Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Notre Dame brucia. Non è necessario essere praticanti, credenti o anche semplicemente francesi per essere profondamente addolorati da una notizia come questa.
Gli uomini del Medioevo, che quella cattedrale hanno costruito con immensa fatica ma anche con lo slancio di una Fede che si è trasformata in pietra, non avrebbero esitato a vedere in un evento così luttuoso un segno. Ci vorrebbe Dante per commentare adeguatamente un episodio del genere: quello che né la furia giacobina né l’occupazione nazista hanno osato, è successo nel “civilissimo” XXI secolo.
Caso? Incidente? Qualcosa di peggio? Non è questo il momento di fare ipotesi, anche se certo si spera che si faccia chiarezza estrema ed inappellabile sulle cause di questo incendio. Perché se qualcuno avesse voluto, lucidamente e cinicamente, provocare questa immensa catastrofe, allora veramente sarebbe un attacco al cuore della nostra civiltà
Ma tornando ai simboli; impressiona particolarmente il fatto che l’incendio scoppi all’inizio della Settimana Santa, che per i Cristiani e i cattolici in particolare rappresenta un momento di meditazione e di dolore. La Cristianità è ormai devastata da tanti, troppi attacchi e sembra non solo essere incapace di reagire, ma addirittura di essere la prima ad avvilirsi e a rinunciare a se stessa.
Due episodi, nei giorni scorsi, suonano come una specie di sinistro prologo a quanto sta accadendo in queste terribili ore. Il gesto di Bergoglio che ha voluto umiliare non tanto se stesso, quanto la dignità di Sommo Pontefice che per nostra sventura si trova a rivestire, inchinandosi a baciare i piedi al presidente del Sudan e a un gruppo di suoi dignitari, alcuni dei quali sorpresi e quasi scandalizzati da quel gesto. Poco importa che si tratti di governanti cristiani. Potrà sembrare eccessivo e del tutto inopportuno mettere in relazione episodi così diversi; pazienza, si correrà il rischio. Anche perché ci sono gesti che segnano un’epoca e addirittura i secoli a venire. La notte di Natale dell’800 Carlo Magno venne incoronato imperatore da papa Leone III, con una mossa che spiazzò lo stesso sovrano franco, almeno a quanto racconta il suo biografo quasi contemporaneo Eginardo. E non ci sarebbe da stupirsene: Carlo non era grande solo per le sue conquiste militari; forse non sarà arrivato a prevedere i conflitti tra guelfi e ghibellini, ma certo immaginò che quel gesto avrebbe potuto essere gravido di guai. Non per nulla mille anni dopo il grande usurpatore Napoleone, quando decise di proclamarsi imperatore, la corona se la mise in testa da solo, proprio nella chiesa di Notre Dame profanata come tante chiese di Francia dalla canaglia giacobina; con mani che grondavano sangue da tutta Europa e che ancora di più ne avrebbero sparso in seguito, ma questi era dettagli del tutto insignificanti per il piccolo corso dalle ambizioni smisurate. Ma questi tempi sono ormai remotissimi; remoto anche il celebre e fiero “non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo” replicato da Pio VII davanti alla perentoria richiesta del tiranno francese di rinunciare allo stato pontificio e revocare la scomunica lanciata contro chi l’aveva invaso.
E potremmo continuare: tante circostanze, in cui la Chiesa è stato un baluardo contro lo spettro di totalitarismi che pensavano di poter sostituire a Dio un baffone o un baffino qualsiasi, mentre oggi sembra del tutto indifferente di fronte a forze che non solo con il Cristianesimo non hanno nessun rapporto, ma che ne vorrebbero la totale sparizione. E non è certo un caso che mentre uno dei simboli più cari della Cristianità rischia di crollare, si levino nel web gli sghignazzi fetidi di alcuni Jihadisti ed estremisti islamici per cui questo giorno che per noi sarà dei più luttuosi di questo secolo è invece giorno di festa.
Infine, gli attacchi al Papa Emerito per il suo lucido
documento sulla Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali, che punta coraggiosamente
il dito contro una deriva iniziata nel 1968 che non risparmiò neppure gli
ambienti ecclesiastici. Un documento che ha visto lo scatenarsi contro
Ratzinger di tutta la canea laicista, con l’intervento di … illustri teologi
quali Vendola, e la reazione fredda e distaccata di molti, troppi ambienti
ecclesiastici anche ai piani più alti, che naturalmente si sono ben guardati da
difendere Benedetto. Come dire, per l'appunto, che che a certi valori e principi un tempo "irriunciabili" oggi si può rinunciare benissimo, se il mondo lo chiede.
Un disastroso “climax ascendente” che vede nel rogo di Notre Dame la sua punta più alta e terribile; ma se vogliamo appunto vederla con gli occhi di chi guarda oltre la facciata degli eventi, come una sorte di monito alto e terribile, che – guarda caso – coincide proprio con l’inizio della Settimana Santa e della Passione. Vedremo poi se questa ennesima ferita inferta al corpo della Cristianità è dovuta a un incidente e non sia piuttosto l’ennesimo attacco, ultimo di una lunga serie, a luoghi sacri e di culto nella ex figlia prediletta della Chiesa. In ogni caso il monito resta e sarebbe ore che quelle fiamme devastanti illuminassero quel che rimane delle nostre coscienze addormentate.
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