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28 febbraio 2013

Il Santo padre rinvigorito lesse una lista di nomi...poi tornò la pace

Come avvenno che Benedetto XVI il giorno della rinuncia seguisse il volere del Vangelo secondo Matteo

di Anonimo Vaticano

Il Santo padre rinvigorito lesse una lista di nomi...poi tornò la pace

Un brusio accompagnò l'ingresso del Pontefice nella Sala Clementina. I cardinali del Sacro Collegio convocati da Benedetto XVI la mattina del 28 febbraio 2013 ebbero un moto di stupore nel vedere il Papa, prossimo a formalizzare la rinuncia alla dignità di Vicario di Cristo, rivestito dei paramenti pontificali con pastorale e mitria. Era un modo inatteso di congedarsi che strideva con le parole umili e quasi rassegnate pronunciate a fatica in latino appena due settimane prima, l'11 febbraio, ricorrenza della Madonna di Lourdes e dei Patti Lateranensi. Il brusio salì ancora quando un drappello di alabardieri della Guardia Svizzera in divisa da parata si collocò ai lati del trono sotto il grande affresco raffigurante il Battesimo di Costantino. Era un fatto inedito che la Guardia Svizzera entrasse in quella sala durante un'udienza e non si limitasse a presidiarne l'ingresso come voleva il protocollo.

E il brusio di stupore non si quietò ma salì ancora di più quando al seguito del segretario personale apparve la figura di un monaco incappucciato che a capo chino prese posto a lato del Papa, senza mai mostrare il volto agli astanti.

Dopo che Benedetto XVI si fu seduto, il segretario aprì una cartella rosso carminio e gli porse un foglio dattiloscritto.

Il Papa aggiustò gli occhiali sul naso, poi, prima di parlare, lo scorse rapidamente come a sincerarsi dell'esattezza delle frasi da lui dettate. La sala piombò in un silenzio gravido di trepidazione, mentre i vetri delle finestre sul cortile di Sisto V vibravano per il rimbombo dei tuoni di un temporale lontano.

«Venerati Fratelli», esordì il Papa e la sua voce non parve più quella indecisa e a tratti sofferente di due settimane prima, ma chiara e risoluta. Le durezze della lingua tedesca riaffioravano rendendo l'oratoria asciutta e austera.  «Nolite arbitrari quia venerim mittere pacem in terram; non veni pacem mittere sed gladium. Veni enim separare hominem adversus patrem suumet filiam adversus matrem suamet nurum adversus socrum suam: et inimici hominis domestici eius.»

Sollevò il capo dal foglio e colse nei volti dei porporati il disorientamento che quel brano in latino dal Vangelo di Matteo aveva provocato in loro. I cardinali si aspettavano infatti un discorso di commiato, redatto nel linguaggio ingessato in uso nella Sacre Stanze, non quel brano così crudo, che dava l'immagine di un Cristo guerriero, la cui predicazione doveva essere motivo di scandalo e di contesa anche tra chi era legato da vincoli di sangue; per questo si preferiva ricordarlo raramente nelle omelie e nelle prediche.  Né era comprensibile la ragione che aveva indotto il Pontefice a rammentarlo proprio in occasione della sua rinuncia al Soglio di Pietro. Poi, lentamente, i dubbi si chiarirono e ciò avvenne nel modo più inatteso e traumatico.

Benedetto XVI riprese a parlare. Stavolta però volgendo in italiano quel brano del Vangelo e lo fece senza leggere dal foglio dattiloscritto ma scandendolo a memoria, lo sguardo fisso verso i cardinali.  «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.» Calcò le parole su quest'ultima frase mentre numerosi uomini dalla taglia atletica, vestiti di nero, entravano nella sala e, in silenzio, si schieravano lungo le pareti della Clementina, circondando i cardinali e bloccando ogni via d'uscita.

Tra i porporati si sollevarono esclamazioni di stupore che in alcuni casi si tradussero in sgomento e angoscia. L'età avanzata di alcuni fece temere per la loro salute, ma il Papa intervenne subito a rassicurarli. «Non abbiate timore, questi uomini non sono qui per farvi del male. Appartengono alla Guardia Svizzera e mi sono fedeli sino al sacrificio supremo né potrebbero portare nocumento ai miei più devoti collaboratori quali voi siete, Venerabili Fratelli. Sono invece qui per difendervi e per rassicurarvi che il Soglio di Pietro non vacilla, né è in pericolo.»

Uno dei cardinali tra i più influenti si alzò e chiese la parola, ma Benedetto XVI, con un gesto perentorio lo zittì. «Non è questo il momento di parlare, ma di tacere ascoltando con umiltà il Vicario di Cristo.»

Il cardinale si sedette, né avrebbe potuto agire altrimenti poiché il vincolo dell'obbedienza lo costringeva a desistere dalla richiesta.

«Questi ultimi mesi sono stati traumatici per la Chiesa », continuò il Papa. «A chi osservava dall'esterno, è sembrato che intorno alla persona del Pontefice si consumassero intrighi e macchinazioni, volti in massima parte a conquistare una porzione sempre più grande di potere. Ma non è al carrierismo che deve tendere lo spirito dei vocati da Dio, quali noi tutti confermiamo di essere dacché riceviamo l'Ordine Sacro. Il male che si è insinuato tra alcuni di voi è opera del maligno le cui trame non smettono mai di intessersi, anche fin dentro i Sacri Palazzi, poiché la sua opera consiste nel gettare discordia tra i credenti soprattutto attraverso il desiderio di potere e di ricchezza. A voi tutti chiedo di rinnegare l’orgoglio e l’egoismo per vivere nell’amore, ri-orientandovi decisamente verso Dio.»

Il Papa smise brevemente di parlare, poi indicò alcuni degli affreschi che ornano la Sala Clementina. «Carità, Clemenza, Giustizia, Religione e poi Abbondanza e Benignità sono raffigurate su queste pareti per ricordare a tutti quale sia la via da percorrere e quale l'obbligo di condivisione che grava su ognuno di voi. Se insieme rinuncerete all'egoismo che spesso ha condizionato le vostre scelte, la Chiesa potrà uscire dalla crisi nella quale versa e anzi crescere ed espandersi, come il mio predecessore di venerata memoria il Beato Giovanni XXIII aveva sperato indicendo il Concilio Vaticano Secondo. Ora, eminenti cardinali, è giunto il momento per alcuni di voi di assumere la responsabilità dei propri atti. Come avrete ormai compreso, contrariamente al mio annuncio, non intendo rinunciare al pontificato, ma ho scelto di rimanere al mio posto. Nella recente settimana di esercizi spirituali condivisa con voi, ho meditato a lungo e lo Spirito Santo non ha mancato di venirmi in soccorso suggerendomi di rimanere al mio posto e indicando la strada da percorrere per riformare la Chiesa al fine di curarla dai mali da cui è afflitta da troppo tempo.»

Rivolse lo sguardo verso il segretario che prese dalla cartella un secondo foglio. Conteneva una lista di nomi che il Papa pronunciò lentamente, buio in volto.  Appartenevano a porporati, prelati e semplici religiosi che con il loro comportamento avevano nuociuto alla Chiesa dando scandalo, intrigando e cospirando.

Le parole del Papa si abbatterono sugli astanti con l'effetto di un uragano. Molti tra loro non seppero trattenere le lacrime, alcuni iniziarono a recitare il rosario, altri furono presi da malore e soccorsi dal personale medico del Vaticano prontamente chiamato.

In lontananza, nei cortili, nei corridoi e nelle stanze dei palazzi d'Oltretevere riecheggiavano ordini gutturali pronunciati in tedesco e in alcuni casi, peraltro rari, risuonarono colpi di arma da fuoco. Tutto però ebbe termine dopo pochi minuti, quando apparve all'ingresso della Sala Clementina il comandante della Guardia Svizzera che rivolse al Papa un gesto di assenso.

«Bene», disse il Pontefice, «ora tutto è compiuto. Nulla avranno da temere i cardinali i cui nomi appaiono in questa lista. Per loro sarà sufficiente ritirarsi nel convento Mater Ecclesiae che si trova nei Giardini Vaticani nel quale pensavo di dimorare se avessi rinunciato. Gli altri religiosi verranno ospitati dai Padri Gesuiti nelle terre di missione. Sarà per tutti un'occasione di preghiera e penitenza che durerà finché non disporrò diversamente. In questo periodo di transizione affiderò i dicasteri la cui presidenza rimarrà vacante proprio ai Padri della Societas Iesu che, seppure disarmata, è legata da uno speciale voto di obbedienza al Papa ed è un esercito non meno efficiente e fedele della Guardia Svizzera.»

Il Papa fece il gesto di alzarsi dal seggio ma un timido cenno del segretario personale gli rammentò un'ultima incombenza. Si rivolse al monaco seduto alla sua destra il cui volto era nascosto dal cappuccio.

«Ora puoi mostrare le tue sembianze.» L'uomo incappucciato obbedì, e tutti videro che non si trattava di un religioso ma del suo aiutante di camera al quale era toccato il processo e la prigione. «Lui è innocente. La sua coscienza lo ha spinto a rivelarmi con tempestività l'intrigo ordito alle mie spalle. Per lungo tempo ha finto di essermi infedele ma, nonostante le apparenze, ha servito fedelmente la Santa Sede rivelando nomi e circostanze e permettendo così di individuare chi tramava ai danni del Pontefice. Pertanto, dopo averlo anzitempo graziato, gli accordo la piena riabilitazione.»

L'uomo s'inginocchiò e gli baciò l'anello, mentre i cardinali defluivano dalla Sala Clementina, alcuni tra loro scortati con discrezione dagli uomini in borghese della Guardia Svizzera.                                                                                                

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