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Cerimonia degli addii

Roberto Melchionda la passione per la filosofia

Raffinato intellettuale, studioso di Julius Evola il suo ricordo attraverso l’amicizia con Sigfrido Bartolini

di Simonetta  Bartolini

Roberto Melchionda la passione per la filosofia

Roberto Melchionda (1927-2020)

È difficile dire addio ad un vecchio amico, soprattutto se apparteneva alla schiera degli amici “ereditati”. Classe 1927 Roberto Melchionda, che mi è piaciuto definire amico, in realtà tale lo era stato per oltre un quarantennio di mio padre, poco più giovane di lui, e non si può non voler bene, non coltivare la stima affettuosa per chi ha rappresentato non solo una presenza costante nella propria vita in famiglia, ma anche una eccellenza raffinata nell’ermeneutica filosofica di cui era cultore dilettante. Uso questo termine che potrebbe apparire irrispettoso solo a chi non avesse, come Melchionda, il culto dell’uso appropriato delle parole oltre la loro deriva nella vulgata depauperante dei nostri giorni. Il dilettante è colui che si dedica a qualcosa, in questo caso allo studio, per diletto, per la gioia di farlo, e non per obbligo di professione; e come tale libero  dalle imposizioni di un mestiere che deve dar da vivere, è assolutamente affrancato dal rischio della mediocrità.

Roberto Melchionda e mio padre credo si fossero conosciuti intorno alla metà degli anni ’60 quando insieme a Barna Occhini e molti altri si trovarono a dar vita a Firenze ad un quindicinale libero che si chiamava «Totalità» del quale questo magazine on line ha ripreso la testata.

E quella che voglio raccontarvi è la storia di un’amicizia così come l’ho ritrovata nelle pagine del diario di Sigfrido Bartolini che sono andata a rileggermi quando, ieri sera, ho saputo che anche Roberto se ne era andato. Se n’è andato senza disturbare nessuno, il 20 ottobre, discretamente, quasi in silenzio, con l’eleganza rispettosa che aveva contraddistinto la sua vita.

Come vi dicevo con mio padre si erano conosciuti intorno alle metà degli anni’60 la prima nota sul diario di Bartolini è datata  11 gennaio 1967 e vi si legge:

 

«Totalità» va sempre meglio, gli abbonamenti crescono, consensi e dissensi sono sempre più palesi e ufficiali; Volpe ci fa da editore per tutto l’anno. Dovrebbe essere tutto pacifico e filare il più diritto possibile se non che gli imbelli, li abbiamo con noi. Occhini fa il giornale, io l’aiuto come posso per gli scritti e ne curo la parte grafica facendo anche xilografie, ma gli altri, tranne Melchionda, (che è serio, e fa ottime recensioni, ma lavora poco) vuoto completo.

 

Eccolo lì il Roberto che poi anche io ho conosciuto, il suo ritratto sta tutto in quell’inciso fra parentesi al quale si aggiunge il senso dell’affidabilità: il giornale va avanti grazie all’impegno di tre amici: Occhini, che ne era il direttore, Melchionda e Bartolini.  Il diario poi tace su di lui fino al 1980, non si tratta di una sospensione dei rapporti fra i due amici, ma della maturazione del loro rapporto che si solidifica nella costante reciproca frequentazione e in lunghe densissime telefonate fra Pistoia e Firenze.

Adesso subentrano i mei ricordi di adolescente, poi giovane donna. Piccolo di statura, ma tutt’altro che esile, direi ben piantato, Roberto l’ho sempre visto in visita a mio padre accompagnato da Tina, sua moglie, altrettanto piccola, simpaticissima. Mi sembravano una coppia fantastica quando li vedevo arrivare aggrappati ad una enorme moto che sembrava impossibile esser maneggiata da un individuo così piccolo e che invece Roberto dominava come fosse una bicicletta. Ho poi pensato che era la perfetta metafora del suo rapporto con la filosofia al cui studio (soprattutto quella di Evola) si era dedicato per tutta la vita.

Con quella moto veniva a trovarci a Vittoria Apuana dove trascorrevamo i mesi estivi, noi ragazzi in vacanza, mio padre a dipingere. In quei due mesi estivi concentrava gran parte della sua attività pittorica.  Ecco il suo ricordo di un’inattesa visita di Roberto, Tina e la loro governante Pasqualina, presumo che questa volta avessero abbandonato la moto per una più pratica autovettura:

 

Forte dei Marmi 13 agosto 1981

Pina e i ragazzi sono andati a Pistoia, mi sono messo a lavorare: un olio piuttosto impegnativo. Non appena ho cominciato, una vespa è entrata, mi ha sorvolato ed io, per la vecchia credenza che dice la vespa foriera di visite, ho detto tra me: - speriamo bene, ci mancherebbe altro che l’arrivo di qualcuno a confondermi -. Lavoravo d’impegno, mi sento chiamare, è arrivato l’amico Melchionda con la moglie e la vecchia governante di lei, la simpatica, viva, minuscola Pasqualina.

Meno male che avendo con loro tutta la confidenza possibile ho detto che dovevo lavorare, ma che loro potevano stare seduti vicino e avremmo parlato. Dovendo soltanto imprimere la stesura a monotipo per poi lavorarci sopra da domani in poi, non mi turbava la loro presenza che del resto è stata irreprensibile ed erano curiosi e attenti a ciò che facevo, contenti di poter assistere. Chiacchierata con Melchionda, è uno dei rari amici che ho, mi ci trovo benissimo e la sua intelligenza acuta e attenta comporta un piacevole e proficuo sodalizio.

 

Roberto lavorava all’Unione industriali di Firenze per cui curava il giornale (non ricordo se mensile o settimanale) al quale aveva tolto la cifra arida di bollettino dell’associazione introducendovi una pagina dedicata alla cultura nella quale aveva chiamato a collaborare gli amici che stimava e infatti ritrovo due note di Bartolini in data 8 Gennaio e 27  Febbraio 1988, dove leggo:

Roberto Melchionda mi ha chiesto un articolo sulle acquaforti di Fattori per il giornaletto che lui cura per l’Associazione degli Industriali di Firenze. Nello scrivere mi accorgo che potrei farci su un lungo saggio, ma qui devo limitarmi a due cartelle o poco più.

Ho scritto un articolo per il giornale degli industriali fiorentini diretto da Melchionda, un articolo su Giovanni Michelucci giovane, quando dipingeva, incideva e faceva da maestro al gruppo di pittori pistoiesi, Bugiani, Agostini e Cappellini.

 

Chiamò anche me a collaborare, e fu una delle mie prime prove da giornalista (pagata!) di cui ancora sono grata a Roberto.

Nel 1982 Bartolini, concluso il lavoro ultradecennale di illustrazione di Pinocchio con 309 xilografie in bianco e nero e a colori, seguì la stampa presso la tipografia il Torchio che stava in via della Colonna a Firenze, e l’amico Melchionda lo ospitò a casa sua per più di un mese, il tempo che occorse per la stampa in monotype del gran libro:

28 novembre 1982

Passati tre giorni a Firenze per seguire la stampa dei legni del Pinocchio: dalla mattina alla sera sto alla macchina seguendo foglio per foglio, è necessario, devo essere io a stabilire l’intensità, il momento giusto o correggere eventuali chiusure dei grigi. Oggi, domenica, fermo, domani riprendo per tutta la settimana, mangio e dormo da Melchionda per essere presto, al mattino, sul lavoro. Si prevede che il tutto durerà fino alla fine di gennaio.

 

Dopo cena, con Melchionda facevamo due passi per Firenze: in Piazza della Signoria bande di giovinastri urlano, suonano e, soprattutto, sporcano. Sotto il loggiato degli Uffizi i muri son pieni di scritte e qua e là il nero di bruciature: i soliti giovani accendono il fuoco per farsi da mangiare... Il senso di squallore, di mancanza di autorità, di fine civiltà mette il groppo alla gola.

 

5 dicembre 1982

 

I proprietari della tipografia sono gentilissimi e mi portano spesso a pranzo a casa loro, Melchionda e la moglie si fanno in quattro per farmi sentire a mio agio e ogni sera c’è la bella girata per Firenze, che facciamo dopo cena prima di coricarci.

 

Il senso di una bella e calda amicizia la ritrovo però nell’ultima nota del diario:

 

Forte dei Marmi 25 agosto 1984

Roberto Melchionda mi ha portato il libro sulla filosofia di Evola che ha curato in anni di lavoro. È la sua prima pubblicazione e a me ha fatto un piacere enorme perché Melchionda si applica seriamente e con talento, ha una intelligenza pronta e acutezza d’intuizioni. Era una pena rabbiosa non trovare un editore disposto a pubblicare il volume, ora che finalmente è uscito si tira un sospiro di sollievo.

 

Il libro era intitolato Il volto di Dioniso e l’editore benemerito Basaia . C’è stato poi un altro libro nel quale sono stati raccolti gli articoli di filosofia che negli anni Melchionda aveva pubblicato su riviste e giornali La folgore di Apollo. Scritti sull’opera di Julius Evola, edito da Cantagalli nel 2015 (per chi volesse saperne di più http://www.centrostudilaruna.it/evola-e-gentile-due-filosofi-colpiti-dalla-folgore-di-apollo.html) per la cura di Rodolfo Gordini che meritoriamente ha anche agevolato la donazione dell’archivio di Melchionda alla fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Roma.

Ecco, non restano che i saluti. Addio caro Roberto, è stato un onore averti conosciuto.

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