Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
questioni di bioetica sono sempre molto delicate, specialmente quando si tratta del dono della vita, della nascita di un essere umano.
L’etica è la ricerca del bene, del bene per l’uomo, per tutti gli uomini. Ogni società si interroga su quale sia questo bene determinando così un certo umanesimo. Jacqueline de Romilly aveva ragione quando affermava che la storia ha conosciuto molti diversi tipi di umanesimo, poiché ogni civiltà ha dato risposte diverse agli interrogativi riguardanti gli aspetti fondamentali della vita umana. Una direzione verso il bene di tutti.
Oggi, in Occidente, iI progresso tecnologico offre all’uomo straordinarie possibilità, tra le quali il potere di soddisfare il desiderio di avere un bambino grazie a nuove tecniche che interpellano l’intera vita collettiva delle nazioni. Ne deriva uno scottante interrogativo di bioetica: ogni uomo che lo desideri ha diritto ad avere un bambino? La legge e il mercato hanno il dovere di soddisfare tale desiderio?
Il desiderio di avere un bambino è stato per secoli un fatto privato, una circostanza della vita, un atto di libertà talvolta sottoposto a ostacoli insormontabili di fronte ai quali l’uomo ha dovuto arrendersi.
Oggi l’infertilità non è più irrimediabile. Coppie sterili, persone sole o coppie dello stesso sesso possono rivolgersi al mercato delle nuove tecniche e delle nuove tecnologie per soddisfare il loro desiderio di paternità o di maternità.
Là dove le leggi ancora impediscono l’incontro tra domanda e offerta, sui media si levano proteste contro l’ingiustizia, la discriminazione, il fascismo e l’oscurantismo religioso. Come se la società avesse il dovere di eliminare ogni ostacolo sulla strada della procreazione, quasi si trattasse di correggere un’ingiustizia. Come se ciò che il progresso tecnico permette non dovesse più essere vietato dalla legge.
Nasce così una nuova civiltà fondata non più su principi assoluti. L’etica del bene è spodestata a profitto dell’etica del possibile. Un’etica quindi “temporanea” dal momento che le possibilità tecnico-tecnologiche dell’umanità sono progressive e non certo immobili. Si tratta di un nuovo umanesimo, anzi di un anti-umanesimo perché al bene dell’uomo, al bene di tutti gli uomini si sostituisce la soddisfazione del desiderio individuale.
Si può fare, dunque si deve poter fare. Il mercato e la scienza possono soddisfare il mio desiderio? allora la legge non può e non deve mettersi in mezzo, nemmeno in nome di principi etici.
Cambia tutto. Tutto. Un esempio: in quest’ottica la professione medica assume un aspetto totalmente nuovo. Il medico non è più chiamato ad agire nel quadro di una deontologia chiara e precisa frutto di un’etica determinata e immutabile, egli diventa un mero prestatore di servizi.
Gli ospedali pubblici vengono allora essere messi a disposizione di coloro che ne sollecitano le pratiche e gli interventi legali/possibili, lo Stato sociale deve farsi carico di rimborsare le nuove prestazioni.
La legge deve prevedere tutele per coloro che fanno dono dei propri gameti, la locazione del proprio utero deve avere un inquadramento normativo ed economico preciso.
Il diritto deve prevedere tutte le conseguenze delle nuove modalità di procreazione, per esempio l’esercizio dell’autorità parentale, la patria potestà, l’accesso alle informazioni sulle proprie origini biologiche e così via.
Le questioni di bioetica interrogano tutti, la società intera e non solo una ristretta élite di filosofi e politici.
Avere un bambino, fondare una famiglia, sono forse questi i desideri di un’élite? No, sono i desideri iscritti nel cuore della stragrande maggioranza degli esseri umani, per questo motivo mirano ad imporsi come pretese legittime, diritti.
Come tutti i diritti, anche quello ad aver un bambino non può essere ridotto a un capriccio da soddisfare, come si vuole e quando lo si vuole, un io voglio da opporre alla collettività. Un diritto può essere esercitato a piacimento solo quando altri diritti di uguale o maggiore importanza non vi si oppongono.
La legge, che porta uno sguardo vigile sui bisogni e i diritti dei membri più deboli e vulnerabili della società, fissa i limiti all’esercizio delle libertà individuali conciliando diritti e doveri di ognuno.
Trovare un giusto equilibrio non è sempre facile. Prendiamo l’esempio più attuale, quello dell’utero in affitto. Alcuni vi vedono una normale opzione riproduttiva da inquadrare legalmente per agevolarne l’accesso, altri la considerano una pratica contraria alla dignità della donna che presta il suo corpo per nove mesi in cambio di denaro, contraria alla dignità del bambino comprato e venduto. In diversi paesi l’utero in affitto è oggetto di divieto assoluto, per ragioni etiche esso è considerato contrario ai principi fondanti il nostro umanesimo, esso non corrisponde al bene dell’uomo.
Prima del desiderio ad avere un bambino, prima del diritto ad avere un bambino, bisogna considerare i diritti fondamentali del bambino. La protezione dell’infanzia è infatti una delle missioni più importanti della nostra società. Quando si tratta dei diritti dell’infanzia lo Stato non può guardare altrove.
Lo Stato deve avere una visione chiara della famiglia e dei suoi diritti, così come dei diritti e dei doveri dei suoi membri. È assurdo, impensabile, immaginare una società che delega interamente il funzionamento e l’architettura della famiglia ai singoli. Nessuna società sarà mai privatizzata e atomizzata a questo punto. Non sarebbe più una società.
Il diritto e il bisogno di ogni bambino ad avere un padre e una madre non può essere ignorato o presentato come un inutile fardello, retaggio di un mondo perduto.
Certo, la nostra storia collettiva presenta numerosi esempi di minori cui le circostanze della vita hanno strappato uno o entrambi i genitori. Le famiglie monoparentali aumentano in Occidente in maniera esponenziale, così come le famiglie ricomposte. L’adozione del bambino da parte di una sola persona è ormai una realtà. Le leggi e le politiche familiari dei paesi europei riconoscono a giusto titolo il bisogno di sostenere con attenzione e sensibilità queste nuove realtà.
Inoltre, nuovi modelli famigliari si sono costruiti intorno a coppie dello stesso sesso, coppie cui le nuove tecnologie e i nuovi diritti hanno permesso di accedere alla paternità o alla maternità, coppie che cercano di dare ai bambini il meglio di loro stessi.
Ciò che solo ieri era impensabile oggi è comunemente accettato.
Tuttavia, queste nuove realtà non ci esimono dal dover valutare in maniera attenta e rigorosa l’interesse superiore e i diritti del bambino prima di aprire le porte ad ogni tecnica procreativa .
La posta in gioco non è più la sorte di bambini già nati, il problema scottante è oggi quello della legalizzazione di nuove tecniche di procreazione di essere umani volte a soddisfare un desiderio individuale. La differenza è essenziale.
Una cosa è aiutare un bambino a sormontare la mancanza di un padre o di una madre (o di entrambi) dettata da circostanze totalmente estranee all’ordinamento di una società.
Dover spiegare invece a un bambino il fatto di esser stato concepito e destinato a vivere senza padre o senza madre a causa della decisione libera e consapevole di due adulti che volevano esseri genitori, è tutto un altro paio di maniche. Si trattasse anche delle persone più intelligenti e innamorate del mondo, il problema si pone in maniera evidente: ne avevano il diritto o no? Lo Stato cos’ha da dire su questo punto?
Non è un po’ troppo presuntuoso il pretendere che la forza dell’amore e il potenziale educativo di una coppia possano riempire il vuoto, l’abisso, dell’incertezza sulle proprie origini e sulla propria identità?
Come si può confondere questa nebulosa con l’istituto storico/giuridico dell’adozione? tutto questo non c’entra nulla con l’adozione!
Tutto ciò merita un dibattito più approfondito dello scontro da progresso e reazione cui assistiamo sui media e (ahinoi) sui social network.
È in gioco la nostra concezione dell’essere umano, la nostra concezione del bene di ogni bambino. È in ballo la nostra visione della società e dei valori che rendono possibile il vivere insieme.
In Francia, gli Stati generali della bioetica annunciano un dibattito serio, rigoroso e imparziale, Macron ha rassicurato la Conferenza Episcopale Francese che nulla è stato deciso in anticipo, a tavolino. Il Presidente della Repubblica afferma che il modus operandi del CCNE (Comitato consultivo nazionale di bioetica) non è quello di decidere a porte chiuse per poi martellare l’opinione pubblica, alla ricerca del consenso su decisioni preconfezionate dalle élites e vendute come “il progresso”.
Eutanasia, utero in affitto, accesso alla fecondazione eterologa per tutti, interventi di modificazione genetica degli embrioni umani, intelligenza artificiale, sono i temi sui quali il Parlamento francese sarà presto chiamato a pronunciarsi.
Un Parlamento che attende con impazienza i risultati degli Stati generali della bioetica che si chiuderanno il 7 luglio 2018 con i pareri del (CCNE).
E in Italia? Cosa succederà?
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