I fasti del comunismo

KATYN: memoria di una strage. Ottanta anni fa l'ordine del Politburo: applicare la punizione suprema.

Uno dei tanti, orrendi crimini di cui non si deve parlare, o al massimo sottovoce, come una sorta di incidente di percorso.

di Luca  Costa

KATYN: memoria di una strage. Ottanta anni fa l'ordine del Politburo: applicare la punizione suprema.

Ottant’anni fa il massacro noto come La Strage di Katyn: l’élite polacca trucidata per volere di Stalin e Krusciov

 

5 marzo 1940, 5 marzo 2020. Ottant’anni sono passati dall’ordine 794/B firmato dai membri del Politburo del Partito comunista dell’Unione sovietica. Letteralmente (nel testo del documento originale, consegnato nel 1992 da Boris Elstin a Lech Walesa) : applicare la punizione suprema: la pena di morte per fucilazione a 14700 polacchi, ufficiali, funzionari, proprietari terrieri, agenti di polizia [ecc.], - oltre che a 11000 polacchi membri di varie organizzazioni contro-rivoluzionarie di spie e di sabotatori […]

Il linguaggio inumano e paranoico che dal 1917 caratterizza ogni discorso bolscevico.

Che cos’è la strage di Katyn? Cosa rappresenta nella storia della Polonia e dell’URSS?

 

Genesi di una strage

 

Il 17 settembre 1939 Stalin invade la Polonia da est. Immediatamente, 230.000 soldati polacchi sono fatti prigionieri dall’Armata Rossa e deportati in Unione Sovietica.

Tra loro, vi sono circa quindicimila ufficiali che vengono divisi in tre gruppi, schedati e destinati in tre campi di concentramento (gulag) diversi : Storobielsk, Kozielsk e Ostachkov. Si tratta di tre monasteri ortodossi espropriati ai monaci durante la guerra civile tra Bianchi e Rossi (1917-1922) : i monaci furono tutti brutalmente uccisi (costretti a bere piombo fuso), i monasteri trasformati nei primi gulag e utilizzati per le esecuzioni sommarie di migliaia di Bianchi.

I quindicimila ufficiali polacchi non conoscono le ragioni né le conseguenze della loro deportazione. Sono ormai nelle mani dei miliziani del NKVD, la terribile polizia politica creata da Lenin nel 1917 con il nome di Čeka, contrazione di Večeka (ВЧК - VČK), acronimo di Commissione straordinaria di tutte le Russie per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio.

 

Facciamo un passo indietro.

Al momento della sua costituzione, la Čeka conta circa 600 uomini, nel 1921 sono 250.000. A partire dal 1922 il numero degli agenti è segreto.

Dal 1920 la sede della Čeka si trova a Mosca, piazza della Lubianka, in un immenso palazzo che serve anche da prigione nel cui sottosuolo si torturano e si uccidono i nemici, veri o presunti, del regime sovietico.

I leader del NKVD sono dei sadici, dei mostri, degli spietati assassini senza scrupoli divorati dall’ambizione. Djerzinski, Iagoda, Iejov, Beria, i nomi dei leader del NKVD che nel corso degli anni sono diventati la vera colonna vertebrale del regime. Cani da guardia di quel muro di menzogne e violenza chiamato Unione Sovietica. Anche dopo il cambio di nome da Čeka a NKVD, i membri della polizia si sono sempre auto-definiti come Čechisti.

 

Il boia del NKVD è Vasily Blokhin, comandante delle esecuzioni sommarie, una macchina per uccidere. Nominato direttamente da Stalin viste le sue performance eccezionali, Blokhin può sparare colpi alla nuca delle vittime designate al ritmo di un’esecuzione ogni due minuti. Che cos’ha a che fare un tale dettaglio con la strage di Katyn?

Per sostenere il ritmo notturno di uccisioni, Blokhin non può servirsi del classico revolver sovietico, il Nagant M1895. È troppo pesante e soprattutto si surriscalda velocemente divenendo così inutilizzabile.

Per questo motivo, negli anni ’30 Blokhin ordina l’acquisto di uno stock considerevole di pistole tedesche Walter calibro 7.65, leggere, precise e resistentissime.

L’NKVD sovietico uccide con pistole e pallottole tedesche. Ma nessuno lo sa.

 

Altro dettaglio importante: quando l’NKVD ammazza senza sosta, il numero dei morti è elevatissimo. Centinaia ogni giorno. Morti che devono scomparire nel silenzio sovietico, che non possono certo trovare degna sepoltura. La prassi čechista prevede fosse comuni scavate in mezzo alla foresta russa. I cadaveri vengono ammassati, la fossa viene chiusa e immediatamente vengono piantati pini o abeti, come tutt’intorno alla fossa. Sono alberi che crescono velocemente. Le tracce della strage scompaiono nella natura.

 

Durante le purghe staliniane, 750.000 russi accusati di essere nemici del regime svaniscono nel nulla ogni anno. Per Stalin non è abbastanza. Il 15 marzo 1938 Iagoda, capo del NKVD, viene liquidato nel sottosuolo della Lubianka e Beria è nominato nuovo capo della polizia.

 

Krusciov e Beria in Polonia

 

Il 23 agosto 1939 Hitler e Stalin firmano il patto di non aggressione”, i cui protocolli segreti prevedono, appunto, la spartizione della Polonia ; sancita definitivamente con il Trattato di amicizia e di delimitazione delle frontiere, siglato tra nazisti e comunisti il 28 settembre.

Il 1 settembre Hitler invade la Polonia da ovest, il 17 Stalin la invade da est.

 

Nel settembre del 1939, Beria ha una nuova missione :  aiutare Nikita Krusciov (nominato a capo della Polonia occupata) a sovietizzare il paese. Come? Eliminando tutti i polacchi ritenuti non sovietizzabili.

Per ordine di Krusciov e Stalin, tutti gli ufficiali polacchi catturati dall’Armata Rossa devono essere immediatamente consegnati al NKVD.

I soldati rinchiusi nei vari monasteri-gulag sono sottoposti a un lavaggio del cervello marxista estremamente rigoroso; ogni giorno, senza sosta, un indottrinamento fatto di film, letture, lezioni. E interrogatori notturni per sapere tutto sulla loro vita privata: abitudini; idee, amici, famiglia.

Krusciov ha ricevuto da Stalin l’ordine di annientare letteralmente la civiltà polacca. La cultura, la lingua, la religione, i costumi. Tutto deve scomparire e tutto deve essere sostituito dal comunismo sovietico.

 

Beria studia quotidianamente i dossier che i suoi agenti gli inviano dai tre monasteri-gulag : tutti gli ufficiali polacchi vengono definiti come “impermeabili al processo di  sovietizzazione”; ogni tentativo di “rieducazione” comunista è miseramente fallito, al punto che i polacchi : continuano ad organizzare messe clandestine nei campi (non pochi ufficiali riservisti sono in effetti dei sacerdoti).

 

Il 5 marzo 1940, Beria invia a Stalin la circolare 794/B : “propongo di applicare la punizione suprema: la pena di morte per fucilazione ai 14700 polacchi ufficiali, funzionari, proprietari terrieri, agenti di polizia [ecc.], detenuti nei tre monasteri - oltre che a 11000 polacchi membri di varie organizzazioni contro-rivoluzionarie di spie e di sabotatori detenuti in altri campi”.

 

La proposizione 794/B è sottoposta ai membri del politburo comunista:

Stalin, Boroscilov, Mikoian, Molotov la firmano di persona.

Kaganovic e Kalinin la approvano per telefono.

Krusciov non risponde, ma il suo assenso è dato (ovviamente) per scontato.

 

Inizia la strage

 

Comincia così la strage, uno degli orrori più disumani del XX secolo.

Stalin e Beria si accordano sul massacro di 25000 persone. Affinché l’operazione vada a buon fine Stalin precisa che i condannati a morte dovranno credere fino all’ultimo istante che stanno per essere liberati.

6287 prigionieri del monastero di Ostachkov vengono trasportati a Kalinin, in una prigione dove vengono uccisi con un colpo di pistola alla testa, al ritmo di 300 per notte.

3896 prigionieri di Starobielsk sono diretti alla prigione di Kharkov per subire la stessa sorte.

4404 ufficiali polacchi detenuti a Kozielsk vengono portati nei pressi di Smolensk, nella foresta di Katyn, per essere uccisi senza sosta, giorno e notte. Di notte nella Dacia degli agenti del NKVD, di giorno direttamente sul bordo delle fosse comuni, appena scavate.

L’NKVD continua inoltre a deportare senza sosta polacchi a Kharkov, Kiev e Minsk. Fino al 22 maggio altri 7305 soldati e ufficiali vengono uccisi con la procedura abituale: un colpo di postola alla nuca.

Quaranta agenti del NKVD, in sei settimane, hanno ammazzato 25000 persone con un colpo di pistola alla nuca. Con pistole tedesche, Walter calibro 7.65. Le uniche in grado di sopportare un tale ritmo.

Con un ordine top secret del 26 ottobre 1940, Beria ricompensa i suoi 40 boia con un mese di stipendio extra. Un fatto pressoché unico nella storia dell’URSS.

 

L’orrore sovietico non si ferma: Stalin, Krusciov e Beria ordinano immediatamente la deportazione nei gulag dei familiari dei 22000 ufficiali polacchi assassinati. In sole due notti 65000 persone sono arrestate e deportate. I comunisti cancellano le tracce della strage e si sbarazzano di altri polacchi considerati non sovietizzabili.

 

 

Colpo di scena

 

Il 21 giugno 1941 Hitler dichiara guerra all’URSS.

Immediatamente, Churchill propone a Stalin di unire le forze contro i nazisti. I comunisti accettano.

Sorge un problema: La Gran Bretagna è alleata con il governo polacco in esilio, guidato dal generale Władysław Eugeniusz Sikorski (tra l’altro un ex socialista), il quale chiede a Churchill di intercedere presso Stalin per la liberazione di tutti i polacchi detenuti in Unione sovietica (Stalin preciserà con malizia che saranno amnistiati e non liberati), nonché il riconoscimento (una volta terminata la guerra) dell’integralità delle frontiere polacche del 1939.

Churchill, Sikorski e Stalin si incontrano. Il leader comunista accetta di liberare i polacchi e di permettere la formazione del Secondo Corpo d’Armata polacco (Polish II Corps) guidato dal generale Władysław Anders. Sulle frontiere invece…

Anders, catturato nel 1939, ha passato quasi due anni nel carcere della Lubianka ed è stato più volte torturato dagli uomini del NKVD di Beria. Beria in persona lo libera,  chiedendogli con grande naturalezza: un thé ? Una sigaretta ? Dimentichiamoci degli screzi passati!

 

Anders viene informato della situazione e si mette immediatamente al lavoro. Ma dove sono i suoi uomini? Perché non vengono liberati ? Semplice, sono talmente denutriti e debilitati da due anni di gulag che in 93000 non passeranno l’inverno, poiché l’URSS non è in grado di rimetterli in sesto.

Ma soprattutto? Dove sono i suoi ufficiali?

Perché non si trovano? Anders contatta Sikorski a Londra: vogliamo risposte.

Ma Stalin fa orecchie da mercante: forse sono scappati, forse sono stati catturati dai tedeschi…

Tuttavia, allertata da Sikorsi, la Croce Rossa internazionale non ha dubbi: non vi sono ufficiali polacchi detenuti nei campi di prigionia nazisti.

Stalin e Molotov (entrambi firmatari dell’ordine 794/B) dicono di non sapere nulla.

 

Nella primavera del ’42, preoccupato, Anders decide di portare tutti gli uomini che è riuscito a liberare e ristabilire (circa 75000 soldati) in Persia per mettersi agli ordini di Churchill. Il Polish II Corps, eroico, indomito, sbarcherà presto in Italia e dopo aver vinto da protagonista a Montecassino libererà gran parte della penisola dal nazifascismo.

 

La scoperta dell’orrore e l’inchiesta

 

Nel 1943, i nazisti scoprono le fosse comuni di Katyn e Goebbels decide di sfruttare l’orrore a fini propagandistici e cercare di sciogliere l’alleanza anglo-russo-americana per trattare una pace separata. Tuttavia i sovietici negano ogni responsabilità.

Anders e Sikorski non possono accettare gli inviti alla prudenza di Churchill, 4404 cadaveri di ufficiali polacchi meritano la verità e chiedono un’inchiesta imparziale della Croce Rossa. La Polonia vuole sapere: chi li ha uccisi e quando? Se i cadaveri sono del 1940 i responsabili sono russi, se invece sono dell’estate 1941 sono stati i nazisti.

La richiesta di Anders e Sikorski irrita Stalin al punto che le relazioni sovietico-polacche sono ormai irrimediabilmente compromesse. Stalin definisce pubblicamente Sikorski “collaborazionista hitleriano”. La stampa anglo-americana spinge Churchill e Roosvelt ad abbandonare i polacchi per tutelare l’alleanza militare con Stalin. Uno Stalin che comincia a vincere e a premere verso ovest.

 

L’inchiesta sui cadaveri inizia e dura 5 settimane, sono presenti 12 tra i migliori medici legali d’Europa guidati dal capo dell’istituto di medicina legale di Cracovia: Marian Wodzinski. I risultati non lasciano dubbi: la strage è del 1940. Non solo studi prettamente medici lo dimostrano, non ci sono tracce di insetti, quindi la strage non può essere estiva (come invece sostengono i russi), inoltre, sui cadaveri non sono presenti documenti posteriori al 20 aprile 1940, infine, gli alberi che sono stati piantati sulle fosse comuni hanno tre anni e non possono quindi essere del ’41. Sono stati i sovietici, nel ’40.

Ma allora…perché le pallottole che hanno sfondato il cranio delle vittime sono tedesche: Walter 7.65 ?! Lo stesso Goebbels non crede ai suoi occhi. I russi hanno fatto il colpo con pistole tedesche. Come fare a spiegarlo all’opinione internazionale?

Ma non c’è tempo per ulteriori approfondimenti, l’Armata Rossa sta arrivando.

 

Nel luglio 1943 Churchill e Roosvelt sanno cos’è successo a Katyn, sanno cosa Stalin ha fatto alla Polonia, ma decidono di non rendere pubblico il dossier dell’inchiesta. Stalin ha battuto Hitler e ormai è e sarà il padrone della Polonia.

Una volta cacciati i nazisti e recuperato il controllo di Smolensk e Katyn, la propaganda sovietica si mette in moto organizzando una patetica messa in scena per scaricare sui nazisti le responsabilità della strage: documenti falsi datati 1941 fatti trovare sui cadaveri, testimonianze fasulle, ecc.

Al mondo intero sta bene così, l’URSS ha battuto la Germania, questo deve bastare.

 

Immediatamente, su Katyn e sul destino della Polonia intera, scende il sipario della cultura del segreto tipica del comunismo: non se ne deve parlare, non si deve dire, non si deve sapere. Il mondo dovrà attendere cinquant’anni per conoscere la verità su uno dei più agghiaccianti crimini del ventesimo secolo. Pronunciare la parola Katyn nella Polonia del dopoguerra può valere l’arresto e la deportazione.

 

La verità su Katyn

 

Il 5 marzo 1959, anniversario di Katyn, Alexandre Chelepine, capo del KGB, scrive a Krusciov per congratularsi con il Partito comunista sia per la strage che per la magistrale opera di disinformazione globale, consigliando però di distruggere ogni prova d’archivio. Non sarà ascoltato.

 

La verità, pian piano emerge, fino al crollo del regime sovietico, quando ormai tutti sanno.

Per volere di Boris Eltsin, nel 1992 al presidente polacco Lech Walesa sono consegnati i  documenti top secret del «Plico sigillato n. 1». Tra questi vi erano: la proposta del marzo 1940, di Lavrentij Berija, di passare per le armi 25.700 polacchi dei campi di Kozelsk, Ostashkov e Starobels e di alcune prigioni della Bielorussia e dell'Ucraina occidentali, con la firma (tra gli altri) di Stalin; estratti dell'ordine del Politburo del 5 marzo 1940; e la nota di Aleksandr Šelepin a Nikita Chruščëv del 3 marzo 1959, con informazioni sull'esecuzione di 21.857 polacchi e con la proposta di distruggere i loro archivi personali.

 

Solamente nel 1992 avviene il riconoscimento della piena responsabilità della strage da parte dei russi. Dopo mezzo secolo di menzogne. Menzogne di cui le sinistre di tutta Europa sono state complici.

 

Del martirio degli ufficiali polacchi non vi è ancora traccia sui manuali scolastici. Sui media l’anniversario di Katyn non troverà spazio. Il 99 per cento degli italiani non sa chi sia il generale Anders e ignora il contributo polacco alla liberazione dell’Italia.

Mentre il nostro paese da mezzo secolo si affanna per gettare alle ortiche la propria identità culturale, la propria religione, la propria civiltà, occorre ricordare con urgenza e rigore cos’è successo a Katyn.

Oltre la metà dei militari polacchi condannati a morte da Stalin erano ufficiali riservisti, l’élite della nazione polacca: medici, avvocati, professori, ricercatori, preti, artisti, architetti, imprenditori. I comunisti hanno cercato una vera e propria pulizia etnico-culturale, hanno cercato di sradicare le fondamenta della civiltà polacca, attraverso l’annientamento delle colonne portanti della sua identità nazionale. Cancellare l’identità di una nazione per dominarla. Un popolo intero si è battuto, decine di migliaia di polacchi sono morti per difendere la propria nazione, la propria identità, la propria fede.

Oggi l’URSS è morta e sepolta. La Polonia vive.

 

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da francesco il 07/03/2020 00:05:44

    Del martirio degli ufficiali polacchi non vi è ancora traccia sui manuali scolastici. Sui media l’anniversario di Katyn non troverà spazio. Il 99 per cento degli italiani non sa chi sia il generale Anders e ignora il contributo polacco alla liberazione dell’Italia.

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