Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il potere sta alla politica come la pornografia al sesso. Esso è la reiterazione su base quotidiana, è l’esibizione sconcia e disinibita (il più delle volte impunita), della politica. Il potere si mostra, si afferma, si conserva e ha bisogno impellente di farlo, perché - a differenza della politica - è artificiale. E’ violenza ottusa e priva di senso compiuto, ma con scopo ben chiaro.
Mi vengono in mente questi pensieri mentre sfoglio il libro di Umberto Croppi “Romanzo comunale” (Newton Compton editori, 380 pagg. 9,50 euro), un’opera che se dal titolo sembrerebbe, tout court, un atto di denuncia della mala-gestione del potere da parte dell’odierna giunta capitolina, di cui lo stesso Croppi fu assessore alla Cultura; in realtà, a me sembra, molto più il racconto di un sogno (personale e collettivo) malamente infranto. “Romanzo comunale” è un libro di cronaca, ben scritto assieme a Giuliano Compagno, che rivela i meccanismi del sistema di spartizione minuto e acrobatico del potere, in una Roma stanca e strozzata dai suoi stessi ancestrali tentacoli.
Non è, tutto sommato, dunque, un libro contro il sindaco Gianni Alemanno colpevole di aver rimosso l’autore Croppi dall’incarico, quanto un’opera contro quegli oscuri (si fa per dire) meccanismi di potere, appunto, che ne hanno procurato tanto la caduta da assessore, che costretto all’angolo Alemanno per manifesta inferiorità culturale, e mi pare di comprendere, anche un poco umana.
Croppi denuncia l’esercizio del potere e la velleità di prestigio individuale propagandate o addirittura inoculate dallo stesso, per confondere gli individui e le loro coscienze in una competizione violenta e senza regole. Il ruolo è l’ebbrezza dell’omologazione, è l’equivoco e lo strumento con il quale il potere determina, falsandoli, l’onore e la dignità dell’individuo.
La politica non centra nulla, l’esercizio del potere non è così direttamente relativo alla politica come la cronaca di questi giorni potrebbe indurci a pensare. Ciò che il potere corrompe, non è la politica che è - di per sé - incorruttibile, ma gran parte di coloro che di questa, oggi, ne fanno professione.
Nel libro si susseguono, ovviamente, storie di esseri umani paradossali e senza anima (e di persone per bene, grazie al cielo) che affollano gli uffici, i musei e i teatri capitolini in una narrazione fatta per capitoli che vanno dagli esordi della campagna elettorale, fino ad oggi, e si comprende che il senso tragico dell’ascesa a volte - come nel caso in questione - supera quello della caduta. Perché è qui il punto, questa l’accusa: Croppi, in fondo, rimprovera ad Alemanno di non aver avuto il coraggio e la determinazione politica necessaria ad affrontare quella rivoluzione attesa per anni, che la storia gli offriva su un piatto d’argento. Gli rimprovera, insomma, di aver esercitato - come un politicante qualunque - il potere a scapito della politica.
Perché non è vero, come scriveva Tucidide, che per una necessità della natura, ogni essere, chiunque egli sia, esercita, per quanto può, tutto il potere di cui dispone. C’è sempre la possibilità di elaborare un pensiero capace di correggere l’essere. Il male è - tutto sommato - mancanza di conoscenza, è l’incapacità del singolo di interagire o innestarsi nel tutto.
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