Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
foto di Michele Monasta
Don Carlo; una grande opera o semplicemente un …. Grand opéra? La domanda non è affatto oziosa e per certi aspetti ha caratterizzato il dibattito su quest’opera di cui esistono, in tutto, qualcosa come sette versioni, anche se di norma le edizioni sono due: quella in cinque atti per il Théatre Lyrique di Parigi (1867, con il titolo Don Carlos ) e quella in quattro atti per la Scala nel 1884. La stesura della prima edizione parigina richiese solo nove mesi; data non solo la mole dell’opera, ma anche la sua complessità e profondità, si tratta di una rapidità straordinaria. E’ vero che Verdi conosceva bene le convenzioni dell’Opéra di Parigi: un soggetto illustre e un libretto molto articolato. Il soggetto, il dramma Don Carlo di Schiller (1785), doveva essergli ben noto, non solo perché Verdi conosceva bene il grande drammaturgo tedesco degli albori del Romanticismo, ma perché proprio il massimo teatro parigino gli aveva offerto il soggetto già nel 1850.
Un’opera dunque che segna una decisa e decisiva svolta nella produzione del compositore italiano: se del resto consideriamo la data della versione in quattro atti, siamo ormai nell’ultima fase della produzione verdiana, quella che vedrà gli ultimi, straordinari capolavori del maestro: Otello e Falstaff. Non sorprende noi dunque, come invece sorprese Verdi all’epoca, che il Don Carlo sia stato accusato nientemeno che di …. Wagnerismo, e questo semplicemente perché l’orchestra ha in quest’opera una importanza nettamente maggiore che in passato e perché inizia a tramontare la tradizione del “pezzo chiuso”.
Titolo degno più che mai dunque di chiudere il 2022 al Maggio Musicale Fiorentino il 27 dicembre alle ore 19; e con l’infante di Spagna riapre anche la sala grande del teatro che verrà inaugurato per l’occasione, dopo un intervento che ne ha aumentato notevolmente le potenzialità: è stata infatti ultimata con la scenotecnica inferiore della Sala Grande tutta la macchina scenica del Teatro del Maggio musicale fiorentino, che prevede 4 elevatori centrali, 8 carri mobili, 1 carro girevole. Tra scenotecnica superiore (già ultimata e funzionante) e inferiore ci sono 200 motori di azionamento. Il palcoscenico della Sala Grande ha una dimensione di 2600 metri quadrati di cui 1600 (il 60%) mobili. Ci sono un palco centrale con quattro elevatori; palchi laterali con 8 carri mobili; palco posteriore con carro girevole e ballatoi di servizio.
In sostanza nel palcoscenico centrale si trovano oggi quattro grandi piattaforme che possono elevarsi dal piano di palco oppure abbassarsi creando una fossa, “un baratro” profondo più di 4 metri. Questa soluzione permetterà grandi effetti teatrali tra i quali anche la comparsa e scomparsa rapida di un’intera scenografia. Lo stesso vale per i palcoscenici laterali, dove si trovano da oggi carri mobili delle stesse dimensioni e quantità degli elevatori di palco che potranno spostarsi individualmente oppure a gruppi, portando la scenografia nel palco centrale quando richiesto. Analogamente una piattaforma di notevoli dimensioni potrà avanzare dal fondo palco e al suo interno un disco girevole potrà muoversi creando dei movimenti rototraslanti. “ Un gioiello di innovazione che fa del Teatro del Maggio di Firenze uno dei più grandi del mondo con una macchina scenica che è davvero un esempio di tecnologia unico in Europa” ha dichiarato con orgoglio il sindaco Dario Nardella.
A dirigere dunque questa nuova produzione è il direttore principale, il maestro Daniele Gatti mentre la regia è di Roberto Andò. Di notevole livello anche il cast: Francesco Meli come Don Carlo, Eleonora Buratto nel ruolo di Elisabetta di Valois; Mikhail Petrenko nel ruolo di Filippo II, Roman Burdenko come Rodrigo, Marchese di Posa; Ekaterina Semenchuck interpreta La Principessa Eboli, Alexander Vinogradov è Il Grande Inquisitore. Repliche il 30 dicembre e il 3 e 5 gennaio 2023 alle ore 19 e l’8 gennaio 2023 alle ore 15:30. La versione messa in scena sarà quella in 4 atti del 1884.
La chiave interpretativa sia del direttore che del regista insiste molto sul “prezzo” del potere, sulla solitudine e sulla angoscia che esso genera; se già Vittorio Alfieri prima di Schiller aveva fatto di Filippo II un tiranno insensibile anche all’amore per il figlio, qui il sovrano spagnolo, considerato giustamente il vero protagonista del dramma, è colto piuttosto nella sua dimensione umana: “Filippo per esempio vuole essere figlio nei confronti dell’Inquisitore e non sa essere padre di Carlo mentre vorrebbe Posa come suo figlio; qui la musica ci porta in una dimensione quasi parallela alla vite che ci è data”, dichiara il regista Andò, e il maestro Gatti: “ A livello narrativo una grande attenzione è stata data a Filippo II, la cui figura è stata letteralmente ‘scarnificata’, anche dalla sua forza esteriore: dentro, nel suo cuore, c’è solo un mare di malinconica solitudine. Forse il personaggio che più cambia e si trasforma nel corso narrativo dell’opera. Leggere quest’opera facendo capire che chi gestisce il potere è anche colui che è permeato da questa solitudine abissale è davvero uno dei motivi per cui so che un’opera come il Don Carlo non si smette mai di scoprirla e non smette mai di insegnare.” In perfetta sintonia con il direttore Mikhail Petrenko, uno dei bassi più apprezzati al mondo che sosterrà il ruolo del sovrano spagnolo: “È davvero perfetto quello che ha detto parlando dell’opera, il maestro Gatti: Filippo II vive con un vero e proprio mare di solitudine dentro di sé. Una lezione utile che può trasmettere il mio personaggio è proprio la ‘lezione’ che il potere da egli può trarre. Con tutto l’immenso potere che è fra le sue mani egli afferma "Col sangue sol potei aver la pace del mondo". Ecco, io penso che questa drammatica affermazione serva in realtà a mascherare il dubbio e la paura da cui questo personaggio è afflitto. Paura e dubbio che si contrappongono all’amore”
Protagonista a parte, la regia si sofferma sulla dimensione “nera” dell’opera: “L’opera è ‘nera’: Verdi ci propone un pessimismo tragico nelle relazioni che circondano il potere. In quest’opera Verdi esalta quel realismo psicologico in un modo straordinario, con una ricchezza di sfumature davvero impressionante: ognuno dei personaggi è sospeso, nel misterioso rapporto fra storia ed intimità, dentro il ‘cerchio nero’ rappresentato dal potere. I personaggi sono sì granitici, ma in parte consumati dal dubbio (…) . Noi stiamo cercando dunque questo: di ‘restituire’ un’idea di dramma intimo, psicologico e assolutamente moderno, che si avvicina a quello che noi oggi viviamo in tutte le manifestazioni del potere. Da questo punto di vista l’opera è di un’attualità letteralmente travolgente.
Uno spettacolo dunque molto atteso, soprattutto dopo che uno sciopero proclamato da alcune organizzazioni sindacali, poi rientrato, aveva messo in forse il regolare svolgimento delle prime recite dell’opera. Un momento importante per il teatro fiorentino che proprio nei giorni scorsi (21 dicembre) ha visto l’inaugurazione, alla presenza del sindaco Dario Nardella e del sovrintendente Alexander Pereira, l’inaugurazione di una importante opera artistica destinata alla copertura della “sala Mehta”: Prospettive con orizzonti, dell’artista Alfredo Pirri.
GIUSEPPE VERDI - DON CARLO
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Opera in quattro atti
Libretto
di François-Joseph Méry e Camille du Locle da Friedrich
Schiller
Traduzione italiana di Achille de Lauzières e Angelo
Zanardini
Edizione: Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Boca Raton, Florida
Nuovo allestimento
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Maestro concertatore e direttore Daniele Gatti
Regia Roberto Andò
Scene e luci Gianni Carluccio
Costumi Nanà Cecchi
Video Luca Scarzella
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Filippo II, re di Spagna Mikhail Petrenko
Don Carlo, infante di Spagna Francesco Meli
Rodrigo, marchese di Posa Roman Burdenko/Massimo Cavalletti (8/1)
Il Grande Inquisitore, cieco nonagenario Alexander Vinogradov
Un frate Evgeny Stavinskiy
Elisabetta di Valois Eleonora Buratto
La Principessa Eboli Ekaterina Semenchuk
Tebaldo, paggio di Elisabetta Nikoletta Hertsak/Aleksandra Meteleva (5, 8/1)
Il Conte di Lerma/Un araldo reale Joseph Dahdah
Una voce dal cielo Benedetta Torre
Deputati fiamminghi Davide Piva, Eduardo Martinez Flores, Matteo Torcaso, Matteo Mancini, Volodymyr Morozov, William Hernández, Lodovico Filippo Ravizza,
Roman Lyulkin
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
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Assistente regista Boris Stetka
Assistente scenografo Sebastiana di Gesù
Assistente costumista Veronica Pattuelli
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Figuranti speciali Elena Barsotti, Silvia Benvenuto, Ilaria Brandaglia, Carolina Braus, Francesca Cellini, Enrica Gualtieri, Roberta Raimondi, Luigi Benassai, Rosario Campisi, Fabrizio Casagrande, Giacomo Casali, Alessandro Ciardini, Leonardo Cirri, Luciano Colzani, Giuliano Del Taglia, Egidio Egidi, Stefano Francasi, Giampaolo Gobbi, Federico Macchi, Emauele Marchetti, Guido Mazzoni, Matteo Mazzucato, Domenico Nuovo, Savino Somma, Gaetano Tizzano, Federico Vazzola, Beniamino Zannoni
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