Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
on si può non commentare l’adunanza leghista di Bergamo, la serata dell’orgoglio padano, il tentativo di un colpo d’ala che esorcizzasse la brutta aria omogeneizzante con il malcostume dei partiti italiani.
Basta un aggettivo: deludente. Ma si potrebbe aggiungere inconcludente, patetica, fallimentare.
Certo c’era il popolo leghista duro e puro, erano tanti, ma non è detto che fosse l’elettorato, si trattava di militanti fondamentalmente confusi, chi invocava Bossi e chi Maroni, chi chiedeva la chiusura del cerchio magico, e chi di eliminare il Trota, o la Mauro. Già ma il Trota è il figlio di Bossi e Bossi ha detto di aver sbagliato a farlo approdare alla politica invece di mandarlo a studiare all’estero come figli di Berlusconi.
A parte il fatto che fra il giovanotto e lo studio pare acclarata una certa profonda incompatibilità che lo ha costretto a ripetere l’esame di maturità troppe volte – e anche allora si gridò al complotto– non si vede perché comunque, essendo rimasto in Italia, invece di fare una bella e sana gavetta in politica sia subito dovuto approdare addirittura ad un consiglio regionale.
Povero Bossi: occhi lucidi, sguardo privo di luce: né rabbia né scatto di orgoglio, tentativo patetico di difesa, di dare la responsabilità di tutto ad un complotto romano, stessa cosa peraltro detta anche dalla Rosi Mauro a Porta a Porta.
Bossi, che ha parlato dopo Maroni, si è guardato bene dall’investire Bobo della responsabilità di una successione, ha solo ripetuto ossessivamente che non è un traditore e che i vertici della Lega sono tutti uniti, più che un’affermazione concreta sembrava un mantra ripetuto con valore apotropaico. E a contraddirlo nei fatti la freddezza di Calderoli che si è guardato bene dall’applaudire il rivale Maroni!
Maroni ha avuto la possibilità di proporsi come leader. E l’ha mancata clamorosamente.
Sul palco ha sostanzialmente balbettato, ha tentato con un inizio duro da epuratore, ha scandito 4 regole quanto mai banali e ovvie. Poi ha perso l’uditorio non riuscendo ad intercettare quel che poteva infiammare la platea, quando ha prospettato il traguardo a lungo agognato, la folla ha scandito se-ce-ssio-ne e lui ha detto: conquistare il primato sui partiti della Padania! Poi ha cercato di riallacciarsi a chi lo ascoltava invocando la parola indipendenza. Ma ormai il popolo leghista non lo riconosceva più come potenziale capo.
Difficile capire cosa accadrà nei prossimi giorni, certo che Bossi con la faccenda del Trota, lui stesso lo battezzò così con rara improntitudine, e con la difesa del figlio troppo giovane per non cadere nei tranelli della politica, come ha detto all’inviata de La 7, non sembra più credibile.
Certo in quest’uomo piegato dalla malattia, che gli ha fatto cedere la leadership ad un gruppo di badanti privi di scrupoli, conserva nonostante tutto un carisma superiore a quello di tutti gli altri esponenti leghisti. Ma non è un carisma sufficiente.
Anche la faccenda del complotto, che ha una sua verità, ma non nel merito, piuttosto nei tempi. Più che sospetti.
Convitata di pietra nell’assise bergamasca, Rosi Mauro. Francamente il personaggio anzi la personaggia non è simpatica, le manca tutto per piacere: il minimo sindacale di eleganza, cultura, savoir faire, equilibrio, però diciamolo, piaceva, o almeno fino all’altro ieri nessuno del popolo leghista, che a Bergamo l’ha fischiata e ne ha fatto il capro espiatorio di tutto, l’aveva messa in discussione.
Brutta cosa la caduta degli idoli di cartapesta. Anche perché il fantoccio Rosi Mauro, badante sempre a fianco del senatur pronta apparentemente a servirlo, assomiglia troppo a quei personaggi da b-movie dove l’infermiera, apparentemente devota, è la vera carogna. Che si approfitta del datore di lavoro incapace di intendere e di volere, fino a quando non arriva l’eroe di turno che la allontana restituendo al moribondo almeno la dignità dell’autodeterminazione.
Già ma un leader moribondo non può essere un leader, non può guidare un partito, e soprattutto nelle acque agitate della politica italiana in momenti di crisi acuta.
No, non torna, impossibile razionalmente assolvere chicchessia nella Lega.
La sensazione forte è di fine imminente.
Inserito da Roy il 19/06/2023 21:09:01
Ottimo articolo. Grazie per aver condiviso la tua visione su questo argomento. Eladó cégek tulajdonosai számára nélkülözhetetlen szakértők igénybe vétele, beleértve eladó vállalkozások ügyvéd közreműködését.
Inserito da max il 13/04/2012 18:33:10
Cara Simonetta, mi permetto il tu essendo un collega ma per esprimere con amichevole franchezza alcune considerazioni sulla serata dell'orgoglio leghista. A me ha fatto tornare in mente un'altra giornata di orgoglio: quello socialista, che Claudio Martelli voleva restituire al partito dopo la caduta di Craxi. Diverso il contesto, dirai, e diverse le motivazioni. Ma simili, per non dire uguali, gli obiettivi ieri di Martelli e oggi di Maroni: raccogliere uno scettro a lungo desiderato prima che questo cada a terra o finisca in altre mani. Non riuscì a Martelli, e sappiamo come è finita. Riuscirà a Maroni di restituire motivazioni e progettualità politica a un movimento che si scopre partito solo per le affinità patologiche con la partitocrazia? Non saprei dirlo, non ho elementi sufficienti per guardare oltre i fatti che scorrono sotto i nostri occhi. L'Italia è un Paese familista e il motto "Tengo famiglia" che Leo Longanesi avrebbe volutto apporre sul tricolore rimane, per un partito matriarcale come la Lega, l'approdo triste e scontato di un altro pezzo di storia nazionale. Le vicende leghiste sono però soltanto un pezzo, e neanche dei più significativi, del più complessivo disfacimento del sistema italiano. Ma non voglio tiarla troppo per le lunghe. Un saluto cordiale e gli auguri più fervidi di buon lavoro. Massimo Colaiacomo
Inserito da Gian Galeazzo Tesei il 11/04/2012 20:21:03
Cara Direttore, apprezzo per l' intero il tuo articolo e mi auguro che sia giusta la tua sensazione forte. Sara' ingeneroso ma non riesco a sottrarmi ad un moto di soddisfazione per i guai della Lega. In verita' alcune volte ho ammirato l'impegno politico generoso di certi militanti leghisti ma piu' in generale mi sono quasi sempre sentito offeso dall'azione della Lega . Non sopporto le offese continue di molti dei suoi capi ai simboli della Patria italiana, all'unita' nazionale, o il richiamo frequente alla cosiddetta liberta' del Nord intesa come secessione (del resto prevista nello stesso statuto del partito) dalla nazione italiana. Non ho mai sopportato i balletti di Castelli all'insegna del " chi non salta con me italiano e' " o le magliette di Salvini " sono padano non sono italiano" ma soprattutto a me non romano non sono mai andati giu' gli insulti continui, triviali e vigliacchi , rivolti a Roma: Roma farabutta, Roma ladrona. Sarebbe facile oggi consigliare ai leghisti , in fatto di ladri, di scavare vicino anziche' cercare lontano. Ma e' purtroppo piu' impellente il moto di vergogna per l'ennesimo episodio di ruberie e di corruzione della politica italiana piu' recente.
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