Femminicido italiano

Annientate da coloro che dicevano di amarle e rispettarle, un amore coniugato al solo singolare, senza il minimo interesse per la compagna

Un modo remotissimo di intendere il rapporto uomo-donna, un’usanza che resiste imperterrita al progresso civile

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Annientate da coloro che dicevano di amarle e rispettarle, un amore coniugato al solo singolare, senza il minimo interesse per la compagna

Domenica Menna (24 anni),  Carmela Petrucci (17), Sandra Lunardini (50), Cristina Rolle (32) e potremmo continuare ancora a lungo.

Sono i nomi di alcune donne uccise dal pauroso e meschino evolversi del femminicidio italico, dalla violenta e sconsiderata cultura del maschio che non vuol assolutamente cambiare.

«Cosa? Mi vuoi abbandonare per un altro?», « e allora ti spazzo via come sporco sul pavimento. Ti annullo completamente dalla tua inutile vita, e da quella dei tuoi cari».

Sono ormai troppe le ragazze, le madri, le divorziate che vengono uccise in questo modo.

Annientate da coloro che dicevano di amarle e rispettarle, un amore coniugato al solo singolare, senza il minimo interesse per la compagna.

Gli uomini, in Italia, stanno passando il limite, e quando una donna muore ammazzata l’assassino, la maggioranza delle volte, è un volto conosciuto, molto conosciuto!

E muoiono perché si permettono di difendere la sorella attaccata bestialmente dall’ex fidanzato.

E muoiono per altri mille futili motivi, sui quali prevale la rabbia, l’odio, la gelosia e la perversità dell’animo umano.

Un modo remotissimo di intendere il rapporto uomo-donna, un’usanza che resiste imperterrita al progresso civile.

L’uomo odierno, anzi meglio dire la fiera immonda, che picchia, violenta, maltratta sol perché non può accettare un no, un rifiuto, e si ritrae nella credenza preistorica dell’essere tradito, ingannato, continua ad usare il proprio onore come scudo barbaro e ignorante di coloro che ottemperano ad un’idea snaturata della reputazione e della credibilità.

Frequentemente il femminicidioè l’ultima meta dopo una serie innumerevole di maltrattamenti e brutalità all’interno di una relazione.

Il tutto inizia da qui, da una causa che porterà esclusivamente al peggio.

Questo atteggiamento è tipico dei maschi dominatori, che non sopportano un rifiuto della donna, eredi di una memoria da cui da sempre si sono sentiti riconosciuti di prendere e pretendere con la brutalità della forza selvaggia tutto ciò che veniva loro rifiutato.

C’è, però, anche da sottolineare alcune cose: l’adulterio, fino al 1968, era punito soltanto se a realizzarlo era la donna, l’illegalità esisteva solo in questo caso; le sevizie e la violenza sessuale sono diventati reati “ contro la persona” solo nel 1996; fino ad allora veniva considerato “ reato contro la moralità e il buon costume”. Prima di queste date la donna era considerata nettamente al di sotto dell’uomo, quasi fosse una realtà effimera, da considerare minimamente.

Sono passati decenni da queste nuove introduzioni legali, dove il diritto è un affare anche per donne, e nonostante ciò le vessazioni di fidanzati, mariti ed ex si denunciano sempre con il contagocce.

Un rimedio?

Inoltrare dalle scuole elementari il rispetto per l’universo femminile, dell’assoluta parità tra i due sessi, ma soprattutto educare i giovani sin dall’inizio, così da evitargli di diventare oscuri protagonisti violenti di donne sottomesse.

Partire dal presupposto che uomo e donna devono scambievolmente trasmettersi deferenza e convivere nella parità assoluta. Il resto, poi, viene da sé.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Centro Documentazione Violenza Donne il 06/11/2012 21:30:29

    http://violenza-donne.blogspot.it/2012/08/in-italia-non-esiste-unemergenza.html http://violenza-donne.blogspot.it/2012/08/rapporto-sulla-violenza-delle-donne-in.html

  • Inserito da Loredana il 05/11/2012 14:47:07

    Iniziare dalle scuole elementari e soprattutto da casa propria. Spesso i maltrattatori ripetono uno schema che hanno già visto molto vicino, con il padre violento verso la madre, e la madre che accetta. Purtroppo resiste ancora l'orribile pregiudizio che "mi picchia, ma per il mio bene", come se la donna accettasse di se stessa di essere vista come una specie di bestia selvaggia da riempire di botte per camminare sulla retta via. Forse i cavalli selvaggi si trattano così? Credo che se si cercasse di picchiarli, reagirebbero, e i loro calci non sono carezze. In ogni caso, per quale motivo un essere umano dovrebbe essere trattato come una proprietà da bistrattare a piacimento?

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