Comitato direttivo
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Luigi Corsetti in un'immagine recente
Ci sono persone buone, umili, discrete che pochi conoscono, ma che hanno saputo legare il proprio nome e soprattutto la loro passione e generosità intellettuale al servizio della cultura. Sono quelle persone poco note, conosciute in un ristretto ambito locale per le quali si dovrebbe creare una onorificenza apposita: “eroe silenzioso della cultura”. Certo sarebbe difficile trovare l’occasione per consegnargliela, perché si sottrarrebbe al piccolo momento di fama, protesterebbe per rimanere dietro le quinte, si schernirebbe con modestia (quella vera, autentica, nobilissima) di fronte al riconoscimento.
Luigi Corsetti era una di queste persone.
Nato 63 anni fa a Poggio a Caiano si era innamorato fino da giovane della figura del più celebre poggese del ‘900, Ardengo Soffici, e pur non essendo uno studioso di professione e forse neppure per diletto aveva scelto Soffici come stella cui rivolgere la prua della sua navigazione su questa terra.
Prima impiegato, poi dirigente del Comune di Poggio a Caiano, Corsetti aveva poco a poco, con determinazione e costanza messo la propria passione al servizio della comunità affinché il nome e l’opera di Ardengo Soffici brillassero nel firmamento della piccola cittadina toscana, affinché la provincia, spesso poco riconoscente ai suoi figli più brillanti e importanti, non osservasse la regola dell’oblio così comune specie nelle piccole realtà locali della Toscana (chissà perché).
Diversi anni fa aveva fondato, Luigi Corsetti, un’associazione dedicata al pittore toscano e con quella aveva cominciato a produrre piccole ma ben fatte pubblicazioni dedicate a Soffici chiedendo contributi ai più noti studiosi dell’artista, ma anche cercando e valorizzando i più giovani studiosi.
Sarebbe stato facile, “cavalcare” il nome di Soffici per brillare di luce riflessa, sarebbe stato facile costruire su quella luce riflessa il proprio podio di celebrità (il mondo è pieno di nani che si arrampicano sulle spalle dei giganti e da quelle altezze pontificano e si gloriano). Ma Luigi non era interessato a promuovere se stesso, Luigi (per questo ho parlato di generosità intellettuale) era una di quelle rare figure di devoto che non chiede grazie per sé ma solo desidera la gloria dell’oggetto della propria passione.
La sua passione era nata leggendo tutto quello che Soffici aveva scritto e tutto quello che su di lui altri avevano pubblicato; si era dedicato con la passione del collezionista a rintracciare tutto quello che potesse trovare legato a Soffici, prima nelle librerie antiquarie, fra i libri usati e poi, quando internet aveva aperto le sterminate praterie della ricerca on line, ovunque nel mondo.
Ma Luigi non era il collezionista-tipo: geloso e avaro; Luigi sapeva e voleva che Soffici fosse patrimonio di tutti, anche a dispetto della damnatio memoriae che aveva perseguitato l’artista, reo di non essere stato mai antifascista (nella rossa Toscana!).
Così tessendo silenziosamente, ma testardamente una tela virtuosa era riuscito a far nascere presso le scuderie della Villa medicea di Poggio a Caiano (la Villa dell’Ambra a cui Soffici aveva dedicato un’ode neoclassica negli anni ’30) il “Museo Ardengo Soffici”; va detto ad onor del vero che l’amministrazione locale, sempre rigorosamente di sinistra, si era fatta persuadere di buon grado a seguire il progetto di Corsetti, o forse Luigi era riuscito a trasmettere anche a chi ideologicamente avrebbe volentieri calato un velo di oblio, la propria passione.
Il museo dedicato a Soffici completava quello che Luigi personalmente non avrebbe mai potuto realizzare, perché un conto è comprare dei libri altro dei quadri di un artista dalle quotazioni non propriamente popolari. In effetti, non so se il museo abbia acquistato delle opere dell’artista o se conservi ed esponga quello che Luigi Cavallo ha prestato della sua non trascurabile collezione. Fatto sta che il museo c’è, e da diversi anni organizza mostre ed eventi. L’ultima, dedicata a Soffici e Carena, Luigi l’aveva inaugurata la settimana scorsa. Il suo ultimo dono alla sua Poggio e al “suo” Soffici.
Che vita bella la tua, caro Luigi, bella di passione, di orgoglio, generosità. Ti ricorderemo così, schivo, appassionato, generoso.
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