RACCONTI DI UN'ALTRA STAGIONE

14. Una mattina a Carnevale

Breve storia d'una donna che amava danzare

di Giulia Bartolini

14. Una mattina a Carnevale

In un altro momento,

in un mondo simile al nostro,

in un’altra stagione, c’era una volta una donna.

Viveva in una bellissima città del Nord, con una piazza che sembrava tanto piazza San Marco, una serie di viuzze strette-strette che sembravano tanto delle calli e un umido- freddo- vento del nord che sembrava tanto quello di Venezia.

Era una ballerina mancata. Non l'avevano mai fatta lavorare, non aveva mai potuto ballare eppure, ogni carnevale, scendeva in piazza e danzava, vestita del suo profumo migliore.

Danzava come si danza nei teatri d’opera, sul ciglio del burrone, prima di cadere, sconfitti dalla gravità.

Aveva un innamorato. Un ragazzo dagli occhi chiari, innocente, puro, che s’era perso nelle sue danze, nei sorrisi di quella ragazza che viveva nella retorica di quattro spiccioli in un buco impolverato con un letto e un pianoforte.

Era Martedì Grasso. Si alzò dal letto, cercando di non svegliarlo, e cominciò a pettinarsi. Uno, due, tre colpi di spazzola. I capelli le ricadevano in lunghe ciocche castane dai riflessi color miele. Prese le calze e le indossò, seduta sul bordo del letto: bianche e rosse. Felice, frenetica, come una bambina. 

 

Il Carnevale è a Venezia e Venezia ama il carnevale. 

 

Prese il corpetto, bianco e rosso. Lo schiacciò sul seno, sui polmoni, sulle ossa…inspirò forte e si chiuse. Un foulard le passò attorno al collo, di seta rossa. Era lui. La baciò, si buttò sul letto, a pancia in su, ridendo. Lei sorrideva. Chiuse gli occhi e afferrò la sottana, la indossò cercando di rimanere in equilibrio, fino a scomparire per un attimo nel bianco. La luce dalla finestra arrivava opaca e spenta. Lui era così bello, scolpito nel marmo del copriletto, come affondato in un feretro, tanto s’era abbandonato. Lei cominciò a ridere e intanto corse al vestito, lo indossò e prese la maschera in mano, rossa e bianca, scese di corsa le scale, lui la seguì correndo: "Il Vestito! È aperto!", cercò di chiudere i bottoni mentre lei non si fermava, ridendo, continuando a ridere.  

Tutti sanno che Il Carnevale ama Venezia e che Venezia ama il carnevale. Cominciò a danzare in mezzo alla piazza: un bottone del vestito ancora slacciato, un angolo del sorriso quasi strappato, urlando al mondo che 

 

il pudore sta sotto a tanti strati quanto quelli che uno si costringe ad indossare!

 

Lei rideva e lui la guardava. I colori si confusero con la massa e la massa confuse i colori, le parole, le maschere. Lui e lei si persero, poi si ritrovarono e si sedettero su di un ponte a parlare dei venti e i colori li ascoltavano attenti; il sole nel cielo era già basso e la luce era poca e forse ora, in quella stanza, la finestra sarebbe sembrata più piccola: "Il sole sta calando" disse lui e lei saltò in piedi di corsa, ridendo, corse sul ponte, lui la seguì, combattuto tra la voglia di superarla e il desiderio di perderla e non trovarla più.

Trovò la porta, salì di corsa le scale, la maschera scivolò ai piedi della rampa, lui inciampò, cadde, si rialzò, ridendo. Lei arrivò in camera e si buttò sul letto, ci affondò. Lui si buttò su di lei e ancora si guardarono negli occhi, e ancora risero, e ancora s’amarono.

Poi lei si alzò, prese lo specchio e lo staccò dalla parete. Lo appoggiò sul letto accanto a lui, per guardarsi, per trovarsi. Ci si sdraiò sopra

 

è piacevolmente freddo contro la pelle nuda delle gambe 

 

e risero, risero talmente tanto che lo specchio si ruppe. 

Un taglio sulla gamba di lei e le lenzuola bianche cominciarono a macchiarsi.

 

C’è Mozart nell’aria. 

 

La luce che entrava dalla finestra era ormai poca, ma non opaca, il sole era basso sull'orizzonte. Ma non era il tramonto, era l’alba ormai…

Dopo essersi persa nella musica, si girò e si chiese perché il letto fosse rosso, poi guardò il taglio sulla gamba. 

 

Quanto sangue è uscito. 

Passerà.

 

Lui la guardava, dolce, ancora sdraiato.

Lei sorrise e si rivestì, si fece rincorrere sulle scale mentre il Carnevale amava Venezia e lei amava il Carnevale. Corse tra la gente, volteggiò nella piazza, un bottone del vestito sempre slacciato, un angolo del sorriso ancora strappato.

Si sedettero sul molo a parlare delle onde e colori diversi da quelli del giorno prima li ascoltarono.

 

"Il sole sta calando" disse lui e tu corresti via; lui ti inseguì per le calli, ma non sentisti il suo respiro affannato e lui non ti superò mai.

 

Lei si voltò, improvvisamente, e lo vide lontano. Rise e continuò a correre poi si voltò nuovamente e vide che non c'era più. Rise e sicura salì le scale.

 

Lo troverai in quella stanza, ad aspettarti.

 

La maschera cadde e scivolò ai piedi della rampa. Lei arrivò in camera e lo vide.

Si gettò su di lui, era lì sul letto, sdraiato: lo abbracciò e lo baciò e lo guardò e rise.

 

Il letto è macchiato di rosso, il corpetto è macchiato di rosso, la gonna è macchiata di rosso….

 

…ma non le importava della ferita alla gamba, si spogliò di quei vestiti macchiati e lo abbracciò… e vide che la gamba era guarita, nessuna ferita; continuò a ridere e i capelli si sporcarono e si annodarono nel rosso, scese dal letto per mettersi a ballare e scivolò sul pavimento macchiato

 

“Da dove viene tutto questo rosso? Povero marmo bianco.

È tutto rosso e bianco, rosso e bianco.”

 

 

Nell’aria risuonava Mozart, ancora.

Corse da lui: non si muoveva. Lo baciò: non ricambiava. Gli occhi aperti la fissavano e ridevano. Immobili. Completamente rosso. Cadde per terra. Nell’aria Mozart sembrava cantare:

 

“Che cosa hai fatto? 

La tua camera è piena di sangue e c'è un uomo morto sul tuo letto. 

Che cosa hai fatto? 

Il Carnevale è finito da una settimana e il tuo costume è pieno di rosso. 

Eri arrabbiata…perché non potrai mai danzare? 

Perché non potrai mai danzare?”

 

 

Lei non rispose a Mozart, aprì la finestra, chiuse gli occhi e sentì per l’ultima volta la sua risata. Guardò fuori: il buio della notte era pieno di punti bianchi, e rossi. La luna non c'era. Scese a cercarla nel canale sotto casa. Dieci metri sotto casa. Accanto al marciapiede di pietra.

Bastò un attimo. Bastò un passo.

Dalla finestra, guardando in basso, non si vedevano che punti bianchi e rossi. 

Nell'aria c'era ancora Mozart. Requiem.

 

 

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