerito di indagare ho deciso
di ripartire. Da quel momento io e lui abbiamo iniziato sempre più a
collaborare: una bella scoperta, umanamente parlando.
Decido di presentare una nuova domanda di accesso agli atti, evitando
il riferimento a delibere ma citando "atti di chiusura e perizie
tecniche che ne facciano da presupposto". Da quel momento non ebbi
risposta dall'amministrazione benché la legge preveda
un termine di 30 giorni.
Ero bloccato, non sapevo come procedere. Fu il caso a darmi una mano. Mentre sono impegnato
su un caso spinoso di cooperative dedite all'accoglienza dei migranti nel Comune di Fiesole, casualmente mi capita di
conoscere un'avvocatessa giovane, bella e rampante alla quale parlo del mio caso.
Avevo anche provato a rivolgermi al difensore civico ma con scarsi
risultati. Lei mi promette un appuntamento
con la sua collega che si occupa di diritto amministrativo. Fu così che
conobbi quella che sarà l'eroina di questa vicenda. Ci conosciamo,
parlo del caso, decidiamo di procedere. Mentre mi trovo a Copenaghen per
le vacanze mi arriva la telefonata: il ricorso
è attivo. Sarà un settembre di fuoco.
Passa
l'estate. Convocato dall'amministrazione mi reco, accompagnato dalle
avvocatesse, nella sede del Comune perché volevano consegnarmi dei
documenti. Sembrava un ufficio
della vecchia DDR: grigio, sgraziato, cadente. Il volto deteriore del
potere. Il funzionario è imbarazzato perché deve coprire
un'amministrazione in fallo. Lo incalziamo con un fuoco di fila fino a
fargli proferire un flebile: “non son bravo con l'accesso
agli atti. A me hanno dato solo questi”. Erano atti che già avevamo e
comunque non attinenti alla chiusura. Stavo per esplodere. Feci qualcosa
di sprezzante ma -potete capirmi- giustificato dall'atteggiamento del
Comune: con disprezzo ma con eleganza lanciai indietro
i fogli al funzionario, aggiungendo che non mi interessavo. Stupii
anche i miei avvocati. Uscimmo sghignazzando per gli uffici tra lo
stupore dei molti dipendenti. L'avvocatessa più giovane mi disse: "quel
lancio dei fogli lo metto come momento epico del 2017".
Non
restava che il TAR. Venne il giorno fatidico dell'udienza: 8 novembre,
ore 9. Nei giorni precedenti ebbi modo di leggere le difese
dell'amministrazione che aveva rintuzzato
le armi. Trapelava pur tuttavia un cauto ottimismo: il torto era evidente. Ero trepidante
perché avere ragione non basta, bisogna dimostrare di avere ragione. Pochi giorni prima parlai con un amico il quale mi invitava a non farmi illusioni sull'esito del TAR che tendenzialmente
parteggia per il pubblico. Tendenzialmente. Questo avverbio mi martellava la testa.
Non
stavo in me. Arriva la telefonata che tanto aspetto: “siamo riusciti a
far mettere a verbale che non esistono atti. Il giudice si è parecchio
insospettito quando hanno
detto di non avere atti di chiusura. I loro avvocati sono scappati via
subito dopo l'udienza”. Ero in estasi a quelle parole. Un vangelo.
Potete immaginare l'esito della sentenza: vittoria per noi.
Amministrazione soccombente perché l'assenza di atti comporta
un'assunzione di responsabilità. Pagheranno anche le spese.
Nel
frattempo si è iniziato a radunare intorno a me un nugulo di genitori
sensibilmente adirati con la pubblica amministrazione. Stiamo valutando
ulteriori passi da portare
avanti dal punto di vista legale per sincerarci della legittimità di
una così patente carenza di atti formali.
A
questo punto dobbiamo fare un po' di morale come nelle favole di
Esopo. Da questa piccola vicenda ne deriva che un amministrazione, in special modo
un sindaco, deve saper spiegare
ai concittadini le motivazioni delle sue scelte soprattutto quando
impopolari.
È
stato bello: lo rifarei. Il mio primo trofeo politico. Mi chiedono
spesso perché lo faccia, io rispondo: per tutto quello che siamo.