Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un altro gioiello degli albori del melodramma torna a risplendere in quella che ne fu la culla. A Palazzo Pitti (Grotta del Buontalenti) prende infatti il via oggi 25 giugno alle ore 21,15 la rappresentazione della Dafne di Marco da Gagliano (Firenze, 1582 – 1643), rappresentata a Mantova nel 1608. L’occasione doveva essere speciale quant’altri mai: si trattava infatti della nozze di Francesco Gonzaga con Margherita di Savoia. Monterverdi compose per l’occasione il suo secondo e purtroppo perduto (tranne il celebre Lamento ) capolavoro, ovvero l’Arianna. Nel 1607 dunque fu invitato anche il compositore fiorentino, che mise un musica un testo di Jacopo Rinuccini già “intonato” dieci anni prima, nel 1597: la celebre Dafne musicata da Jacopo Peri e rappresentata a palazzo Corsi durante il carnevale . Si trattava del primo risultato davvero compiuto dei dotti e artisti della Camerata Fiorentina (nota anche come Camerata de Bardi), a cui si deve la realizzazione della favola in musica, prototipo del melodramma. C’è chi sostiene infatti che sarebbe la Dafne, e non la successiva Euridice (nato proprio a Palazzo Pitti nel 1600), la prima vera opera della storia; purtroppo però quasi tutte le musiche della Dafne fiorentina sono andate perdute.
Quella di Marco da Gagliano ci è invece pervenuta; l’opera tra l’altro andò in scena per il Carnevale del 1608 per un problema di differimento delle nozze principesche; la trama è quella, ben nota, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, che racconta come la fanciulla Dafne venga trasformata in pianta di allora (da allora particolarmente cara e sacra al Dio) per sfuggire al desiderio amoroso di Apollo.
Esattamente come l’Euridice del Peri, anche la Dafne di Da Gagliano ha una introduzione in cui si affronta il problema del rapporto tra poesia e musica e, più in generale, della “collaborazione” tra le varie arti: “ spettacolo veramente da principi e oltre ad ogni altro piacevolissimo, come quello nel quale s’unisce ogni più nobil diletto, come invenzione e disposizione della favola, sentenza, stile, dolcezza di rima, arte di musica, concerti di voci e di strumenti, e squisitezza di canto, leggiadria di ballo e di gesti…”
Non è difficile riconoscervi echi delle varie “codificazioni dei generi” rinascimentali ma anche il tentativo di superarli, portato avanti dai Cameristi Fiorentini nell’idea di ridar vita al “genere perfetto” della tragedia greca, in cui poesia e musica avrebbe trovato un equilibrio perfetto. Anche se non raggiunge il livello dell’Orfeo monteverdiano, Dafne è comunque opera di grande interesse, come testimonianza dell’evoluzione di un “recitar cantando” arricchito però da una scrittura più elaborata, con una maggiore ricchezza nelle parti corali, parti strumentali e veri e propri ritornelli.
L’opera andrà dunque in scena a Firenze, a Palazzo Pitti presso la Grotta del Buonalenti nel giardino di Boboli; la versione sarà quella rappresentata a Firenze, in casa di Don Giovanni de' Medici, il 9 febbraio 1611 con sei balli di Lorenzo Allegri. Due le repliche, martedì 27 e giovedì 29 giugno, sempre alle 21,15. La realizzazione musicale è affidata all’esperta bacchetta del maestro Francesco Maria Sardelli e al complesso Modo Antiquo, la regia a Gianmaria Aliverta.
“ Siamo agli albori dell’opera, ossia quel “dramma per musica” destinato a diventare la forma di spettacolo più importante e diffusa: un filo che unisce Peri a Puccini e percorre ininterrotto più di tre secoli di rappresentazioni in cui poesia, musica, pittura, scultura, danza e costume si fondono in un’unità inscindibile – dice il maestro Federico Maria Sardelli - Poi è venuto il cinema, che ha inesorabilmente strappato all’opera il primato di possente rappresentatrice delle passioni e delle vicende umane. Ma torniamo agli esordi di un genere che agli uomini del primo Seicento appariva nuovo e dirompente, veicolo di stupore ed emozioni mai espresse così intensamente: il canto che si libera dalle geometrie della scrittura polifonica per restare nudo, accompagnato dal solo basso continuo, rendendosi quindi libero di esprimere tutti gli “affetti” contenuti nel testo poetico” .
“ Dafne è libera e non vuole che questa libertà le venga sottratta da Apollo – spiega il regista Aliverta, che riesce a proiettare il mito di Dafne e Apollo nella contemporaneità - decide così di restarlo per sempre perché sa che la società in cui vive è sorda, cieca e muta ai suoi richiami. Dafne rompe il silenzio delle coscienze e sceglie di diventare un simbolo: di tutte quelle volte in cui amore non è amore ma un alibi. Dafne diventa muta per sempre per dar voce a tutte quelle don- ne che non vengono mai ascoltate”.
La Dafne
Favola in un prologo e sei scene
Testo di Ottavio Rinuccini
Musica di Marco da Gagliano
Prima rappresentazione : gennaio 1608 nel Palazzo Ducale di Mantova
Nuovo allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
Prima rappresentazione in tempi moderni della versione di Firenze, 9 febbraio 1611.
Artisti
Direttore Federico Maria Sardelli
Regia e scene Gianmaria Aliverta
Costumi Sara Marcucci
Coreografia e assistente regia Silvia Giordano
Luci Alessandro Tutini
Modo Antiquo in collaborazione con Musica Antiqua del Maggio Musicale Fiorentino
Dafne Francesca Boncompagni
Ninfa Jennifer Schittino
Secondo Pastore Manuel Amati
Ovidio/Apollo Leonardo Cortellazzi
Tirsi Alessio Tosi
Amore Silvia Frigato
Venere Cristina Fanelli
Seconda Ninfa Marta Pluda
Pastore del Coro Riccardo Pisani
Terzo Pastore Dario Shikhmiri
Ballerini E lena Barsotti, Gaia Mazzeranghi, Pierangelo Preziosa, Paolo Arcangeli, Cristiano
Colangelo