Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Mira, di acerbe lagrime/spargo al tuo piede un rio.../Non basta il pianto? Svenami,/ti bevi il sangue mio.../Calpesta il mio cadavere...ma salva il trovator!
Non è una traduzione ottocentesca di Dracula, ma sono orrendi versi di Salvadore Cammarano (1801 – 1852) per l’ultimo atto del Trovatore di Giuseppe Verdi. Non sono nemmeno tra i peggiori in assoluto, del resto: tra mogliere frullate e orme dei passi spietati, la librettistica verdiana di ci ha abituato a cose anche peggiori.
Peraltro Cammarano non era certo tra i peggiori librettisti del suo tempo: malgrado la bruttezza incredibile di alcuni suoi versi e la convenzionalità di certe situazioni sceniche, i suoi libretti erano pur sempre al di sopra della media (non dimentichiamo che noi, oggi, vediamo solo la punta di quel gigantesco iceberg che era la produzione melodrammatica ottocentesca). Il poeta napoletano poi, con intuizione quasi wagneriana e boitiana, riteneva che “per ottenere la possibile perfezione di un'opera musicale dovrebbe una mente sola essere autrice dei versi e delle note.”
Verdi peraltro lo rispettava, anche se gli rimproverava di essere un po’ troppo attaccato alle forme “tradizionali” del melodramma: “se nelle opere – gli scrisse nel 1851, proprio all’inizio della collaborazione del Trovatore -non ci fossero né Cavatine, né Duetti né Terzetti, né Cori, né Finali etc. etc. e l’opera intera non fosse (sarei per dire) che un solo pezzo, troverei più ragionevole e giusto.” Addirittura, in un momento di sfiducia, Verdi pensò di cambiargli il soggetto del Trovatore con uno più “semplice e affettuoso”; fu questo probabilmente il sentiero che portò alla Traviata, scritta quasi in contemporanea. Poi per fortuna il progetto del Trovatore non fu abbandonato, anche se il povero Cammarano non riuscì a vederlo rappresentato, essendo morto qualche mese prima.
Il Trovatore è dunque la seconda opera della Trilogia Popolare, andata in scena il 19 gennaio 1853; la prima di Rigoletto era stata l’ 11 marzo 1851, mentre Traviata ebbe il suo battesimo il 6 marzo 1853. Il Maggio Musicale Fiorentino ha però deciso di inaugurare la nuovissima edizione completa della Trilogia popolare con il secondo titolo e sarà così il Trovatore ad alzare il sipario giovedì alle ore 20: come per le altre due opere, la regia è firmata da Francesco Miceli, sul podio Fabio Luisi. [i]
“Nel Trovatore è proprio l’intonazione popolare a riemergere (…) Ma per il momento, il nesso più interessante che legò fra loro Rigoletto, il Trovatore e la Traviata, consisté nella dialettica tra la vocazione di Verdi al realismo drammatico e la sua volontà di conservare le formalità antirealistiche del melodramma”.[ii]Una osservazione di grande interesse questa di Claudio Casini, che oltre a stabilire un legame tra le tre opere presenta quello che sarà il grande dilemma della stagione operistica successiva, da Boito in poi e soprattutto dalla cosiddetta “Giovane Scuola Verista” in poi: come conciliare un genere del tutto “surreale” come il melodramma con la vocazione al realismo drammatico.
Quanto poi al libretto del Trovatore, tratto da El Trovador del drammaturgo spagnolo Antonio García Gutiérrez , non si può certo dire che sia “realistico” in nessun tratto. Non solo risente della visione del tutto distorta del medioevo tipica del Romanticismo e di Gutierrez in particolare, ma presenta una serie di incongruenze e bizzarrie abbastanza nutrita. Passi ancora Manrico che è contemporaneamente trovatore e capo militare a 15 anni (!); Leonora, la fanciulla contesa tra Manrico e il conte di Luna, è praticamente una sconosciuta; Azucena poi è di un cinismo e di una “mostruosità” davvero eccessiva persino per una abbietta zingara (espressione oggi politicamente scorretta, si spera che non censurino mai questa bellissima aria dell’opera.) Tutta la trama poi presenta una serie di colpi di scena che dire inverosimili è dire poco; e queste incongruenze fecero apparire l’opera antiquata agli stessi contemporanei, in quanto il teatro musicale si andava ormai orientando verso intrecci meno inverosimili.
Altra caratteristica del Trovatore è la sua quasi totale mancanza di azione: prevalgono il racconto, l’evocazione e il ricordo, mentre l’azione vera e propria si concentra in alcuni momenti particolari: ad esempio, il rapimento di Leonora che sta per farsi monaca alla fine del secondo atto o nella seconda e terza scena del quarto, il disperato tentativo di Leonora di salvare la vita a Manrico. Prevale invece la dimensione “narrativa”; non per nulla l’opera inizia con un racconto, quello di Ferrando, e in una dimensione tra il ricordo e il delirio vive uno dei personaggi più formidabili creati da Verdi, la zingara Azucena, con la quale per la prima il mezzosoprano assurge in un’opera verdiana a un ruolo principale. E’ la musica a colmare il divario tra azione e narrazione, ma anche a costituire il vero tessuto connettivo di un dramma che, apparentemente, sembrava ritornare a modelli ormai superati. Sebbene il Trovatore mantenga la struttura tradizionale del pezzo chiuso (quello che Boito chiamerà spregiativamente la formula ), la musica in un certo senso lo supera e lo trascende; grazie anche al suo articolarsi su più livelli. Quello popolare del racconto di Ferrando o del coro degli armigeri del terzo atto, ad esempio, e poi quello della elaborazione di pezzi chiusi di straordinaria efficacia (Casini parla di atletismo vocale) che hanno reso l’opera straordinariamente popolare e che richiedono un cast (e specialmente il tenore, ma non solo) di tutto rispetto. C’è poi quello degli ensembles e dei finali d’opera, di straordinaria vivacità ed incandescenza, in cui la musica assume un ruolo assoluto; forse è un po’ eccessivo parlare, come qualcuno ha fatto, di fase mozartiana di Verdi, ma se non altro rende bene l’idea.
Il celebre critico musicale ceco Edvard Hanslick (1825-1904) osservava nel 1880 che “la musica del Trovatore è a un tempo la piena espressione della rozzezza artistica di Verdi e dell’intensità del suo talento”. Giudizio sostanzialmente condiviso da Massimo Mila, che notava tra l’altro che Hansilick aveva osservato come tale dislivello non fosse dovuto ad un indebolimento dell’ispirazione ma piuttosto ad una voluta, dolosa ricerca del triviale ch’egli era tentato di definire ingegnosamente come cattiva volontà estetica. [iii]
Oggi però questi giudizi sulla trivialità e sulla brutalità del Trovatore sono stati in buona parte superati (anche se rimangono validi per altre opere verdiane, soprattutto degli “anni di galera”) e dovuti in larga parte a una cattiva tradizione esecutiva ormai accantonata; e non ci sono dubbi che Fabio Luisi riuscirà a far emergere il meglio di una partitura di grandissimo fascino.
Sul piano scenico (per cui abbiamo già dato varie anticipazioni nell’articolo precedente) ci sarà in tutte le opere un monumentale tricolore ad aprire la prima scena; ma il rosso sarà la tinta predominante del Trovatore, colore del fuoco, del sangue e dell’omicidio. Ci sarà poi in scena un esercito di burattini e se i personaggi avranno quasi tutti costumi di tipo “medievale”, Ferrando, il narratore che il regista vede come una sorta di alter ego di Verdi, sarà invece in smoking come il resto del coro.
Per quanto riguarda i protagonisti, il lucchese Massimo Cavalletti sarà il Conte di Luna (baritono),un interprete che ha rapidamente conquistato i più prestigiosi teatri d’opera e festival internazionali, fra cui il Metropolitan di New York, la Scala di Milano, la Royal Opera House Covent Garden di Londra, la Staatsoper di Vienna, la Deutsche Oper e la Staatsoper di Berlino. Leonora sarà Jennifer Rowley, soprano apprezzata a livello internazionale per le sue spiccate doti vocali e la notevole presenza scenica; Azucena sarà il mezzosoprano russo Olesya Petrova e Manrico il tenore Piero Pretti, che ha già affrontato il ruolo in palcoscenici prestigiosi. Ferrando sarà il basso Gabriele Sagona.
Il Trovatore -
Artisti principali
Direttore Fabio Luisi
Regia Francesco Micheli
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Leonora Jennifer Rowley
Manrico Piero Pretti
Conte di Luna Massimo Cavalletti
Azucena Olesya Petrova
Ferrando Gabriele Sagona
Date: 13,19,22 settembre ore 20; 16 settembre ore 15,30.
La trama dell’opera[iv]
Atto I
Scena I. Nell’atrio del palazzo dell’Aliaferia, dimora del conte di Luna, Ferrando, il capitano delle guardie, raccomanda ai soldati di fare buona guardia mentre attendono il rientro del conte dal palazzo della sua amata Leonora. Il conte teme un coinvolgimento sentimentale della giovane per un misterioso trovatore che, nottetempo, le dedica serenate. Ferrando narra anche ai suoi uomini la storia del fratello minore del conte, Garzia, che, venti anni prima, venne stregato da una vecchia zingara poi condannata al rogo. Per vendetta, la figlia della gitana, rapì il piccolo Garzia e, si credette, lo fece ardere sullo stesso rogo. Il padre, non convinto della morte del figlio, impiega tutte le sue forze nella ricerca e, in punto di morte, fa promettere all’altro suo figlio di non rinunciare alla speranza e di continuare le indagini, ma fin’ora tutto è stato vano.
Scena II. Leonora, dama di compagnia della principessa d’Aragona, nei giardini del castello racconta alla fedele dama di compagnia Ines di un cavaliere che non è più riuscita a dimenticare. Incontratolo durante un torneo non lo ha più veduto a causa dei disordini che si susseguivano per la guerra civile scoppiata tra il Conte di Luna e il Conte di Urgel. Ma una notte, dopo aver ascoltato cantare sotto le sue finestre un trovatore, riconosce il lui il suo cavaliere.
La principessa è appena rientrata nel palazzo quando le giunge di lontano il canto del trovatore Manrico. Non visto è presente anche il Conte di Luna. La giovane corre incontro al suo amato ma, a causa dell’oscurità, scambia il Conte di Luna per Manrico. Il Conte, innamorato di lei, è venuto per chiederle un pegno d’amore, ma adesso, ingelosito, sfida a duello il rivale, seguace del ribelle Conte di Urgel.
Atto II
Scena I. Manrico si trova nell’accampamento degli zingari sulle montagne di Biscaglia. Ha vinto il duello ma è rimasto ferito. La zingara Azucena gli racconta del supplizio della madre e la sua supplica di vendetta. Allora ella, per rivalsa, e per realizzare il desiderio della madre morente, rapì Garzia, ma, disse, arse per errore il proprio figlio credendo di bruciare il figlio del Conte.
Manrico, stupito e turbato, vuol sapere se è proprio lei, Azucena, sua madre. La gitana amorevolmente lo rassicura rammentandogli le sue cure di madre fin da quando era in tenera età. Piuttosto, gli chiede, perché abbia avuto pietà del Conte risparmiandogli la vita. "O madre!... non saprei dirlo a me stesso! (...) un grido vien dal cielo, che mi dice: ‘Non ferir!".
Giunge un messo ad annunciare che Castellor è stata conquistata dalle truppe di Urgel ed è richiesta la presenza del giovane e che Leonora, credendolo perito in battaglia, sta per prendere i voti. Manrico parte per raggiungerla nonostante le insistenze della madre.
Scena II. Il Conte si apposta nei pressi del convento di Castellor per rapire Leonora, ma, quando sta per agire, sopraggiunge Manrico fra lo stupore di tutti e la gioia della fanciulla. Il giovane riesce a sventare il tentativo di rapimento e la porta in salvo.
Atto III
Scena I. I due giovani e il drappello armato di seguaci si sono rifugiati a Castellor, assediato dal Conte di Luna. Azucena, aggirandosi nell’accampamento, creduta una spia, viene fatta prigioniera. Mentre il Conte la interroga. Ferrando riconosce in lei la rapitrice di Garzia: viene quindi condannata al rogo.
Scena II. Leonora e Manrico stanno per sposarsi nella cappella del castello quando un soldato viene ad annunciare che Azucena, prigioniera del Conte, sta per essere arsa viva. Manrico non può permettere che sua madre venga uccisa e parte per liberarla.
Atto IV
[i] Per la presentazione generale della nuova edizione delle tre opere cfr http://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=9063&categoria=1&sezione=8&rubrica=8
[ii] Claudio CASINI, Verdi, Milano, Rusconi, 1886, p.152.
[iii] Massimo MILA, Giuseppe Verdi, Milano, Rizzoli, 2000 p. 486.
[iv] Fonte: http://www.filarmonici.it/Trame_delle_opere/Il%20Trovatore%20trama%20dell%27opera.htm
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