Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
L’ultima interferenza fra “sacro e profano”, l’ultima invasione di campo è quella riconducibile alle parole di Sua Eccellenza il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale, in occasione della vicenda della nave Aquarius, ha diffuso un commento citando la frase evangelica “Ero straniero e mi avete accolto”, una frase che suona come condanna della decisione governativa di chiudere i porti alle navi delle Ong che stazionano davanti alle coste libiche, pronte a imbarcare centinaia di disgraziati da trasbordare sulle unità della Marina italiana o direttamente nei nostri porti.
Qui non vogliamo rinnovare interrogativi e proteste sull’origine e le vere motivazioni di questi viaggi della speranza: chi paga questi esosi e tragici biglietti? Quali genitori affidano a trafficanti di carne umana tanti minori non accompagnati? Quale controllo viene esercitato sui flussi di denaro di provenienza europea e italiana che inondano cooperative pseudo-umanitarie a cui viene demandata un’accoglienza crudele e fasulla, senza che ai predetti disgraziati venga riservato più di qualche spicciolo? Cosa si fa contro quegli imprenditori italiani senza scrupoli che sfruttano questa manovalanza a basso costo? Qui vogliamo soltanto sottolineare l’irrealtà dei proponimenti apparentemente evangelici relativi all’accoglienza “senza se e senza ma”, specialmente quando vengono fatti propri da laici cosiddetti “benpensanti”. E‘ vero: la Chiesa pensa alla cura delle anime e fa quello che può con le sue – non trascurabili - risorse materiali, derivanti anche dagli accordi con lo Stato, sia per l’accoglienza che per l’integrazione; ma non può e non deve interferire nelle materie di specifica competenza statuale, quali la difesa dei confini e dell’identità culturale, l’allocazione delle risorse secondo criteri che privilegino i cittadini, i rapporti con gli altri Organismi internazionali.
La lacerazione prodotta dall’Illuminismo, con la separazione del civico dal religioso, ha comportato, fra l’altro un processo di secolarizzazione della società di cui, ogni tanto, perfino illustri esponenti della Cattolicità prendono atto senza volerlo revocare in dubbio; ma troppe volte, anche in un campo in cui era in questione l’identità religiosa, ci siamo trovati di fronte al silenzio o alle dichiarazioni di circostanza delle più elevate cariche ecclesiastiche. E non parliamo soltanto della caccia al cristiano nelle più diverse plaghe del mondo, ma anche delle problematiche nascenti dal confronto, all’interno dei nostri confini, con credenti di altre religioni e della loro problematica integrazione.
Non sarebbe lecito, secondo mons. Ravasi, porre limiti all’accoglienza. Ma quanti migranti potrebbero accogliere le sacre pareti di San Pietro? E quali – odiose? – misure sarebbe invece consentito adottare, per disciplinare questo flusso di uomini, donne e bambini, per essere coerenti con il Vangelo? Si dirà: la Chiesa, al pari di altre “agenzie culturali”, ha il diritto di diffondere i propri valori; ma qualcuno si è interrogato sull’efficacia di una simile azione di difesa di principi e idee? Forse la Chiesa non ha alcuna responsabilità sul fatto che, ad esempio, nella già cristianissima Spagna il nuovo governo non abbia giurato sulle Sacre Scritture? O sull’esito del referendum che, nella già cristianissima Irlanda, ha sancito il diritto all’aborto? Qui evidentemente la “moral suasion” della Chiesa non ha funzionato.
A me sembra che troppo spesso eminenti prelati e teologi abbiano appoggiato posizioni laiche, quelle sì in contrasto con dogmi e tradizioni del cattolicesimo, specialmente nel nostro paese, dando luogo a quel fenomeno di “cattocomunismo” che rappresenta una vera contraddizione in termini. Per fortuna vi sono altre voci, che si levano a tutela non solo della morale, ma della tradizione sapienziale cattolica; voci di una chiesa militante, come quella che resiste in Siria e in Irak; voci come quelle dei francescani che in Terra Santa, a differenza dei loro confratelli nella tranquilla Assisi, invece di perdersi in marce della pace (più simili a marce della resa) difendono la fede in situazioni difficili e pericolose; voci come quella del cardinale Sarah e del teologo gesuita Samir Khalil Samir, per tacere del papa Benedetto XVI; ma l’opera e la saggezza di questi ed altri personaggi evidentemente non bastano.
Un intero continente, sovraccarico di popolazioni giovani, feconde, povere e per lo più guidate da una fede incompatibile non solo con la religione, ma con le nostre leggi e i nostri costumi, potrebbe riversarsi sull’esausta Europa, ormai incapace perfino di difendere le proprie radici, che sono anche cristiane. Basterà manifestare unicamente disponibilità all’accoglienza? E quanto nuocerà alla nostra causa un richiamo apodittico al Vangelo, ignorando il contesto storico in cui ci troviamo?