Maggio Musicale Fiorentino

Una favola che seduce e incanta: Cenerentola di Rossini trionfa al Maggio

Bellissime e coinvolgenti la regia di Manu Lalli, la direzione di Gianluca Capuano e tutti gli interpreti, specialmente Teresa Iervolino e Marco Filippo Romano. Brillantissimi come sempre l'orchestra e il coro del Maggio.

di Domenico Del Nero

Una favola che seduce e incanta: Cenerentola di Rossini trionfa al Maggio

Rossini volle dunque una creatura viva e non un personaggio da favola. Così Luigi Rognoni sintetizza con grande efficacia l’operazione che il compositore volle indicare al suo bravissimo librettista Jacopo Ferretti. E Manu Lalli, con la sua lettura dell’opera al Maggio Musicale Fiorentino, ha riconciliato i due elementi: quello realistico e quello favolistico, presentando così una fiaba moderna, in cui il male, la stupidità e il pregiudizio incalzano, ma non la fanno da padroni. [1] Nelle favole almeno è così. Una dimensione “impegnata” quella della bravissima regista, che però non pesa, non intacca la magia di uno spettacolo che marcia perfettamente all’unisono con la parte musicale, senza che nessuno questa volta possa anche solo bisbigliare che sulla scena e nel golfo mistico accadono due cose diverse.  Abbiamo così le magnifiche scene dipinte e gli elementi architettonici di Roberta Lazzeri, pronti a mutarsi nella casa di Cenerentola (quel palazzo per metà crollato e per metà da crollar, come dice Don Magnifico) e nello splendido palazzo del principe Ramiro, con un fondale veramente da reggia. E ritroviamo i grandi libri che appassionano tanto Cenerentola : la geniale intuizione di Manu Lalli, che fa della lettura il simbolo e lo strumento del desiderio di riscatto di Angiolina. Ma i libri sono anche il punto di contatto con l’elemento  magico – favolistico: se la fata è sostituita dal burbero ma savio precettore, dai libri scaturiscono fate e fatine che danzano per quasi tutto lo spettacolo, arrivando a un certo punto anche nella platea come a voler portare un po’ di magia anche al pubblico;  consegnano a Cenerentola la zucca destinata a mutarsi in carrozza e alla fine, quando ormai non c’è bisogno di loro, abbandonano meste la scena con tanto di valigia.

Una regia molto animata, con molte presenze in scena, molta danza e massima cura anche degli interpreti e dei loro movimenti. Davvero un lampo, un sogno, un gioco che incanta il pubblico, grazie anche ai costumi fantasiosi ed eloquenti di Gianna Poli e alle luci   di Vincenzo Apicella, riprese da Valerio Tiberi.

Se la scena brilla, la parte musicale non è stata certo da meno. La direzione di Gianluca Capuano è stata forse per alcuni aspetti inusuale, ma proprio anche per questo di grande fascino e interesse. Capuano riporta anzitutto l’orchestra al centro della scena: Rossini non è solo un genio del belcanto, ma è anche e forse soprattutto un grande strumentatore: non per nulla veniva soprannominato “il tedeschino”, proprio per la sua profonda conoscenza della musica strumentale d’oltralpe: Mozart e Haydn prima, Beethoven poi. Capuano ci guida così alla scoperta di una partitura complessa e raffinata, ricca di accelerazioni e momenti travolgenti come il finale del primo atto, ma anche passaggi più dolci e malinconici (come l’aria di Cenerentola Una volta c’era un re, ma anche il grandioso rondò finale); un’opera dunque che, senza voler stilare inutili e sterili “graduatorie” segna per alcuni aspetti una ulteriore maturazione rispetto al pirotecnico Barbiere. Perfetta la sintonia con la scena, grazie anche allo splendido lavoro (come di consueto) dell’Orchestra e del Coro del Maggio, preparato quest’ultimo dal maestro Lorenzo Fratini.

Di ottimo livello anche il cast vocale: Teresa Iervolino dà vita a un personaggio dolce e un po’ malinconico, perfettamente coerente al ruolo; fraseggio elegante, un bel timbro caldo e vellutato, l’abilità nelle agilità ne fanno un interprete di grande levatura, molto apprezzato anche dal pubblico. Ottima anche la prova del tenore Patrick Kabongo, forse un po’ timido scenicamente ma dotato di una bella voce tenorile, un buon fraseggio e solidità nell’acuto. Il baritono  Marco Filippo Romano da parte sua si conferma l’interprete ideale per il ruolo di Don Magnifico: molto vivace  sulla scena, in bilico tra tronfia vanità e ridicola superbia, sfoggia una dizione e un sillabato praticamente perfetti e uno strumento di tutto rispetto, che ne fanno il vero “mattatore” dello spettacolo. Degno contraltare è comunque il Dandini di William Hernández, un baritono dal bel timbro chiaro, disinvolto sulla scena e ottimo interprete.

Decisamente all’altezza anche i ruoli minori: L’Alidoro di Matteo D’Apolito, la Tisbe di Aleksandra Meteleva e la Clorinda di Maria Laura Iacobellis, che ha egregiamente affrontato con spigliatezza e agilità l’aria  “del sorbetto” sventurata mi credea, brano che di solito viene sempre omesso  nelle riprese di Cenerentola anche perché spurio, non di Rossini ma del suo collaboratore Luca Agolini.

Successo pieno, assoluto e meritato da un teatro quasi al completo, con grandi ovazioni per tutti gli interpreti.

La recensione si riferisce alla rappresentazione del 27 settembre.

 

 



[1] Per la presentazione dello spettacolo cfr  https://www.totalita.it/articolo.asp?articolo=9471&categoria=1&sezione=8&rubrica=8

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