Editoriale

Il talk di distrazione di massa e quello di indottrinamento

Due tipi di talk, un solo obbiettivo: far fesso il telespettatore

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

sistono due tipi di talk show che si alternano sui canali televisivi secondo le esigenze imposte dal momento politico. Il primo è quello che definirò il “talk di distrazione di massa”: è il più insidioso, pervasivo, e soprattutto subdolo. Il secondo, il “talk di indottrinamento di massa” è più ovvio, direi quasi banale, ed è caratterizzato dalla persistenza ossessiva.

Il “talk di distrazione di massa” è subdolo perché sembra interpretare i desiderata dei telespettatori, la loro indignazione, la rivolta del cittadino vessato; sembra dire: caro cittadino che ti senti suddito ci sono qui io che con il potente mezzo della tv do voce a te che non puoi farti sentire, racconto la tua storia, grido forte la tua indignazione come fosse la mia. È un talk rassicurante come rassicuranti sono i conduttori, bravissimi ad intercettare e condividere con parole di solidarietà i problemi che più urgono nelle famiglie italiane deluse dalla politica e dai politici, stanche di essere menate per il naso con promesse mai realizzate. Essi portano il microfono amico e denunciante nelle case dei meno abbienti, dei vessati dal fisco, dei torturati dalle sanzioni, dei perseguitati dalle norme assurde, degli ultimi con una pensione da fame, degli operai licenziati, dei lavoratori sfruttati da un sistema ingiusto e via dicendo. E ogni volta quel talk si fa portavoce dell’italiano senza voce, megafono della sua indignazione.

Ogni volta che ho ascoltato uno di questi talk mi sono detta  (ed ogni telespettatore credo faccia o abbia fatto lo stesso): meno male che qualcuno denuncia insistentemente lo squinternato sistema Italia andando al cuore del problema, e non lo fa una volta, ma martella sul tema dedicando più puntate… questo è senz’altro il modo perché chi ha il potere si accorga di quanto malessere c’è nel nostro paese e se non vuole una rivolta di piazza sicuramente in qualche modo comincerà a provvedere.

Peccato che dopo anni e migliaia di ore di trasmissioni di denuncia niente sia successo. Possibile che il “potere” non tema questa costante denuncia, questa pervicace riprovazione, questo sobillare continuo? Già, però c’è anche un altro aspetto: possibile che nonostante questa costante denuncia, questa pervicace riprovazione, questo sobillare continuo i cittadini italiani continuino a sopportare l’insopportabile?

Certo che è possibile perché il suddetto talk ha una funzione che il potere ha compreso benissimo, perciò non si preoccupa, è un arma di distrazione di massa, ovvero il cittadino udendo la propria voce, altrimenti inesistente, ribalzare da un canale all’altro per ore e ore, giorni, mesi, trasferisce la speranza che la politica non è più capace di procurargli nella potenza dei media, e si dispone ad aspettare che la denuncia abbia finalmente effetto, che qualcosa cambi, senza rendersi conto che il fine è proprio quello, illuderlo di avere voce, moltiplicare il suo urlo di indignazione al punto che il suono diventa indistinto, e alla fine inutile.

Il “talk di indottrinamento di massa” scatta soprattutto quando una parte politica individua nell’avversario la possibilità che esso guadagni consensi, come si diceva, è assai banale, ovvio, ampiamente collaudato nei modi e nelle strutture. Come nel caso precedente è ossessivo e martellante. A differenza del primo non si affida alla vox populi, ma a quella degli opinionisti, dei cosiddetti maître à penser, degli intellettuali in servizio permanente effettivo che hanno in tasca la verità, il giusto pensiero, il rigore morale, la superiorità etica e nei talk rovesciano le tasche inondando l’etere di luoghi comuni, di vecchie formule trite e ritrite, appellandosi ad antichi fantasmi (primi fra tutti il razzismo, il fascismo, l’antisemitismo, la democrazia a rischio e via dicendo). Sono i primi a non credere in quello che dicono perché a dispetto di quello che sembra, tranne qualche raro caso, sono intelligenti, magari non tanto preparati, non eccessivamente colti, ma sicuramente molto impauriti di essere scalzati dal ruolo di benpensanti, di maestrini col ditino alzato che il talk gli offre lusingando il loro narcisismo.

I conduttori anche in questo caso si fanno sodali e condiscendenti, porgono domande di cui sanno già la risposta, offrono un pulpito al predicatore, integrano là dove l’opinionista abbia dimenticato la battuta del canovaccio che tutti conoscono.

Il fine dovrebbe essere quello di convincere il telespettatore a non lasciarsi irretire dal suadente messaggio dell’avversario in ascesa di consensi.

A differenza del primo, questo talk sembra mostrarsi assai inefficace, ma piuttosto noioso.

In alcuni casi i due tipi di talk possono convivere in un’unica puntata, e allora siamo al delirio ossimorico, da una parte con il talk di distrazione di massa si esercita il populismo più ortodosso, dall’altra, dopo la pubblicità, con il talk di indottrinamento di massa si combatte il populismo nemico della democrazia!

Che volete farci, è la tv bellezza!

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