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Sindaco a Sutri

La vita e il tempo con Vittorio Sgarbi

Un sogno, un’utopia, un delirio irrealizzabile, sta prendendo vita e forma con un uomo che oltre le rutilanti apparenze sa fare, costruire e non soltanto sognare

di Dalmazio Frau

La vita e il tempo con Vittorio Sgarbi

Caterina da Siena, la grande Santa e mistica medievale diceva «Il fuoco ha da ardere», ovvero il fuoco non può essere contrario alla propria natura che è, appunto, quella di bruciare; e dunque si può voler, o anche soltanto essere così sciocchi da pensare di farlo, contrapporsi alla natura ignea e mercuriale di Vittorio Sgarbi?

È trascorso un mese, una semplice luna, da quando il più famoso Storico dell’Arte d’Europa è stato eletto sindaco in quel paese che è immerso tra le colline della bassa Tuscia e risponde al nome arcaico e saturnino di Sutri. Un mese che è stato tumultuosamente vissuto, come è giusto sia quando si vive e non si vegeta.

Mi permetto una lunga divagazione personale in questo mio articolo, vogliate perdonare il mio noto egocentrismo, ma è necessario partire da molto tempo fa, da una terra lontana, differente, bellissima ma ostile, qual è l’arco ligure dove ho abitato – mai vissuto – per quasi otto lustri.

Partiamo da un anno lontano, forse il 1988, forse poco dopo non so più, quando ero uno studente fancazzista all’Università di Genova, in Lettere, indirizzo Storico Artistico. I miei personali interessi anche in questa materia sono sempre stati dettati dall’eterogeneità e dall’originalità quindi, anche allora, stavo cercando notizie su un magnifico pittore del Quattrocento veneziano che alcuni tra voi forse conoscono: Vittore Carpaccio. Casualmente, o meglio spinto dal Fato, dacché il caso non esiste, trovo un libro su Carpaccio in una bancarella del capoluogo ligure. Ha un titolo rosso e semplice: Carpaccio, ma sopra porta un nome… Vittorio Sgarbi. Lo prendo immediatamente e trovo subito ciò che cercavo nelle parole di quello che allora per il grande pubblico era un qualcuno pressoché ignoto e che in quegli anni infatti ricopriva l’arduo compito di Ispettore alla Sovrintendenza per i Beni Artistici e Storici del Veneto. Parole e descrizioni magnifiche, tecnicamente ineccepibili dei grandi teleri di Carpaccio mi avvinsero come un romanzo fantastico. Avevo incontrato Vittorio per la prima volta ma non lo sapevo. E pensare che a ventun anni ebbi il plauso personale di Federico Zeri, ma questa è tutta un’altra storia.

Il tempo e gli anni passano, e una sera, m’imbatto in quel programma che allora era il Maurizio Costanzo Show, attratto, calamitato da un giovane irruento che ha il coraggio di gridare liberamente ciò che pensa davanti a una platea ammutolita. È Vittorio Sgarbi. Il nome qualcosa mi dice, poi passando davanti alla grande libreria che avevo in casa, l’occhio mi corre sul dorso del volume su Carpaccio. Il nome adesso ha finalmente un volto. Antico, raffinato, ironico, sarcastico e potente nell’eloquio e nelle idee. Esplode come un fuoco pirotecnico in una festa barocca quel personaggio che porta, anche lui come me allora, i capelli lunghi, irrequieti e ribelli entrambi. Poteva non piacermi e affascinarmi? Voglio saperne di più. Leggo tutto di lui, scritto da lui e su di lui, improvvisamente lo ritrovo firma di quell’immaginifico capolavoro editoriale, artistico e culturale che era FMR e che leggevo avidamente a casa di mio zio, collezionista d’arte, sulle colline del varesotto. Vittorio, oggi lo chiamo affettuosamente così, diviene subito uno dei miei nuovi modelli d’ispirazione, già c’erano stati grandi come Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Franco Cardini, Karel Thole, Michael Moorcock, adesso c’era lui.

Pochi mesi dopo, forse nel settembre del ‘90 finalmente lo conosco di persona essendo egli giunto a presentare un suo libro in una libreria comunistissima di Chiavari, dei cui proprietari ero però amico. C’è con me anche mia madre quando mi firma con gesto ampio e scarlatto le pagine di rispetto dei libri che gli porgo… sono Davanti all’immagine e Il pensiero segreto. Su uno scrive profetico “a Dalmazio che pensa senza Sgarbi” sull’altro “A Dalmazio che vince con Vittorio”. Purtroppo i due libri sono andati perduti durante uno dei miei molti traslochi. Forse, chissà, hanno affascinato qualcun altro, lo spero, almeno quanto fecero con i miei ventisette anni. Però ho ancora Carpaccio.

Quella sera Sgarbi c’invita ad assistere al suo incontro pubblico al Festival dell’Unità sulla colmata a mare di Chiavari. Andiamo. Quello che Vittorio non sa è che quasi vengo alle mani con due compagni che volevamo impedirmi l’accesso alla manifestazione… ma io entro ugualmente e sono ancora qui.

Passa ancora qualche anno, continuo a seguirlo ovviamente dal punto di vista culturale, ma la vita mi porta altrove. Dopo la morte di mio padre scelgo nuove strade, via, lontano da quell’angusta cittadina del Tigullio… uscire, fuggire lontano ogni volta che posso. Vittorio è una delle stelle che indicano la direzione ma io spesso mi perdo come Odisseo. Finché nel 1998 un amico, un importante imprenditore ligure, mi chiama dicendomi che appoggerà l’ormai già Onorevole Vittorio Sgarbi nella sua nuova impresa politica. Accetto di dargli una mano e mi ritrovo nuovamente catapultato in un frenetico, ma estremamente divertente, girovagare tra la Liguria e il Piemonte, in macchina ad ogni ora del giorno e della notte, tra colline e mare, tra le nebbie e i castelli in luoghi meravigliosi e ignoti ai più. È un rutilante vivere, una danza gioiosa di un trentasettenne da lunghi capelli, dagli abiti di sartoria e da molti chili in meno. Non c’è un domani, soltanto un adesso.

Il resto è cronaca anche politica. Prendo nuovamente nuove strade. Mando al diavolo la Mondadori e cerco fortuna all’estero, in America. Faccio l’illustratore, voglio creare meraviglie per sognare. Sono anni folli, disperatamente romantici, poi purtroppo la malattia di mia madre mi fa tornare. L’America bellissima ma non mia ritorna ad essere dall’altro lato della luna. Intanto il tempo passa e anche Vittorio continua a vivere come ha sempre fatto senza mai fermarsi, perché lui non si può perdere. Il Fato mi porta a Roma, lasciata definitivamente la Liguria troppo stretta, e durante questi anni ogni tanto, appena mi è possibile, c’incontriamo rapidamente a una sua presentazione di libri, una conferenza, unalectio magistralis. È sempre un piacere perché è un modo per essere sempre giovani e fottere il Tempo.

Questo sino a che, a fine marzo scorso, vengo a sapere che Vittorio ha intenzione di candidarsi sindaco di un paese ormai perso nell’oblio della Storia qual è Sutri.

Ancora una volta è la dimostrazione di cosa sia il “genio”, anche e soprattutto quello sgarbiano: «Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione.» dice Il Perozzi durante una zingarata in “Amici miei“.

«Sindaco di Sutri» è geniale, grandioso, dirompente. È la ripresentazione dell’eroismo di Brancaleone da Norcia, sempre del grande e compianto Monicelli… È l’igneo ardere di Giovan Battista Villari detto Il Caparra, il fantasma pittore interpretato anch’egli dall’inclito Vittorio Gassman.

Insomma Vittorio Sgarbi sarà a Sutri. D’accordo con l’eccellente, fraterno amico Emanuele, chiamiamo Sgarbi al telefono: «Ci vediamo domani a Sutri. Venite al Palazzo del Vescovo». Noi andiamo e ci riabbracciamo, perché il Tempo passa non basta a fermare chi non vuole essere fermato. Quella sera stessa, Emanuele ed io ci ritroviamo “arruolati” ad occuparci – come soldati di ventura di un’età meravigliosa – con il compito di curare la Comunicazione di Vittorio Sgarbi per Sutri. Cosa volete di più dalla vita? Noi siamo vivi e ci divertiamo ad andare “notte e giorno d’intorno girando”. La vita è un balocco, un frutto succoso da spremere facendone stillare nettare e ambrosia. È una danza colorata sul limite del mondo.

Così, adesso, dopo un mese, quello che i più miopi potevano credere un sogno, un’utopia, un delirio irrealizzabile, sta prendendo vita e forma. Una Sutri che emerge dall’oblio plurisecolare, dalla dimenticanza della Storia, dalla perdita del ricordo, per ritornare ad avere uno splendore antico e sempre attuale, con un grande unico e straordinario museo – Palazzo Doebbing – che anche grazie alla lungimiranza del Vescovo dell’Arcidiocesi, è stato affidato alle sapienti cure di Vittorio Sgarbi. Ci sarà una grande rivista di alto profilo culturale che raccoglierà le migliori firme del nostro Paese e che tratterà d’Arte, Bellezza e Letteratura mentre già sta per arrivare la nuova – e gratuita – illuminazione per tutto il paese e le storiche e splendide ceramiche di Deruta per abbellirlo togliendo l’insipiente e sgradevole plastica dal centro storico.

Perché Vittorio ha una sola parola, perché sa fare, costruire e non soltanto sognare, e lo fa con quella capacità di pochi che nel Rinascimento veniva chiamata “sprezzatura”. Lui, unico tra tanti ai nostri giorni, unico ad avere coraggio, sapienza e forza tra troppi mediocri, piccini paurosi e limitati, può.

È la “sprezzatura”… fatevene una ragione… e noi siamo e resteremo lì con lui.

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