Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
È solo una noiosa conferenza stampa, organizzata in fretta e senza troppo clamore.
A Berlino est, cuore della DDR (la Germania est, what else?) nel giro di due settimane il presidente del consiglio Honecker e i membri del governo Stoph si sono dimessi in seguito alle oceaniche manifestazioni di protesta che hanno scosso il paese.
A parlare di fronte ai giornalisti è un abbacchiato “responsabile delle comunicazioni del partito”: Günter Schabowski.
Annuncia con calma olimpica (come se si trattasse di un banale provvedimento burocratico) che tutti i cittadini della DDR possono ormai ottenere (previa sola richiesta) l’autorizzazione di passare a Ovest (presenti la domanda, noi timbriamo, e Auf Wiedersehen).
Incredulità in sala. Prende coraggiosamente la parola un giornalista italiano dell’ANSA, Riccardo Ehrman, per domandare (legittimamente): scusi, ma questa “novità” quando entra in vigore? La risposta di Günter quasi, sussurrata, balbettata, fa istantaneamente crollare l’impero sovietico: “ma…che io sappia, da subito”.
Mezz’ora dopo tutta Berlino Est prende a picconate il Muro di Berlino. Inizia così la notte più bella.
E a Mosca? Sono ben decisi a non intervenire. L’Unione Sovietica è allo stremo, militarmente, politicamente e ideologicamente non ha più la forza di reagire e un’altra Budapest è totalmente impensabile.
Gorbatchev è un triste commesso viaggiatore in costante pellegrinaggio nelle capitali occidentali. Il suo lavoro consiste nell’elemosinare il credito necessario alla tenuta dell’impalcatura comunista. Fatica sprecata: la Città del Sole, l’Utopia sovietica si sta inesorabilmente sbriciolando per sprofondare nell’anarchia, la fame, il fallimento.
Nel frattempo a Berlino è ormai mezzanotte. Le guardie di frontiera che controllano il Muro, sommerse dalla folla, hanno aperto tutti i check-point, le griglie, i cancelli, tutto ciò che da ventotto anni separa la Berlino-est dal resto della Germania e del mondo (anche se il muro in realtà circonda il perimetro della Berlino-ovest, che per i sudditi del comunismo rappresenta, nei fatti, il resto del mondo).
La schiavitù e la miseria sono finite. La tristezza e la paura: finite. La menzogna istituzionalizzata: finita. Giovani dell’est e dell’ovest si ritrovano insieme a bere e a ballare su quel Muro che più di tutto ha simbolizzato la tirannia. I riflettori notturni, l’abbaiamento dei cani, le sirene che a sentirle gelano il sangue nell’apnea dell’attesa di un sordo colpo di fucile della Grenzpolizei. Tutto ciò è finito.
Nelle strade, le Trabant penetrano ad Ovest accolte da cascate di fiori, abbracci, sorrisi e birra a fiumi. È la notte più lunga, la notte più bella.
Le televisioni e le radio di tutto il mondo annunciano la fine della Storia: l’umanità entra finalmente in una nuova era di pace e di fraternità universale.
9 novembre 2019
Sono passati trent’anni da quel 9 novembre 1989. Il ricordo di quella notte è tanto più necessario ora per comprendre come e perché tutte quelle illusioni sono state tradite.
Nella stessa Germania, il processo di unificazione è stato tutt’altro che indolore. Confrontati al cataclisma della modernità occidentale, all’ultra-liberalismo, alla società di consumo, alla precarietà professionale, al multiculturalismo immigrazionista, al crollo dei valori tradizionali e al trionfo dell’individualismo, molti tedeschi dell’est hanno finito col sentirsi derubati della mediocre (ma solida e senza sorprese) stabilità del regime socialista.
I tedeschi dell’ovest, di fronte all’ingratitudine e all’improvvisa voglia di ordine illiberale (vedi i successi elettorali dell’AFD) di una popolazione di cui hanno finanziato senza badare a spese il ritorno nella società del benessere, si chiedono se questa benedetta riunificazione sia stata davvero una brillante idea.
Nel resto del mondo le cose non sono andate meglio. I pasticci degli Stati Uniti in Medio Oriente e nei Balcani, lo spudorato e insensato allargamento della Nato a est, Maastricht, la riscossa aggressiva dell’Islam radicale, la nuova prepotenza cinese, il sultano Erdogan…
La Storia non è finita. Quanto alla fratellanza universale…non ne parliamo.
Certo, quel 9 novembre 1989 abbiamo festeggiato tutti, doverosamente, la fine della più sanguinosa impostura della storia.
La fine di una menzogna che pretendeva cambiare l’uomo in nome di un ateismo scientifico e di un materialismo che volevano liberarci per sempre da quelle “alienazioni” spirituali che da sempre davano un senso alla nostra esistenza.
Ma a cadere, quella notte, è stata soprattutto l’illusione che la Storia possa essere scritta una volta per tutte, l’illusione di potersi sentire vincitori, liberi, per sempre. Altre guerre sono arrivate, il male fa costantemente capolino all’orizzonte, pronto a mutare geneticamente, a sorprenderci con nuove forme sempre più sornione, seducenti e talvolta difficili da nominare o comprendere.
Poco importa, la notte più bella, quella in cui crollò il regime che non doveva crollare mai in fondo ci ricorda e deve ricordarci che di fronte al male ci saranno sempre uomini pronti a levare il capo per combattere perché la disperazione, in politica, è davvero una stupidità assoluta.
Per questo La notte più bella mi ricorda ad ogni anniversario le parole di quel polacco, quel Karol Wojtyla che diceva: Non abbiate paura.
Inserito da gomesse il 26/05/2022 14:28:04
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Inserito da paleolibertario il 17/11/2019 19:03:10
È triste dirlo ma all'epoca la maggior parte di quelli di sinistra non era affatto contenta dell'abbattimento del muro. La verità è che il libero mercato funziona meglio del collettivismo e ha portato benessere in tutto il mondo. L'economia ha le sue leggi che non possono essere disconosciute, ciò non contrasta con i valori tradizionali. Alternative für Deutschland non è semplicemente voglia di "ordine illiberale" (forse c'è stato uno sbaglio nello scrivere) ma è una speranza di salvezza delle identità. Poi, intendiamoci, neanch'io voglio un mondo unipolare a trazione americana.
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