Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Sicuramente, quel 17 febbraio del 1904, nessuno alla Scala avrebbe pensato di assistere alla nascita di un capolavoro. E’ noto come Madama Butterfly sia stato uno dei fiaschi più clamorosi e colossali della storia del melodramma; certo non del tutto inaspettato, perché i presupposti di un fallimento c’erano tutti. “ “Pubblico schifoso, abietto, villano. Neanche una dimostrazione di stima. Giacomo, due ore fa, si faceva forza assai, mi credevo di peggio (…) Giacomo è persuaso di aver lavorato bene e spera che l’opera si riabbia”. Così commentava Ramelde Puccini, sorella del compositore, in una lettera al marito; e una cronaca anonima delle serata sulla rivista Musica e musicisti (attribuita a Giulio Ricordi) parla di “Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, i soliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitare ancora di più gli spettatori” .
Secondo l’opinione corrente, l’insuccesso fu dovuto all’idea, in effetti poco felice, di strutturare l’opera in due atti, con il secondo decisamente troppo lungo e pesante. Secondo Michele Giraldi, musicologo esperto di Puccini che difende la prima versione dell’opera, l’insuccesso fu invece dovuto a un conflitto tra gli editori musicali e le rispettive “tifoserie”. Comunque stiano le cose, certo oggi è uno dei titoli più amati e rappresentati del repertorio; e al teatro del Maggio Musicale Fiorentino inaugura una stagione estiva di tre opere (seguiranno l’Elisir d’Amore e Traviata) in allestimenti già noti e sperimentati ma non per questo meno graditi.
Sarà dunque il giovane ma affermatissimo Diego Matheuz a dirigere l’Orchestra del Maggio in quest’opera che venerdì 5 luglio alle 20 darà il via alla programmazione estiva del Maggio (altre recite 9, 11 e 13 luglio alle 20). Matheuz, talentuoso direttore d’orchestra venezuelano cresciuto artisticamente nel vivaio di Josè Antonio Abreu - inventore del celebre “Sistema” che in Venezuela ha strappato tanti bambini alla strada offrendo loro un’educazione musicale pubblica – ha debuttato a Firenze nel 2010 durante il 73° Festival del Maggio Musicale Fiorentino a soli 26 anni ed è tornato successivamente nel 2012 e 2015, sempre per dirigere concerti sinfonici. Questa dunque è la prima volta che salirà del podio del teatro fiorentino per dirigere un’opera lirica. Ha collaborato con direttori importantissimi, primi tra tutti Claudio Abbado e Gustavo Dudamel, ed è stato direttore musicale principale del Teatro La Fenice. La regia di questo allestimento di Madama Butterfly, che fa parte del repertorio del Maggio, è di Fabio Ceresa, le scene sono di Tiziano Santi mentre sul palcoscenico, ad interpretare i ruoli di Cio Cio San e Pinkerton, ci saranno, rispettivamente, Liana Aleksanyan e Matteo Lippi.
Madama Butterfly fu dunque la prima esperienza “orientale” dell’itinerario creativo del compositore lucchese, che seguiva di sei anni L’iris di Pietro Mascagni, accolta invece con favore dal pubblico anche se oggi –come di regola per tutte o quasi le creazioni mascagnane – pesantemente svalutata dalla critica. Certo, il Giappone di Mascagni – o meglio del librettista Luigi Illica – era più orientato sul versante simbolista e appariva una sorta di paese di sogno (o da incubo, per certi aspetti) ma questo non inficia l’alta qualità della musica, come riconobbe trai primi lo stesso Puccini. E se l’Oriente era sempre stato di casa sui palcoscenici operisti, fin dai tempi delle spassose e favolose turcherie mozartiane e rossiniane, anche il Sol Levante aveva da qualche tempo iniziato a interessare le platee: prima di Mascagni, Camille Saint – Saens ( 1835-1921), musicista appassionato di esotiche atmosfere, rappresentò nel 1872 la Princesse Jaune, dalla musica leggera e briosa, con l’uso della scala pentatonica per la coloritura orientale; mentre nel 1885 appariva il celebre Mikado di Gilbert & Sullivan, satira della società vittoriana in salsa nipponica, ma in cui il musicista (Sullivan) impiegò una manciata di temi giapponesi originali. Nel 1889, poi, l’esposizione universale di Parigi aveva costituito una straordinaria occasione per sentire esecuzioni musicali orientali.
Tuttavia Butterfly è forse la prima, vera e autentica “tragedia giapponese” ad approdare sui palcoscenici italiani: la Gheisha che vive come matrimonio d’amore uno convenzionale che doveva solo procurare svago, pagando questo sentimento con il suicidio, realizza perfettamente il binomio eros thanatos da cui scaturisce la migliore ispirazione pucciniana. Il compositore volle poi a tutti i costi che lo spettatore fosse in grado di identificare anche nella musica, e non solo nella scena, il Giappone: non solo si documentò su tutte le fonti allora disponibili, ma trascrisse anche all’impronta le melodie cantate apposta per lui da ugole “blasonate” come quella della moglie dell’ambasciatore giapponese in Italia, signora Oyama; altre se le fece spedire incise su dischi da Tokyo. Nella partitura di Butterfly compaiono ben dieci temi originali e tutti in punti chiave della vicenda; ma soprattutto Puccini assimilò nel suo stile la maniera giapponese grazie all’uso delle scale “difettive”, soprattutto anemitoniche e pentafone. Il tutto però si amalgama alla perfezione con lo stile tipicamente pucciniano, senza forzature o “sbavature.
Per il soggetto, Puccini, nel 1900, vide a Londra un dramma che il commediografo David Belasco aveva tratto da una novella dello scrittore americano J.L. Long, mutandone il finale da lieto in tragico. Rimastone entusiasta, si fece “confezionare” un libretto in due atti dai Illica e Giocosa, che però risultava troppo lungo e sproporzionato (il secondo atto comprendeva praticamente gli attuali ultimi due) e troppo incentrato sulla protagonista Cio – Cio – San, il cui ruolo oscurava quasi del tutto gli altri due “tradizionali” del tenore e del baritono.
In realtà, questo fu un effetto voluto da Puccini, il quale voleva ridicolizzare, “polverizzare” il personaggio del bell’amoroso; svuotato da ogni romanticismo, Pinkerton ha una parte quasi da operetta; mentre il carattere della protagonista ha uno sviluppo coerente, dalla ingenuità iniziale, ai primi sospetti sul proprio destino sino al terzo atto, dove il dramma trova il suo compimento. Puccini infatti accettò, sia pure a malincuore, una divisione in due del secondo atto, anche a causa della caduta dell’opera alla Scala; e così, appena pochi mesi dopo la prima, quello che era sembrato un insuccesso catastrofico si trasformò in trionfo . Oggi la versione comunemente rappresentata è quella in tre atti, anche se non è mancata qualche ripresa della versione originale.
Madama Butterfly
Tragedia giapponese in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica da Madam Butterfly di John Luther Long
Musica di Giacomo Puccini
Artisti
Maestro concertatore e direttore Diego Matheuz
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Fabio Ceresa
Scene Tiziano Santi
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci D.M.Wood
Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in coproduzione con Fondazione Teatro Petruzzelli di Bari
Madama Butterfly (Cio-Cio-San) Liana Aleksanyan
Suzuki Annunziata Vestri
Kate Pinkerton Costanza Fontana*
F. B. Pinkerton Matteo Lippi
Sharpless Francesco Verna
Goro Manuel Pierattelli
Il principe Yamadori Min Kim*
Lo zio Bonzo Luciano Leoni
Yakusidé Nicola Lisanti
Il Commissario imperiale Min Kim*
L’Ufficiale del registro Vito Luciano Roberti
La madre di Cio-Cio-San Nadia Pirazzini
La zia Elisabetta Ermini
La cugina Delia Palmieri
Figuranti speciali Paolo Arcangeli, Leonardo Cirri, Cristiano Colangelo, Pierangelo Preziosa, Leonardo Venturi, Federico Zini
*Accademia del Maggio Musicale Fiorentino
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