Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La Traviata, prove. Foto di MICHELE MONASTA per il Maggio Musicale Fiorentino
Uno dei titoli più amati, sicuramente più rappresentati del repertorio turistico: La Traviata di Giuseppe Verdi, solo a Firenze, è andata in scena ben 130 volte a partire dall’ottobre 1937, quando fu rappresentata al vecchio Teatro Comunale, come ha ricostruito Giovanni Vitali, sicuramente uno dei maggiori esperti di vicende musicali fiorentine. Ed anche in questi ultimi anni non sono mancati allestimenti di vario tipo: quella in versione “sessantottina” di Davide Livermore del 2021, ripresa nel 2023; di grande fascino, nelle stagioni 2016 e 2017, la lettura di Alfredo Corno che aveva ambientato la vicenda di Violetta nella Cinecittà degli anni Cinquanta del Novecento, in una sorta di set cinematografico, con la protagonista che vestita come Anita Ekberg nella Dolce vita cantava Sempre libera nella vasca della Fontana di Trevi; solo per citarne alcune.
Dopo il grande successo di Madama Butterfly, il capolavoro verdiano torna sui palcoscenici del Maggio Musicale Fiorentino a partire da Martedì 19 novembre alle ore 20 (sala grande) con 5 repliche: 21, 26 e 30 novembre alle ore 20 e il 24 novembre e 1º dicembre alle ore 15:30.
Si tratta di nuova edizione firmata da Stefania Grazioli per la regia, sul podio il maestro Renato Palumbo che dirigerà l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e Lorenzo Fratini maestro del coro. Per la parte vocale si alterneranno due cast: nella parte di Violetta, Carolina Lopez Moreno, reduce dal trionfale successo di Madama Butterfly, acclamata dal pubblico e dalla critica; nelle recite del 21 e 26 novembre e in quella del 1º dicembre la parte è sostenuta da Julia Muzychenko – al suo debutto assoluto al Maggio – ma alla sua undicesima interpretazione di Violetta in carriera. Alfredo Germont è interpretato da Giovanni Sala, di ritorno al Maggio dopo la Missa defunctorum diretta dal maestro Riccardo Muti nella primavera del 2019, e da Matheus Pompeu (recite del 21 e 26 novembre e 1º dicembre), al suo debutto sulle scene del Maggio e in Italia; Lodovico Filippo Ravizza e Min Kim (recite del 21, 26/11 e 1/12) sono Giorgio Germont, il padre di Alfredo. Flora Bervoix è interpretata da Aleksandra Meteleva.
Oronzo d’Urso e Yurii Strakhov, artisti dell’Accademia del Maggio, sono rispettivamente Gastone e il Il barone Douphol; Gonzalo Godoy Sepúlveda e Huigang Liu interpretano Il marchese d'Obigny e Il dottor Grenvil e Alessandro Lanzi è Giuseppe. Completano il cast vocale due artisti del Coro del Maggio: Lisandro Guinis e Nicolò Ayroldi sono rispettivamente Un commissionario e Un servo.
Dopo tante letture avveniristiche, Stefania Grazioli riporta coraggiosamente l’ambientazione dell’opera nel suo tempo, ovvero il XIX secolo, come previsto dal libretto di Francesco Maria Piave e dalla partitura di Verdi: “ questa è una produzione che ha preso forma ed è stata realizzata interamente con le risorse interne del Maggio Musicale Fiorentino, e che ha coinvolto negli ultimi mesi tutti i reparti del nostro Teatro – afferma la regista - Per questo allestimento abbiamo voluto mantenere un’ambientazione e dei costumi d’epoca ottocentesca, dove tuttavia gli ambienti evocano, piuttosto che raccontare filologicamente, la realtà del demi-monde parigino e dove la cifra registica, seppur del tutto fedele tanto alla partitura verdiana quanto al libretto di Piave, ripercorre il dramma degli ultimi mesi di vita di Violetta Valery in un’atmosfera visionaria ed intimista. Fonte d’imprescindibile ispirazione è stata la storia vera di Alphonsine Plessis, personaggio al quale Dumas figlio si ispirò per dare alla luce il suo più celebre romanzo: La signora delle camelie. Mi sembrava importante raccontare in parte anche questa “giovane” Violetta, che arrivando a Parigi, vede realizzarsi e poi consumarsi un sogno d’indipendenza, di amore, e di riscatto sociale”. In questo nuovo allestimento le scene sono di Roberta Lazzeri, i costumi di Veronica Pattuelli e le luci di Valerio Tiberi; i movimenti coreografici di Elena Barsotti.
Il maestro Palumbo, ricordando come Traviata fu proprio l’opera del suo debutto al Maggio nel 2005, ha dichiarato: “Il mio debutto a Firenze è avvenuto proprio con Traviata quasi vent’anni fa e poter tornare qui al Maggio dirigendo questo grande capolavoro mi onora e gratifica molto: questa nuova produzione è decisamente marcata da tratti classici, stiamo lavorando cercando di seguire quelli che sono i canoni scritti da Verdi nella partitura. Posso dire che quest’opera - il cui messaggio è incredibilmente moderno e la cui musica è straordinariamente raffinata in ogni suo passaggio - mi ha accompagnato in parte per tutta la mia vita ed è un’opera che – quasi come tutte quelle verdiane – ‘cambia’ attraverso la propria crescita; la grande bellezza di Traviata risiede proprio in questo: matura insieme a te, ogni volta che la si affronta; farlo di nuovo qui al Maggio, con un cast giovane e con molti debuttanti è un’esperienza meravigliosa poichè credo di poter sperimentare e mettere in pratica ciò che ho capito e imparato in tutti questi anni. Uso volutamente il termine ‘credo’ perché la bellezza dell’opera lirica sta in questo: ti accompagna per tutta la vita”
“Han fatto la Traviata pura ed innocente. Tante grazie! Una puttana deve essere sempre puttana. Se nella notte splendesse il sole non vi sarebbe più notte.” Così Giuseppe Verdi, non certo a ritmo di minuetto, commentava gli eccessivi interventi della censura che avevano troppo “velato” la triste storia di Violetta, protagonista della sua Traviata i cui fasti mondani e la cui straziante caduta rivivono da stasera sul palcoscenico dell’Opera di Firenze. La vicenda, tratta dal romanzo (poi dramma) la signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio è assai nota e non solo ai melomani. Non tutti sanno forse che il prolifico scrittore francese si ispirò a una vicenda reale: quello di Marie (o Alphonsine) Duplessis, (1824-1847) che nella realtà pare sia stata molto più cinica e determinata che sul palcoscenico, dovendo avere a che fare con una discreta folla di amanti in servizio, aspiranti tali, fornitori e creditori da tenere costantemente in riga, nella Parigi cinica e mondana del re borghese Luigi Filippo, grasso e ipocrita come i suoi sostenitori. Tra la schiera dei suoi “ammiratori” vi furono lo stesso Dumas figlio e il compositore Franz Liszt e anche la morte per tisi in giovane età è purtroppo un dato reale.
Ultima opera della cosiddetta “trilogia popolare” (dopo Rigoletto e Trovatore ) fu rappresentata per la prima volta a Venezia del 1853. “La Traviata ha fatto un fiascone e peggio, hanno riso”, scrisse amareggiato Verdi all’amico direttore d’orchestra Angelo Mariani. Sembra che nella caduta dell’opera abbia avuto il suo … peso la stazza un po’ troppo florida della protagonista Salvini Donatelli, tanto che quando il medico annunciò il fatale “la tisi non le accorda che poche ore” il pubblico scoppiò in una irriverente risata. Insomma, la Traviata non è opera per cantanti …. di peso. Comprensibile l’amarezza del compositore che tra l’altro aveva seguito molto da vicino il “suo” poeta Francesco Maria Piave nella stesura del libretto, componendo la musica, a quanto sembra, in poco più di un mese. In compenso si può dire che per certi aspetti oggi essa sia l’opera per eccellenza.” In tutto lo svolgimento dell’opera, è chiara la strategia di Verdi nei confronti del materiale melodrammatico: all’interno di una architettura fedele alla tradizione, la protagonista è creata con tocchi irregolari ma precisi. Il suo canto è incluso in quell’architettura, ne dipende e nello stesso tempo se me stacca per la brevità e per la pregnanza delle sue frasi musicali. Violetta partecipa, da principio, al proprio mondo, ne è addirittura una protagonista; ma nel confronto con i due persecutori, nella trama di parole e di sentimenti in cui è coinvolta, ella si lascia cadere fuori da questo mondo, da questi sentimenti, restandovi aggrappata per qualche esile legame melodico, che simboleggia i barlumi di una coscienza annientata.” [1] Così Claudio Casini sintetizza efficacemente il rapporto tra novità e tradizione in quest’opera che presenta un personaggio straordinario, che va ben oltre il modello originale di Dumas: una vittima dell’amore in una società spietata e egoista come quella borghese dell’Ottocento. Una società pronta a commuoversi alla minima svenevolezza sentimentale, ma incapace di cogliere e apprezzare la sincerità e la profondità dei sentimenti autentici e abilissima a nascondere le più infami sconcezze sotto un velo di ipocrita perbenismo, magnificamente rappresentato nell’opera dal personaggio di Giorgio Germont, padre di Alfredo.
[1] Claudio CASINI, Verdi, Milano, Rusconi, 1994, p. 165.