L'ultimo libro di Giovanni Ricciardi: Portami a ballare

Corpi che danzano, avvinghiati al ritmo carnale e avvolgente di musiche d’oltreoceano

Il quarto episodio della serie delle indagini del sagace commissario Ottavio Ponzetti e dell’immancabile ispettore Mario Iannotta

di Annamaria Torroncelli

Corpi che danzano, avvinghiati al ritmo carnale e avvolgente di musiche d’oltreoceano

La copertina del libro

Corpi che danzano, avvinghiati al ritmo carnale e avvolgente di musiche d’oltreoceano.  Mentre si consuma un misterioso delitto.

È il tango il protagonista di Portami a ballare, il quarto episodio della serie delle indagini del sagace commissario Ottavio Ponzetti e dell’immancabile ispettore Mario Iannotta, nati dalla fortunata penna di Giovanni Ricciardi. Un protagonista silenzioso, e prepotente. O per dirla con le parole di Borges,  citate nella dedica, con quel tanto di mistero che ci ricorda ciò che siamo stati o, forse, ciò che avremmo voluto essere.

La storia si sviluppa tra Roma, Bolsena e la Spagna. Siamo nel pieno dell’estate del 2010, quando la città è deserta  e le famiglie del commissario e dell’ispettore sono già al mare. Andrea Perfetti, un ghost-writer che vive isolato in una villetta sul lago di Bolsena, viene trovato ucciso a Roma presso Porta Latina, uno degli angoli più affascinanti del  quartiere San Giovanni. La faccenda, all’apparenza molto intricata, coinvolge  il mondo delle scuole di tango della città e vede anche un altro protagonista, Marcelo Morin, un noto ballerino di tango argentino, la cui biografia è stata scritta da Perfetti in qualità di ghost-writer. A completare il quadro l’immancabile donna misteriosa, dalla chioma fulva e l’accento anglosassone. La soluzione del garbuglio arriverà grazie all’intuito della coppia Ponzetti-Iannotta, coadiuvata, incredibile dictu, anche da Jorge, l’amato e odiato genero spagnolo di Ponzetti.

Anche questo romanzo, in analogia ai precedenti ( I gatti lo sapranno, Ci saranno altre voci e Il silenzio degli occhi), si snoda attraverso le strade e i luoghi di Roma, neghittosa e pigra, più del solito. Ponzetti si conferma un poliziotto sui generis che ama risolvere i casi criminosi affidandosi al suo intuito psicologico, muovendosi con abilità nei meandri dell’investigazione, e tenendosi alla larga da tutte le diavolerie tecnologiche della polizia scientifica. Un delitto è un affare di testa e di cuore, e per sciogliere gli enigmi bisogna entrare nell’anima delle persone. Perché è lì sta la chiave di volta.

Che Roma, indolente e sorniona, sia una città dalle mille suggestioni, lo abbiamo sempre saputo, ma immaginarla, affogata nel caldo di fine luglio sulle note di una milonga, è quantomeno  inusuale.

Le storie di Ricciardi, e i suoi lettori lo sanno e ne apprezzano il pregio, ci regalano vacanze a  Roma. Per chi a Roma abita e la conosce a menadito, e per chi romano non è, e la conosce solo di sfuggita, attraverso foto e documentari. Il lettore va a passeggio, senza accorgersene, in una città diversa da quella che vedono gli occhi avvelenati dalla quotidianità, vagabonda in luoghi  noti e meno noti di una Roma ammaliante e inquietante, eterna e poliedrica. E così, in Ci saranno altre voci, trascorre qualche ora nel quartiere Esquilino, colto nella sua crescente multietnicità, e poi, di colpo, si ritrova nel borghese ed algido quartiere Parioli. Oppure, in Portami a ballare, si aggira nella zona di S. Giovanni dove le suggestioni storiche della Porta Latina e del parco degli Scipioni si mescolano alla vita pulsante  di un quartiere dalle tradizioni sanguigne. Senza dubbio alcuno, questa capacità costituisce uno dei punti di forza dei romanzi di Ricciardi. Mi piace molto, anzi moltissimo.

Come altro punto di forza è la raffinatezza della sua scrittura. Una raffinatezza che trae la origine da una cultura classica, profonda e mai fine a se stessa. Che gli consente di usare sovente locuzioni latine , senza trasformale in zavorra letteraria, e senza allontanarlo da un pubblico non particolarmente incline alle ricercatezze letterarie, trasformando questo vizio/vezzo, come ama definire i suoi latinorum lo stesso Ricciardi, in un leitv motif. Quasi come le orchidee di Nero Wolfe, le mangiate di pesce di Montalbano, la pipa di Maigret.

Ma il nostro commissario dalla curiosità sfaccendata del DNA romano risulterebbe incompleto se non avesse al suo fianco il fido Iannotta, anima semplice e robusta per concretezza e senso della realtà. Si completano a vicenda,  nel pieno rispetto del topos letterario della coppia investigativa.

Trasteverino de Trastevere, capace di ingollarsi un pantagruelico pasto fatto di filetti di baccalà fritti, fiori di zucca, mozzarelline fritte, olive ascolane e panzerottini, margherita con bufala e terminare con due caffè, due Amari del Capo, senza fare una piega e rigorosamente prima di iniziare una ferrea quanto improbabile dieta, Iannotta, a sua volta, ha bisogno del razionale Ponzetti. Anche quando si tratta di affrontare problemi personali. Come quando, in preda ad una profonda crisi di gelosia nei confronti del suo bimbo, rapitore,ai suoi occhi, delle attenzioni della compagna, completamente assorbita dalla prima tardiva maternità, chiede aiuto e conforto all’algido commissario. Che nella consueta parsimonia di parole e sentimenti  si limita a dire: …è normale. Parla con tua moglie. Sono cose che passano. 

Parole che volano via come una boccata di sigaretta, con distacco, quel distacco dai sentimenti, solo apparente, a dire il vero, che è spia del mistero che rappresenta per lui l’universo femminile. A cominciare dalle donne di casa, moglie e due figlie.

Un distacco che tormenta lui stesso e che gli fa dire: So solo che risolvere un caso non mi dà gioia. E vorrei capire il perché.

Perché lei non si risolve mai per davvero a risolvere un caso. Lei vorrebbe risolvere la vita, gli risponde l’avvocato Galloni.

Come tratteggiare meglio il Ponzetti commissario, il Ponzetti uomo? Quel suo rimanere sempre sospeso tra realtà ed elaborazioni mentali che lo rende imperturbabile davanti a qualsiasi sentimento, e pervaso da mille malinconie?

La trama gialla coinvolge il lettore in una lettura rapida e avvincente. È ben costruita, complessa quanto basta, con un pizzico di cerebralità, in ossequio, seppur involontario, alla ricercatezza d’atmosfera. La scrittura scorre limpida, cristallina, elegante, mai sciatta. Attenta all’uso delle parole, puntuale nella resa descrittiva e narrativa.

Ricciardi ci ha abituato ai ritmi dolci di una narrazione che, a dispetto degli apparenti tempi lenti, tiene avvinto il lettore, e lo culla in un piacevole vagabondare dell’anima. Regalandogli la godibilità della trama investigativa classica e la piacevolezza letteraria del romanzo.

Che ti fanno rimpiangere di essere giunto all’ultima pagina.

 

 

Giovanni Ricciardi, Portami a ballare. Le indagini del commissario Ponzetti, Roma, Fazi editore, 2012

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