Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Tullio De Mauro
Il principe Fabrizio Salina, il protagonista de Il Gattopardo, il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che vinse il premio Strega nel 1959, diceva: «Bisogna che tutto cambi affinché tutto rimanga com'è». E gli organizzatori del più importante premio letterario italiano sembrano seguire il consiglio in modo più realista del re (o più principesco del principe). NIENTE TRACCIA DI RINNOVAMENTO. Calma piatta allo Strega dunque. Del rinnovamento che a molti sembrava necessario non si vede traccia, nonostante nel 2011 Tullio De Mauro, presidente della Fondazione Bellonci, avesse promesso modifiche nel sistema di voto per sottrarre il premio alle logiche dei grandi gruppi editoriali. NEGATE LE AUTOCANDIDATURE. La presentazione dei 12 finalisti conferma l'impressione di immobilità: la notizia è l'eliminazione dell'unica autocandidata, Isabella Santacroce con il suo Amorino (Bompiani).
L'autrice, presentata dall'esperto di cinema Enrico Ghezzi e dal critico letterario Angelo Guglielmi, avrebbe potuto portare scompiglio nella solita alternanza di grandi gruppi editoriali, ma anche stavolta (come successe ad Antonio Scurati nel 2009 e a Rosa Matteucci nel 2012) l'autocandidatura si è scontrata con il niet dei giurati.
Del resto lo stesso Guglielmi, interpellato da Lettera43.it aveva detto: «So che quello di Santacroce è un libro diverso dal solito. Né io, né lei ci siamo fatti illusioni. Persino il mio storico scetticismo sui premi letterari è caduto, perché è caduta la tensione nella cultura italiana». Un affresco non esaltante delle patrie lettere. DODICI CANDIDATI AL PREMIO. Eliminata Santacroce, insieme con alcuni emergenti, i 12 che rimangono in lizza per il premio Strega sono Giuseppe Aloe con La logica del desiderio (Giulio Perrone Editore); Gianrico Carofiglio con Il silenzio dell'onda (Rizzoli); Davide Enia con Così in terra (Dalai editore); Marcello Fois con Nel tempo di mezzo (Einaudi); Lorenza Ghinelli con La colpa (Newton Compton); Giovanni Greco con Malacrianza (Nutrimenti); Giorgio Manacorda con Il corridoio di legno (Voland); Marco Mantello con La rabbia (Transeuropa); Gaia Manzini con La scomparsa di Lauren Armstrong (Fandango); Carlo Pedini con La sesta stagione (Cavallo di Ferro); Emanuele Trevi con Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie); Alessandro Piperno con Inseparabili, il fuoco amico dei ricordi (Mondadori). MONDADORI PUNTA SU PIPERNO. E proprio in base alla solita staffetta, dopo che nel 2011 la vittoria era andata a Rcs, con il romanzo Storia della mia gente di Edoardo Nesi edito da Bompiani, quest'anno i rumor danno per certa la vittoria di Piperno. Libro non esaltante né come recensioni, né come vendite. Ma Mondadori spera proprio nell'effetto Strega: le 20 o 30 mila copie in più che il premio porta al vincitore. Nel frattempo, Feltrinelli si astiene dal partecipare al premio per il secondo anno.
Per sapere la cinquina di finalisti si deve però attendere il 13 giugno. E mentre qualche novità si nota nell'ingresso tra i papabili di alcuni piccoli editori come Giulio Perrone, Nutrimenti, Transeuropa e Cavallo di Ferro, la giuria (i famosi Amici della domenica) è stata rinnovata solo per il decesso di alcuni dei componenti. ANCHE BIGNARDI IN GIURIA. Boris Biancheri, Vincenzo Consolo, Mario Guidotti, Andrea Zanzotto, Matilde Bigiaretti, Elio Pagliarani, Antonio Garzya, Fausto Gianfranceschi, Antonio Tabucchi e Mario Socrate, sono mancati nel corso dell'anno, e sono stati sostituiti da Daria Bignardi, Giancarlo De Cataldo, Gianpiero Gamaleri, Giuliano Milani, Antonio Monda, Edoardo Nesi, Francesca Pansa, Lorenzo Pavolini, Luca Ricci, Wilson Saba. CAMBIARE IL VOTO FINALE. Riguardo lo stato di salute del premio spicca la dichiarazione dell'italianista Simonetta Bartolini, nel consiglio d'amministrazione della Fondazione Bellonci, secondo cui la soluzione dell'immobilismo allo Strega sarebbe «un colpo di spugna sulle logiche spartitorie»: «Via gli Amici che pubblicano con le case editrici in gara e i direttori editoriali». Oppure prevedere il «voto finale della metà della giuria e i 200 devono essere designati all'ultimo momento: allora sì che potrebbe vincere un piccolo editore». Fino ad allora, a quanto sembra, regnerà l' iper-gattopardismo.
Articolo tratto da http://www.lettera43.it/
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