Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
diventando deprimente vivere in questo paese che pure è il più bello del mondo. Come fare a convincere un giovane a rimanere qui, a non esportare, definitivamente, ahinoi, la propria intelligenza in un altrove che gli offre, non ponti d’oro, ma almeno la possibilità di sopravvivere seguendo la propria vocazione e soprattutto è in grado di premiare il merito? Confesso che non ho argomenti da opporre a mia nipote quasi trentenne che mi dice : – Zia, io me ne devo andare, qui non si può lavorare, non ho futuro! Giulia che ha ereditato (ahilei!) l’amore per l’arte e le lettere, male di famiglia che risale al nonno. Giulia che ama disperatamente l’Italia e la sua lingua al punto da rinunciare, a 19 anni, a trasferirsi con la madre per un anno in America con un argomento che mi lasciò senza fiato per il coraggio e la saggezza (se i tempi fossero stati più onesti e non furfanti): –Amo la scrittura, voglio scrivere e devo impossessarmi della mia lingua in maniera profonda e totale, non posso, a diciannove anni, immergermi in un’altra lingua e cultura, perderei la possibilità di formarmi compiutamente nella mia. Lo so che sembra una follia, e lo sarebbe se volessi fare altro, qualsiasi altra cosa, che non fosse la scrittura nella mia lingua. Non voglio diventare uno dei tanti scrittori solo di storie, voglio diventare uno scrittore di storie e di stile perché le storie nascono dalla lingua. Confesso che non seppi cosa opporle, aveva ragione lei, aveva dei sogni, una vocazione salda alla quale era disposta a sacrificare anche un’opportunità allentate come quella di trascorrere un anno negli States. Certo avrei potuto dirle che anche i sogni hanno un limite, che si possono rimandare di un anno, che la vita si sarebbe incaricata di disilluderla mettendola di fronte alle esigenze pratiche e alimentari. Forse non sono stata una buona zia, ma non me la sono sentita di unirmi al coro (legittimo e comprensibile, forse anche giusto) di chi le diceva di approfittare dell’opportunità di imparare l’inglese: –l’italiano è la tua lingua non lo dimenticherai lo riprenderai al tuo ritorno. Anzi ho fatto di peggio, le offerto la mia casa per quell’anno di lontananza della madre! Oggi Giulia, dopo aver frequentato l’Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, sta prendendo una laurea magistrale in Letteratura italiana, è una promettente drammaturga, scrive eccellenti cose che questa rivista pubblica con un gradimento dei lettori che mi consola e, soprattutto non si è mai pentita della scelta fatta anni fa. Tutto bene dunque? No. Perché, se Giulia non ha pentimenti riguardo alla scelta fatta dal punto di vista formativo e culturale, in questi anni ha dovuto dolorosamente fare i conti con la realtà di questo paese, bellissimo e ingrato. Era convinta, Giulia e non solo lei, perché tanti giovani bravi della sua generazione hanno coltivato le stesse convinzioni, che il merito premia, presto o tardi la bravura, la capacità, il valore sarebbero stati riconosciuti. Forse funziona in alcuni campi, quelli scientifici, ma il merito purtroppo nella cultura, non conta, non è moneta spendibile a meno che non ci si adatti a sottoscrivere compromessi (rispetto alla propria visione, ai propri valori, alla propria impostazione estetica). E allora? Allora non resta che andarsene, cercare fortuna altrove distogliere da questo dannato e bellissimo paese un'altra intelligenza, un’altra professionalità, lasciarlo più povero di giovani, gli unici che potrebbero, se gliene fosse data l’opportunità, provare a risollevarlo, ad emendarne i tanti troppi difetti, salvarne la straordinaria, immensa, impagabile tradizione culturale. Ma sì, Giulia vai via cerca altrove la possibilità di seguire il tuo sogno, regala ad un altro paese i tuoi talenti. Lo dico con la morte nel cuore, perché vorrei urlare, no, Giulia, non andartene, rimani, combatti, combatti per restituire (insieme a tanti altri giovani che come te ci credono e hanno le capacità) a questo paese che ami, la speranza. Vorrei poterti promettere che andrà meglio, che basta stringere i denti per qualche anno e poi… Ma non posso, non solo non posso promettertelo, ma non posso neppure sperarlo e allora ti dico: vai se riesci a fare a meno della impareggiabile bellezza che ogni in angolo di questo paese ti incanta e nutre la tua anima di giovane artista; vai se puoi riconvertire la tua eccellente capacità di formulare pensieri, creare immagini, suggerire riflessioni, trasmettere emozioni in una lingua diversa da quella che hai voluto coltivare con tanto amore in questi anni. Vai, Giulia, se puoi rinunciare alle tue radici, quelle profonde che, come diceva Tolkien, non gelano neppure se costrette ad un lungo inverno e ti nutrono di quella linfa vitale che proviene da una civiltà che ha impregnato il mondo di sé. Vai Giulia, perché questo paese non ti merita. Però, quando deciderai, ricorda che questo stesso paese colpevolmente ingrato ha bisogno di te, di quelli come te, per sperare nel futuro. PS Giulia in questi anni l’inglese lo ha comunque imparato.
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