Editoriale

Quando Evola bacchettava Almirante fascista razzista pentito

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

note le recenti polemiche nei confronti di Giorgio Almirante, storico leader della destra italiana, scomparso nel maggio 1988, a cui il Consiglio comunale di Roma ha prima deciso di intitolare una via, salvo poi registrare la retromarcia della “distratta” sindaca della Capitale, Virginia Raggi.

Ad Almirante è stata addebitata non solo una generica adesione al fascismo, quanto soprattutto l’essere stato il segretario di redazione, dal 1938 al 1943, della rivista “La difesa della razza”. Almirante era in buona compagnia. Le politiche razziali del fascismo, inaugurate nel 1938, ebbero, all’epoca, una larga condivisione, anche da parte di quanti, dopo il 1945, occuparono, dichiarandosi antifascisti, incarichi di alta responsabilità, politica e culturale.

Come notò – anni fa – Pierluigi Battista sul “Corriere della sera”: “Vittorio Foa, che mai recriminò contro i coetanei che facevano carriera mentre lui languiva nelle prigioni fasciste, verso la fine della sua vita ruppe il suo riserbo (‘non so bene perché diavolo lo faccio’) e scrisse: ‘Non uno di quegli illustri antifascisti aveva detto una sola parola contro la cacciata degli ebrei dalle scuole, dalle università, dal lavoro, contro quella che è stata un’immonda violenza’. Dieci anni fa Giulio Andreotti si chiese perché non si fossero avviate indagini critiche ‘sul comportamento di senatori come Croce, De Nicola, Albertini, Frassati, che disertarono la seduta del 20 dicembre 1938 facendo passare senza opposizione la legislazione antisemita’ “.

Almirante, senza rinnegare la sua scelta fascista, ivi compresa la fase dell’estrema adesione alla Rsi, fu, in realtà, sempre critico, nel dopoguerra, della sua scelta razzista.

In questo ambito poco nota è la polemica di Julius Evola nei confronti dello stesso Almirante, reo di avere abiurato la sua adesione al razzismo spirituale, di cui Evola era stato uno dei teorici.

In una “lettera ad Almirante”, pubblicata nel marzo 1967, su “Noi Europa”, giornale ordinovista diretto da Pino Rauti, sottolineando le "oscillazioni e reticenze", manifestate da Almirante, nel corso di una trasmissione di "Tribuna politica", Evola gli imputa di non avere difeso la vecchia scelta razzista del fascismo, arrivando a dichiarare che essa appartiene – parole del leader missino – a qualcosa che “ho completamente superato, per ragioni umane, per ragioni concettuali”.

La polemica si fermò lì. Evola – del resto – ragionava sul piano dei principi (con tutti i rischi del caso). Almirante su quello della prassi politica, che aveva completamente escluso dal suo orizzonte qualsiasi riferimento al razzismo (pienamente consapevole – al di là della distinzione tra razzismo biologico e razzismo spirituale – della gravità dell’Olocausto), riconoscendo, nel corso degli anni, lo spirito pionieristico e patriottico degli ebrei e vedendo in Israele il “baluardo dell’Occidente”.

Confondere, oggi, i due piani, quello filosofico e quello politico, significa falsare ogni corretta ricostruzione storica. Tutto questo nel segno di una politica-politicante di basso profilo che speravamo finalmente tramontata.

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