Editoriale

Lasciamo le razze agli animali, ma aboliamo anche il termine razzismo

Meglio parlare di etnie, ma se si riforma il lessico i cambiamenti deveono riguardare tutto

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

quo;eco dell’infelice uscita dell’esponente leghista Attilio Fontana a proposito della “razza bianca” è arrivata fino alle pudiche aule dell’Unione Europea, ovviamente passando per tutte le testate e i tg d’Italia, tutti frementi di sdegno. E’ mancato poco che venissero evocati i fantasmi di Alfred Rosenberg e di Adolph Hitler o, più modestamente, quelli di Giovanni Preziosi e di Telesio Interlandi e della sua “Difesa della razza”; in ogni caso,  tutte le vestali della “Correttezza politica e ideologica” si sono stracciate le vesti, agitando tremendi pericoli per la democrazia, specialmente in vista delle prossime elezioni amministrative e politiche in Italia.

A dire il vero, le polemiche non sono mancate anche all’interno del centro-destra, dove i più hanno deplorato l’inopportunità di quella frase, ma qualcuno, sui social, si è spinto a dissociarsi perfino nel merito, in sostanza allineandosi alla vulgata corrente che, sulla scia delle più recenti teorie scientifiche, nega l’esistenza genetica di qualsivoglia differenzia razziale, e citando esempi di coloured  sinceramente partecipi delle battaglie del centrodestra, per tacere di illustri antecedenti storici come quelli di S. Agostino e di Alessandro Severo (ai quali aggiungeremmo, con rispetto e senza volercene appropriare, il cardinale Robert Sarah).

Nel caso di queste polemiche, per così dire, “interne”, non vi è nulla di nuovo, se è vero che un autore come Julius Evola, fautore sì della razza, ma dello spirito, ebbe vita difficile durante il fascismo proprio per questo, e fu guardato con sospetto anche dai teorici nazisti del razzismo biologico. Del resto, è stato detto non senza fondamento, siamo tutti meticci, con millenni di storia, di migrazioni e di invasioni alle nostra spalle. Certo, perfino la nostra Costituzione democratica e antifascista parla di razze, sia pure per condannarne il criterio come fonte di discriminazioni, ma forse sarebbe opportuna, per quell’augusto documento, anche una revisione del lessico… Dunque, lasciamo il vocabolo al mondo animale, dove del resto ci rimanda l’etimologia più accreditata della parola: haras, che nel francese antico designava l’allevamento di cavalli, e si parli pure senza paura di razze canine o feline. Noi preferiamo il termine “etnia” che ha radici più nobili e antiche e non si limita a indicare peculiarità fisiognomiche, come pure facevano i testi scolastici degli anni ‘50 del ‘900, dove si parlava, ad esempio, di “razza caucasica”, alla quale saremmo appartenuti…

Comunque, aldilà di ogni polemica, quello che inquieta è l’ennesima riprova del rigetto di ogni distinzione, di ogni differenza, di ogni confine, di ogni specificità culturale. Perché di questo si tratta, e probabilmente a questo voleva riferirsi il Fontana, parlando impropriamente di razza: la difesa di un popolo e della sua cultura si sostanziano nel riconoscimento della sua storia, del suo destino comune, della sua lingua, dei suoi costumi, della sua religione, nella sua feconda e dinamica diversità rispetto a tutti gli altri popoli.

Purtroppo, il Pensiero Unico, nel predicare che “esiste solo una razza, quella umana”, ha in orrore e sanziona come può e tutte le volte che lo ritiene il peccato – il reato? – di difesa dell’identità. A proposito di libri di testo, non a caso il libro di geografia dei miei nipoti, che frequentano la prima media, s’intitola ”Senza confini”, a ribadire quel generalizzato anelito all’omologazione che non si ferma neppure davanti alle catene montuose e ai fiumi. Per capire poi di quale colore ideologico sia questo atteggiamento, basta riandare ad un libretto di Norberto Bobbio, che proprio nell’affermazione dell’uguaglianza universale individuava uno dei caratteri distintivi di “destra e sinistra” (nel senso che, a suo dire,  l’uguaglianza è un valore “di sinistra” e la disuguaglianza - che poi si traduce in gerarchia - è “di destra”).

Certo, nessuno negherebbe oggi l’uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge (anche se, a leggere di certe sentenze, dubbi ne vengono…); e nessuno si sogna di negare l’uguaglianza di fronte a Dio, ma qui si tratta di ambiti differenti, qui si tratta di organizzare la civile convivenza in base a determinati criteri sia naturali sia culturali, comprendendo fra questi ultimi la sensibilità religiosa, così diversa da luogo a luogo, anche all’interno della stessa confessione.

In conclusione, va condannato l’uso improprio dei termini “razza” e “razzismo”, (quest’ultimo, ad esempio, troppo spesso usato a sproposito come clava contro il nemico politico), ma senza per questo disconoscere le differenze che la natura - se non la genetica - e la cultura mettono ogni giorno sotto i nostri occhi.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.