Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
foto di MICHELE MONASTA
Uno dei tanti pregi di Daniele Gatti è quello di riuscire a rivelare aspetti inediti – o quantomeno a suscitare nuove emozioni – anche di partiture note a arcinote, di cui si pensava di sapere tutto o quasi. Era già accaduto ultimamente con la splendida Tosca noir, ed è successo anche in questi ultimi giorni con quella Madama Butterfly che è stata purtroppo il suo congedo dal pubblico fiorentino come direttore principale, avendo ormai il maestro iniziato il suo incarico alla Staatskapelle di Dresda., una delle più antiche e celebri orchestre del mondo.
Peccato davvero per Firenze, perché ogni lettura di Gatti rappresenta sempre una avventura e una scoperta nuove. Per il capolavoro giapponese di Puccini Gatti aveva dichiarato di essere impressionato dal modo in cui Puccini “scolpisce” musicalmente i suoi personaggi: e questo aspetto è uno dei tanti punti di forza di una edizione che resterà memorabile, anche se il titolo è uno dei più frequentati dal teatro fiorentino e certo non solo. Nel primo atto, la scena del matrimonio è inquadrata dal punto di vista di Pinkerton: una farsa malgrado l’avvertimento del buon console Sharpless (badate, ella ci crede!) con gli ottoni che citano in modo quasi “sguaiato” l’inno americano. Il duetto finale invece è eseguito con grande espressività e intensità, senza mai nulla concedere a manierismi o languori estenuati.
Ma sono i due atti successivi che rivelano in una sorta di angoscioso climax il vero dramma della protagonista, il progressivo infrangersi delle sue illusioni e la sua solitudine. Qui l’opera si rivela davvero nella sua vera essenza: un terribile “pugno dello stomaco”, forse uno dei drammi più crudeli (e dire che certo non manca la scelta!) che siano stati portati sul palcoscenico d’opera. la lettura di Gatti indaga ed esplora tutte le raffinatezze armoniche della partitura pucciniana, dagli echi “tristaniani” a reminiscenze straussiane che dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, la grande modernità di Puccini e la sua abilità di orchestratore. L’azione sembra prendere vita dalla musica stessa, in una sorta di corsa precipitosa verso la catastrofe finale. Pagine di intensità straordinaria (ma è molto difficile “selezionare”) senza dubbio il coro a bocca chiusa e l’intermezzo strumentale che collega il secondo e il terzo atto. E la grande orchestra del Maggio Musicale Fiorentino segue fedelmente e con la consueta eccellenza questo lavoro di scavo del maestro, insieme al coro, poco presente in quest’opera, ma non per questo meno rilevante.
In perfetta sintonia con la direzione anche la regia di Lorenzo Mariani. Le scene di Alessandro Camera sono scabre ed essenziali, senza nessuna concessione all’esotismo di maniera: gli ambienti della casa sono realizzati da panelli di tessuto leggero, mentre la protagonista Cio Cio San scende da una piattaforma che diventa poi la base della casa stessa. Nel secondo atto i teli sono invece più cupi, la piattaforma della casa inclinata sembra sul punto di rovesciarsi e dà un’idea di abbandono e angoscia. I costumi di Silvia Aymonino puntano sul contrasto cromatico bianco, rosso nero mentre fondamentale si rivela il gioco di luci di Marco Filibeck. Ma l’abilità del regista si vede anche nel lavoro sui personaggi: un Pinkerton superficiale e un po’ cafone (quasi sempre con le mani in tasca), una Cio Cio San che dolorosamente cresce e prende coscienza della sua reale situazione, uno Sharpless pacato e saggio, per limitarci ai personaggi principali.
Di ottimo livello il cast vocale: Carolina López Moreno è una Cio Cio San molto intensa, abilissima sulla scena, soprattutto nell’esprimere lo strazio del personaggio, dotata di grande espressività e di ottimo fraseggio, notevole soprattutto nel registro medio e acuto; Piero Pretti ottimo nel ruolo di Pinkerton, sia dal punto di vista attoriale che vocale; e un grande (come di consueto) Nicola Alaimo ha dato vita a uno Sharpless saggio e un po’ malinconico, perfetto contraltare alla superficialità di Pinkerton; curato ed elegante come sempre nel fraseggio e con un ottimo volume, risalta anche in un ruolo meno centrale di quelli consueti (ma in Butterfly, l’unico vero ruolo centrale è quello della protagonista).
Di buon livello anche i ruoli minori, a partire dalla Suzuki di Marvic Monreal, molto curata nel fraseggio e con un bel timbro scuro e Oronzo d’Urso nel personaggio di Goro; di buon livello anche Min Kim, ex talento dell’Accademia del Maggio e Elizaveta Shuvalova nei panni del Principe Yamadori e di Kate Pinkerton, Bozhidar Bozhkilov in quelli dello zio Bonzo, Davide Sodini come Commissario imperiale. Chiudeva il cast un nutrito gruppo di artisti del Coro del Maggio: Giovanni Mazzei Lo zio Yakusidé; Egidio Massimo Naccarato L'ufficiale del registro, Thalida Marina Fogarasi; Paola Leggeri e Nadia Pirazzini erano rispettivamente La zia, La cugina e La madre della protagonista Cio-Cio-San.
Applausi entusiasti da parte di un foltissimo pubblico per tutti, in particolare per la Lopez Moreno e per il maestro Gatti.
La recensione si riferisce alla recita del 31/10.