Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Cari amici e lettori di Totalità, ieri, o forse stanotte, non so bene, è morto il nostro Giovanni Francesco Accolla cofondatore di questa rivista, membro del suo comitato direttivo, e permettemi, mio grande, grande amico.
Ecco, non so dirlo meglio, ve l'ho detto nel modo meno poetico (lui era un poeta vero), meno giornalistico (lui era un ottimo giornalista), meno letterario (era anche un ottimo studioso di Soffici, Giovanni, anzi Francesco, quante volte abbiamo giocato sul suo doppio nome: ma come ti chiamo Giova alla maniera nordica o Fra' alla romana?).
È la prima che volta che devo scrivere della morte improvvisa e inattesa di un amico, di un compagno di strada, di un "ragazzo" (ci sentiamo ancora così a dispetto dei nostri anni più vicini ai 60 che ai 50) come me, e le parole mi mancano, il "mestiere" non è sufficiente ad organizzare la sintassi e il pensiero in forma professionale distaccata. Lui a questo punto avrebbe scherzato: A' Simo, almeno hai dato subito la notizia invece delle solite chiacchiere,– già la notizia che va in testa da un pezzo, come ci hanno insegnato.
La notizia l'ho avuta come molti suoi amici, per caso, su FB, e all'inizio ho creduto, lo giuro, ad una fake di cattivo gusto. Già perché Giovanni Francesco da qualche anno aveva lasciato Roma, destinazione Miami. Un cervello in fuga da un paese che amava e dal quale non era riamato, come molti, troppi di noi. Lui aveva avuto il coraggio di andarsene, mi aveva chiesto una lettera di presentazione per un'Università del luogo, e poiché per qualche tempo, dopo l'esperienza come consigliere del ministro degli esteri Frattini, aveva fatto il cultore della materia presso l'insegnamento di Letterature comparate e di letteratura Italiana alla Unint dove insegno, era stato facile presentarlo ai colleghi americani, e per loro, visto il suo eccellente curriculum, era stato facile affidargli una cattedra di letteratura italiana.
Così era andato in America, l'Italia nel cuore e qualche volta sull'anima (quanti post e quante telefonate deluse, amare, amareggiate).
Cari amici e lettori di Totalità, cosa volete che vi dica del nostro Francesco Giovanni Accolla? Vi posso dire che aveva una moglie Marzia, che ho conosciuto solo attraverso le sue parole di uomo innamorato (quanto innamorato!), due figli dei quali era orgogliosisissimo, se non temessi di urtare il riserbo dovuto all'intimità di chi in queste ore sta vivendo ore, che diventeranno, giorni e mesi difficili, vi potrei parlare di loro con le sue parole.
Vi posso dire che sotto l'aria scanzonata di vero romano, ardeva una sensibilità di poeta apprezzato dalla società poetica italiana laureata; vi posso dice che era uno dei pochi lettori veri profondi intelligenti di prosa e di saggistica, uno studioso che come me aveva cominciato laureandosi con Giovanardi, su Soffici, e proprio nel nome si Soffici, e delle nostre comuni tesi di laurea a lui dedicate, ci eravamo incontrati e, come direbbe il nostro Ardengo, "riconosciuti all'istante".
Caro Francesco, adesso mi mancano le parole, non so più come raccontarti ai nostri amici e lettori, l'amicizia e l'affetto, lo stupore per una notizia appresa nel modo più brutto, mi incollano in una vischiosità paralizzante (come la ragnatela di Shelob), mi mancherai tantissimo, mi mancherà il tuo affetto, la tua solidarietà, la tua amicizia. Da te ho avuto forse il complimento più bello che può avere un'amicizia: A te racconto tutto – mi dicesti una volta – senza infigimenti, senza pudori maschili perché per me tu sei più che un'amica, sei un fratello.
Già un fratello, dicesti, non una sorella, e io ne fui orgogliosa perché erano caduti gli steccati di genere ed eravamo veramente AMICI.
Addio Fra', ti lascio con con il saluto estremo che si inviano i piloti italiani, e tu sai perché. E con una poesia tu sai quale e so che apprezzerai.
Cieli blu Giovanni Francesco Accolla!
Ardengo Soffici, Via
Palazzeschi, eravamo tre,
Noi due e l'amica ironia,
A braccetto per quella via
Così nostra alle ventitré.
Il nome, chi lo ricorda?
Dalle parti di san Gervasio;
Silvio Pellico o Metastasio;
C'era sull'angolo in blù.
Mi ricordo però del resto:
L'ombra d'oro sulle facciate,
Qualche raggio nelle vetrate;
Agiatezza e onorabilità
Tutto nuovo, le lastre azzurre
Del marciapiede annaffiato,
Le persiane verdi, il selciato,
I lampioni color caffè;
Giardinetti disinfettati,
Canarini ai secondi piani,
Droghieri, barbieri, ortolani,
Un signore che guardava in sù,
Un altro seduto al balcone,
Calvo, che leggeva il giornale,
Tra i gerani del davanzale
Una bambinaia col bebè;
Un fiacchiere fermo a una porta
Col fiaccheraio assopito,
Un cane barbone fiorito
Di seta che ci annusò;
Un sottotenente lucente,
Bello sulla bicicletta,
Monocolo e sigaretta,
Due preti, una vecchia, un lacchè.
- Che bella vita - dicesti -
Ammogliati, una decorazione,
Qui tra queste brave persone,
I modelli delle città.
Che bella vita fratello! -
E io sarei stato d'accordo;
Ma un organetto un po' sordo
Si mise a cantare: "Ohi Marì.."
E fummo quattro oramai
A braccetto per quella via.
Peccato! La malinconia
S'era invitata da sé.
Inserito da wbcqyqbss il 23/04/2023 04:34:07
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Inserito da qqnvxnxnf il 23/04/2023 04:34:04
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Inserito da Dalmazio il 04/11/2018 07:32:33
NO!!! Leggo soltanto adesso, una gravissima perdita, un ottimo Amico
Inserito da Siria il 23/10/2018 06:15:02
Bellissima testimonianza di vera amicizia, mi sono commossa tanto e mi unisco al vostro dolore
Una Violetta tradizionale ma molto apprezzata. Pieno successo dell'ultima Traviata sul proscenio fiorentino
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