Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Di ferro, come suo padre. Si dice che, poco dopo la sua nascita, Giovanni dalle Bande Nere abbia voluto provare la tempra del figlio – primo e unico – avuto da Maria Salviati - facendolo gettare sulle sue robuste braccia dall’alto della loggia del palazzo di via del Corso. Risultato: il piccolo Cosimo non emise neppure un lamento …
Ma – posto che la storia sia vera – cosa sarebbe accaduto se avessero sbagliato mira? Sicuramente la storia della Toscana sarebbe stata molto diversa e molto probabilmente non in positivo. Perché oggi – 12 giugno 2019 – Cosimo de’Medici detto “il giovane”, poi Cosimo I duca di Firenze e soprattutto, dal 24 agosto 1569, Magnus Etruriae Dux, primo granduca di Toscana, compie 500 anni. Buon mezzo millennio, Altezza! E infine: grande statista o efferato tiranno? A Siena ancora oggi, a distanza di secoli, c’è chi si lecca le ferite del celebre assedio, dimenticando peraltro che la repubblica senese era ormai ostaggio delle grandi potenze dell’epoca e ben difficilmente avrebbe potuto conservare la sua indipendenza. Certo, il principe fiorentino non usò mezze misure: quando dopo una lotta davvero epica Siena si arrese nel 1555, pare che dei suoi sessantamila abitanti ne restassero in vita circa seimila: altro che Arbia colorata in rosso! Ma una volta avutala in suo potere ne promosse la ripresa, rispettandone per quanto possibile i costumi locali e le tradizioni di governo, cosa che del resto i Medici fecero in tutte le città toscane in loro dominio; e così alla fine Siena divenne una delle città più fedeli allo stato e alla dinastia medicea, tanto che finì col considerare un proprio diritto avere un membro della casa regnante a governarla.
Nato dunque dal celebre condottiero Giovanni detto dalle Bande Nere, e da Maria Salviati, nipote per parte di madre del Magnifico Lorenzo, Cosimo riuniva in sé entrambi i due rami principale della sua casata: quello discendente da Cosimo il Vecchio, primo “criptosignore” di Firenze, con cui iniziò la fortuna politica della famiglia, e quello invece discendente dal di lui fratello Lorenzo (a sua volta detto il vecchio per distinguerlo dal Magnifico). Curiosamente il ramo paterno era detto anche “popolano”, davvero una ironia della storia se si pensa che proprio grazie al giovane Cosimo quel ramo si sarebbe …trasformato in scettro e per quasi due secoli i suoi discendenti avrebbero seduto su un trono.
Rimasto orfano di padre a soli sette anni, Cosimo crebbe appartato e solitario tra le cipressaie del Trebbio e Monte Morello, fisicamente sano ma, come ricorda Piero Bargellini “diversamente dal padre, riflessivo e taciturno”. E aveva poco più di 17 anni quando il cadavere sfigurato di Alessandro de Medici, lo sfortunato “duca della repubblica fiorentina”, frettolosamente avvolto in un tappeto venne nascosto nella tomba di Lorenzo duca di Urbino. Con questo efferato e stupido assassinio finiva così la discendenza maschile di Cosimo il Vecchio.
Ma per l’appunto c’era lui: un ragazzo riflessivo e taciturno, apparentemente insignificante: così la pensava tra gli altri Francesco Guicciardini, che da collaboratore stretto del defunto duca Alessandro si accordò con altri maggiorenti fiorentini come Filippo Strozzi, Baccio Valori e Niccolò Acciaiuoli perché Cosimo potesse essere il successore di Alessandro e il nuovo duca di Firenze. Il consiglio dei 48 però (il senato dell’epoca che doveva pronunciarsi sulla successione in caso di mancanza di eredi) non accettò subito la proposta, ma alla fine cedette e fu così il 6 gennaio del 1537 fu nominato capo del governo con la clausola però che il potere sarebbe stato esercitato dal consiglio stesso.
“Codesti uomini di Firenze hanno messo un maraviglioso cavallo: poi gli hanno messo gli sproni e, datogli la briglia in sua libertà, e messolo in su un bellissimo campo, dove è fiori e frutti e moltissime delizie; poi gli hanno detto che non passi certi contrassegnati termini. Or ditemi a me voi, chi è quello che tener lo possa, quando lui passar li voglia?”
Sagge e profetiche parole di Benvenuto Cellini, che aveva in questo visto ben più chiaro di tanti navigati politici; a partire proprio dal Guicciardini, il quale dovette ben presto ammettere di sapere “molto poco” dei progetti di Cosimo e di non avere presso di lui fede alcuna. Al teorico del particulare non rimase che ritirarsi nella sua villa di Arcetri, dove in compenso scrisse quel magnifico capolavoro che è la Storia d’Italia.
All’inizio del suo governo, tutte le potenze gli furono ostili; la stessa Caterina de’Medici, regina di Francia, lo considerava un usurpatore perché del ramo cadetto; Carlo V e papa Paolo III gli preferivano Ottavio Farnese.
Intanto i fuoriusciti fiorentini, tra cui cardinali Salviati e Ridolfi, tramavano per rovesciarlo e raccoglievano uomini armati. Ma le truppe cosimine li sconfissero nel 1537 alla battaglia di Montemurlo; in politica estera passò dalla tradizionale alleanza con la Francia a quella con la Spagna, che i rivelerà comunque molto vantaggiosa. Fu tra l’altro grazie agli uffici di Carlo V che il 29 luglio 1539 sposò Eleonora, figlia del vicerè di Napoli don Pietro di Toledo. Un matriminio nato per ragioni politiche ma che si fonderà su un affetto profondo e reciproco; vivranno insieme, come ricorda il biografo Baccio Baldini “con molto riposo et piacere, lietamente molt’anni”. Per lui gli affetti familiari furono sempre molto importanti; anzi, di carattere grave e austero, in famiglia diventava praticamente un ‘altra persona: “il duca s’induca e si sduca quando vuole. Si fa provato o principe a sua posta; ma questo lo fa solamente con i suoi, perché con gli altri non si sduca mai”, secondo la testimonianza dell’ambasciatore veneto Vincenzo Fedeli.
Dal 1543 il duca avviò una serie di riforme istituzionale ed amministrative che consolidarono l’accentramento del potere nella sua figura e contemporaneamente perfezionò l’organizzazione dello stato con riforme in vari settori, pur mantenendo la divisone giuridica e amministrative tra il ducato di Firenze e quello di Siena. In campo culturale fu un vero Medici: riaprì l’università di Pisa e istituì il collegio di Sapienza, a favore degli studenti poveri di Toscana. Tra le altre cose, fu lui a commissionare a Giorgio Vasari il celebre “corridoio”. Inoltre acquistò e ampliò palazzo Pitti, facendone la residenza di famiglia e ultimando il giardino di Boboli. E nel 1569, grazie all’interessamento di papa Pio V, il ducato di Firenze diventava il granducato di Toscana, uno stato che per quasi tre secoli sarebbe stato un faro di civiltà e di cultura nel mondo intero.
Sicuramente un bilancio nel complesso molto positivo, ad onta delle “mostrificazioni” e delle leggende nere alimentate in pieno settecento ancora da Vittorio Alfieri con la sua truce tragedia Don Garzia. Firenze lo ricorda in questi giorni con una serie di manifestazioni ed appuntamenti: Nella serata di oggi 12 giugno il Complesso di San Lorenzo ospiterà “La notte di Cosimo”, una serie di visite guidate gratuite realizzate grazie alla collaborazione fra Musei del Bargello–Museo delle Cappelle Medicee, Opera Medicea Laurenziana, Parrocchia di San Lorenzo e Biblioteca Medicea Laurenziana che consentiranno di visitare spazi che normalmente hanno modalità e orari di accesso differenti. Un itinerario affascinante che, partendo dal chiostro monumentale, condurrà dall’Archivio capitolare alla Biblioteca Medicea Laurenziana, dalla Basilica alla Sagrestia vecchia di Brunelleschi e si concluderà nella Sagrestia nuova progettata da Michelangelo e che deve l’attuale sistemazione proprio alla volontà di Cosimo I. Sempre il 12 giugno verrà allestito al Museo Nazionale del Bargello il percorso di visita tematico “Cosimo I. Ritratto scolpito” (che rimarrà visitabile fino al 31 dicembre 2019) che collegherà tra loro le più significative rappresentazioni scultoree dedicate al primo Granduca di Toscana. Cosimo I amò farsi ritrarre dai maggiori artisti del suo tempo non solo in pittura, ma anche in scultura: capolavori in marmo, bronzo, porfido, come statue, busti, medaglie, monete, rilievi, i più celebri dei quali sono conservati al Museo Nazionale del Bargello. Cosimo volle essere raffigurato in armature moderne o in corazze all’antica, sempre decorate con emblemi di forte impatto visivo, simboli astrologici, mitologici o imprese dei suoi antenati di casa Medici, in una costante celebrazione del suo potere e delle sue virtù.
Invece
13 giugno, alle 21.15 nella Basilica di San Lorenzo, l’Ensemble Lilium
Cantores, diretto da Umberto Cerini, eseguirà la Missa ducalis
cantata scritta da Costanzo Porta e realizzata appositamente per
il duca. L’evento musicale, organizzato dall’Opera Medicea Laurenziana, sarà a
ingresso libero (a partire delle 20.45, non occorre prenotazione).
L’appuntamento sarà preceduto, alle 17.30 in Palazzo Alberti (Via de’ Benci 10,
Firenze) dall’ultima lezione del ciclo “Cosimo Divino” a cura di The Medici
Archive Project “La committenza di Cosimo (1537-1554)” tenuta da
Alessandro Cecchi (Casa Buonarroti).
Anche le Gallerie degli Uffizi celebrano la figura del primo Granduca di Toscana con il “trittico” di mostre “Omaggio a Cosimo I” che hanno preso il via nei giorni scorsi e proseguiranno fino al 29 settembre prossimo: “Cento lanzi per il Principe” (Sala di Levante degli Uffizi), “Una biografia tessuta. Gli arazzi seicenteschi in onore di Cosimo I” (Sala Bianca e Sala delle Nicchie, Palazzo Pitti) e “La prima statua per Boboli. Il Villano restaurato” (Sala delle Nicchie, Palazzo Pitti).
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