Femminicidio

Morta la studentessa indiana violentata dal branco su un autobus

Nessuno ci ha detto che indossasse vestiti succinti, ma anche se fosse, Don Piero colpevolizzerebbe anche lei?

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Morta la studentessa indiana violentata dal branco su un autobus

Il 20 dicembre sulla nostra rivista, che combatte con ogni forza il femminicidio, abbiamo trattato dell’orribile stupro compiuto da 6 criminali ai danni di una giovane studentessa 23enne, su un autobus privato a Nuova Delhi.

La donna è morta alle 4.45 ora locale (21:45 italiane di ieri sera), dopo avere disperatamente lottato per ben due settimane tra la vita e la morte, appena dopo l’attacco in un ospedale di Nuova Delhi, e in seguito in una clinica a Singapore.
"Si è comportata da eroina, lottando lungamente e disperatamente, cercando di battere la morte, ma le ferite che le sono state inflitte non le hanno permesso di vivere”, queste le parole di Kelvin Loh, direttore dell'ospedale Mount Elizabeth di Singapore. La salma della studentessa tornerà in India nella tarda giornata di oggi.

In questi giorni ho trattato, personalmente, il caso di don Piero Corsi, un uomo -per il sottoscritto- aberrante, visto l’abito che indossa.

Un cosiddetto uomo di Dio!

Se veramente gli esseri umani, che l’Onnipotente schiera sulla terra per rappresentarlo, fossero come il prete di Lerici non crederei assolutamente più a niente.

Ma, fortunatamente, sono ben altre strutture che mettono a capo di una comunità simili individui.

Questa giovane donna, sventrata da violentissime bestie, con il soprannome di uomini, era tranquillamente salita sul bus con un amico, in seguito picchiato a sangue e scaraventato dal veicolo in corsa, per trascorrere una tranquilla giornata.

Non si parla, nei media, che la sventurata indossasse abiti succinti, altrimenti a quest’ora sarebbero già usciti fuori quelli con il detto facile “se l’è voluta, avrebbe dovuto avere più rispetto per se stessa…” e idiozie varie.

Andate a spiegarle, alla famiglia della giovane indiana, certe farneticanti prese di posizione.

O cercate di esporre certe tesi alla ragazza padovana di 20 anni stuprata da due nordafricani, mentre la sua amica che provava a fare resistenza veniva buttata nel canale.

Tentate di avvicinarvi e dirle “avevi quello scollo vertiginoso, quei pantaloni così attillati, che te la sei proprio cercata”…

Andate, andate a insegnare il vostro orribile credo a chi, da quel giorno in poi, vivrà nell’incubo di quel ricordo, o col pensiero fisso di aver contratto una malattia… chi si sentirà per sempre quelle schifose e viscide mani addosso… quel contatto animalesco non voluto e forzatamente sopportato per magari restare in vita. Mi spiace ma un abito qualunque esso sia, anche il più riprovevole non può mai giustificare la violenza contro una donna. Non solo, chi si schiera dalla parte delle farneticazioni di don Piero, come lui, ignora che la maggioranza delle violenze sulle donne, la stragrande maggioranza, è indipendente dall’abbigliamento indossato, a meno che non si immagini troppo provocante la donna di 83anni stuprata da un romeno ad Albuzzano (PV).

O quella di 87anni violentata e uccisa da una coppia di romeni, durante un furto in casa a Hoetting in Tirolo, poi arrestata dalla polizia austriaca.

No, signori miei, bisogna tenere distinto il diritto alla vita di qualunque essere umano e il nostro giudizio sui suoi comportamenti o abbigliamenti, quando un’opinione per quanto condivisibile arriva a legittimare, anche se non esplicitamente la violenza, quell’opinione è quanto meno espressa male e come tale pericolosa.

L’errore di don Piero e di coloro che lo giustificano sta nel mettere insieme, nell’istituire un ovvio rapporto di dipendenza fra l’abbigliamento e la violenza.

Se anche un abbigliamento provocante, indecente, per non dire non elegante e sicuramente neppure raffinato mostri più di quello che dovrebbe di una donna; se anche un atteggiamento, parimenti provocante, è da censurare, niente di tutto ciò può essere utilizzato né dialetticamente, né formalmente, né logicamente per parlare di violenza sulle donne.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da beatrice il 29/12/2012 17:13:09

    Vedi, Max, tempo fa ho letto il commento che un sito contro la violenza ha lasciato sotto un tuo articolo. Sono andata a vedere il sito, e sono rimasta alquanto stupita. Il sito era tutto incentrato sul dimostrare che il femminicidio è una sorta di “montatura”, che i numeri di donne uccise in realtà non dimostrano niente, perché possono essere equiparati a quelli di uomini uccisi dalle donne. E che il tutto poteva servire a livello politico per ottenere non ricordo quali privilegi da parte delle donne…magari non ricordo benissimo tutto il discorso, ma ciò che ricordo bene è il senso di amarezza che mi ha lasciato leggere quelle parole. E’ ovvio che va condannata qualsiasi forma di violenza, anche quella delle donne sugli uomini, sia essa fisica o psicologica. Certo, anche le donne possono uccidere, anche le donne possono devastare la mente dei propri figli, e commettere le azioni più immonde. Ma questo non può servire come giustificazione al femminicidio, e non può servire per mascherare numeri decisamente importanti che riguardano l’uccisione di donne da parte di compagni, mariti o affini, o la violenza sulle stesse. Non penso che gli altri numeri, quelli riguardanti gli uomini, vengano oscurati, penso che siano statisticamente inferiori. Per un insieme di motivi. Oltre alla maggiore forza fisica e agli alti livelli di testosterone (che indurrebbero una maggiore aggressività nell’uomo, ma non tutti sono d’accordo), alla base di questi omicidi e di queste violenze sta sicuramente l’aspetto culturale. Ne ho già parlato. Dal nord al sud, dall’ovest all’est del mondo, là dove non vi sia un radicato rispetto nei confronti della donna, là dove sia considerata un oggetto da possedere a proprio piacimento, e non un essere umano da rispettare, continueranno ad esserci femminicidi. La cultura maschilista è difficile da sradicare, resiste anche negli ambienti dove pare non ci sia più…ma in realtà sopravvive, nella mente di quegli uomini che non accettano di essere lasciati, che vedono minata la loro virilità in caso di rifiuto, o che ritengono che la loro soddisfazione sessuale venga prima del rispetto di un essere considerato inferiore. Siamo ancora a questi livelli. Non solo nei Paesi lontani da noi, ma dietro l’angolo di casa nostra. 120 donne non possono essere un numero irrilevante. Ma anche una soltanto, sarebbe troppo.

  • Inserito da Loredana il 29/12/2012 12:03:00

    Non so cosa penserebbe quella specie di sacerdote patetico che ci ritroviamo sul territorio. L'ho ascoltato parlare l'altra sera alla radio, e al di sopra della nausea che saliva, ho pensato che il Don Abbondio manzoniano era un cuor di leone, al confronto. Ma di queste creature patetiche, dall'aspetto umano, non è il caso di parlare. Ho sperato fino all'ultimo che questa ragazza ce la facesse, e quando ho letto che se n'è andata, mi è dispiaciuto davvero molto. Ho pensato alla sua famiglia, e all'amico che era con lei, che non se l'è passata molto bene. Lei ha smesso di soffrire, ma chi è rimasto? Come si sentirà sua madre? Ho sentito di un'altra ragazza indiana, anche lei vittima di uno stupro di gruppo, che si è suicidata. Come spieghiamo alle madri di queste due ragazze che era colpa loro? C'è qualcuno in grado di farlo? Se queste deformità umane continuano a pensare di poter fare quello che vogliono solo perché hanno gli organi genitali all'esterno, e non vengono puniti per i loro crimini, temo che ci saranno ancora tante donne che non reggeranno alle ferite e alle umiliazioni, e se ne andranno. E questo ci renderà tutti più poveri e sempre meno umani.

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