Editoriale

DIRITTI AL PUNTO lo ius soli era una legge necessaria?

Considerazioni attualissime su un cavallo (sfiatato?) della sinistra.

arla molto di diritti negli ultimi anni.A dire il vero si parla ben poco dei diritti sociali, come il diritto alla scuola, alla sicurezza, il sacrosanto diritto alla casa. I nuovi diritti, come usa definirli, invece sono sulla bocca di tutti: diritti gay, diritto al fine vita e di recente anche diritti di cittadinanza per gli stranieri nati su suolo italiano. Si tratta dello ius soli, legge promossa dal PD e da tutta la Sinistra in generale, da Papa Bergoglio e da Unicef. Di cosa si parla? Sarebbe necessario?

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Ius soli: le peculiarità del caso statunitense

Per chiarire di che cosa si tratti bisogna ripercorrerne la genesi storica. Lo ius soli origina dalla peculiare condizione degli Stati Uniti dove vigevano la schiavitù e la segregazione razziale e dove i neri non godevano degli stessi diritti dei bianchi. Terminata la Guerra di Secessione (1861-1865), si apre una fase di ricomposizione all'interno del Paese e Abraham Lincoln, fondatore del Partito Repubblicano, nonostante l'indiscussa vittoria sul campo, si vede costretto a promulgare il 13 emendamento per sanare la disuguaglianza tra bianchi e neri. Dopo la sua morte, saranno i suoi successori a completare l'opera di inclusione degli ex schiavi con la promulgazione del Civil Rights Act del 1866 e soprattutto con il 14 emendamento. Questo testo approvato nel 1868 costituisce la base del diritto di cittadinanza ancora in vigore e contiene una formulazione esemplare dei diritti del cittadino.

Chi nasce sul suolo statunitense diventa cittadino anche se i genitori del nascituro non sono cittadini e questo può essere un problema se si pensa che molti di questi bambini sono figli di immigrati clandestini che rischiano di essere espulsi. Sono proprio i consistenti flussi migratori che partono dal Sud America la principale argomentazione di coloro che vorrebbero revisionare la legge sulla cittadinanza. 

Gli USA sono da sempre un Paese eterogeneo, la popolazione caucasica ovvero quella di carnagione bianca rischia di essere surclassata da quella latina. Pur tuttavia gli USA restano un Paese solcato da profonde fratture razziali e nonostante il primo presidente nero la conflittualità tra gruppi etnici non è diminuita. Spesso si verificano fenomeni di rigetto: immigrati di seconda e terza generazione ricercano il contatto con le proprie radici che i genitori hanno forzosamente tentato di cancellare per poter essere accettati nella nuova società.

Non se ne parla mai ma è raro che alcuni Paesi rinuncino allo ius soli: Uk e Eire che hanno abolito lo ius soli rispettivamente nel 1983 in piena Thatcher revolution e nel 2005.

Proprio l'esempio degli USA dove lo ius soli deriva da una peculiare quanto drammatica condizione, quella degli schiavi neri, e dove tutt'oggi persistono non invidiabili discriminazioni e diseguaglianze, impone massima cautela.

La legge del 1992

Troppo discredito attornia questa legge. Troppe campagne di fango ingiustificate. Funziona meglio di quanto si possa supporre perché sta lentamente orientando un Paese un tempo fonte di emigrazione a Paese meta di immigrazione senza nemmeno troppi contraccolpi sociali. Contraccolpi e lacerazioni puntualmente verificatesi nei Paesi dove le norme di concessione sono generose. Si citi per sintesi solo il caso del Belgio.

Dati alla mano la legge sull'acquisizione della cittadinanza non sembra essere tanto ingenerosa. Tutt'altro. Sebbene l'Italia sia il Paese con la normativa più stringente apparentemente, detiene il primato in Europa nella concessione di cittadinanze. Sono stati 202.000 i nuovi italiani nel 2016, 178.000 nel 2015; erano appena 35.000 nel 2006: un balzo in avanti significativo. Si calcola che circa il 40% degli extracomunitari divenuti italiani nel 2016 abbia meno di 20 anni: la maggior parte ha ottenuto la cittadinanza proprio grazie alla legge 91/1992. Resta da capire che cosa non funzioni nella legge attuale. Funziona meglio di quella belga, di quella francese, di quella inglese. Che urgenza c'è di trasformarla nella legge più generosa d'Europa? Se già oggi l'Italia è il Paese che concede più cittadinanza perché affievolire le condizioni di acquisizione? Viene da pensare che si tratti solo e soltanto di un tentativo maldestro di radunare le fazioni un Centrosinistra sgangherato.

Se proprio si deve modificare la 91/1992, occorre forse renderla meno generosa. Niente di automatico e di forzoso quindi nell'acquisizione della cittadinanza: la cittadinanza è l'esito di un percorso che richiede tempo, impegno e costanza, nessuna imposizione ma una sincera convinzione della maggiore modernità della matrice culturale della nazione ospitante rispetto a quella di origine.