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Orsola Nemi, scrittrice e poetessa delicatissima

Una favola da ricamarsi intorno ai samosvieri lombardi e, magari, da raccontare a Totalità

Tra le sue favole, scritte in una prosa esemplare per cristallina semplicità e bellezza dello stile una era stata illustrata, e ciò costituisce un caso rarissimo, da Giorgio De Chirico

di Piccolo da Chioggia

Una favola da ricamarsi intorno ai samosvieri lombardi e, magari, da raccontare a Totalità

Per quanto è compatibile colle necessità tecniche di questa rivista si completa ora un argomento che pare essere rimasto in sospeso. Va pure detto che negli scritti brevi un tocco di lieve nebulosità nel finale non guasta la lettura perché è appunto questo protendersi nell’indistinto a creare nella memoria il ricordo dell’argomento medesimo. In uno scritto precedente avevo raccontato qualcosa, e ciò in pratica era tutto quanto ero riuscito a sapere, dato che nulla ho occultato al lettore, sui samozveri, che per noi ora sono i samosvieri, del fulminante Alexander Rodchenko. Gli autoanimali di fogge stilizzate in cartoncino che dovevano illustrare una favola rimasta incompiuta. E mi ero premurato di rendere noto che pure qui, nella nostra soleggiata penisola, si era visto un qualcosa di simile. 

Disegnato altrettanto da una mano geniale, capace di passare dall’architettura dei grattaceli allo scarabocchio da ritagliare e ripiegare in guisa di trasformarlo in un curioso animale a quattro zampe o due ali. Per l’estensione entusiasta del neologismo tratto dal calco immediato della parola russa, avevo nominato pure samosvieri questi animali, nati dalla fantasia classica e policroma dell’architetto e pittore Gio Ponti. Nel mio racconto avevo fatto entrare da un uscio laterale la notizia che queste figurine graziose me le ero ricostruite in cartoncino candido imitando e adattando la tecnica di Rodchenko al caso specifico. Et voilà: a queste poche linee che spero siano di gaio e rapido intrattenimento pel nostro lettore onnivoro di cose belle allego alcune fotografie, eseguite con tecnica assai estemporanea, delle scenografie ottenute. 

Non mi è ancora balenata l’invenzione della favola che potrebbe ricamarsi intorno a questi samosvieri lombardi ma non statuisco limiti: se qualche lettore se ne inventa una o ricostruisce gli autoanimali che qui vede e ne inventa degli altri voglia raccontare a Totalità la sua favola illustrata inviando lo scritto e le immagini. Una messa a punto: il riferimento alla cultura russa è qui solo la fiammata al magnesio che rischiara un panorama che è del tutto lombardo: il toro impuntato sulle zampe e l’aquilotto sventagliante le ali sono copie esatte di oggetti fauniformi costruiti dalla vivace industria d’arredamenti e begli oggetti che calava nella realtà dell’acciaio satinato o della ceramica i progetti dell’architetto milanese. Sull’internet sono rintracciabili fotografie degli originali e il lettore può eseguire un confronto. Ma la fantasia guizzante come l’argento vivo di Gio Ponti non si arrestava al bovino e al rapace. L’internet è come una miniera dove si deve continuamente vangare e rivangare in attesa della sorpresa. Che, nel caso, non tardava troppo a far capolino. 

Un altro bovino in quieta osservazione del posto migliore ove posarsi e ruminare lo ho trovato ancora allo stato di disegno; un gatto colla testa voltata a veder se qualche importuno non gli molesti la coda troneggia orgoglioso e costruito in metallo smaltato in un'altra foto. 

Li ho scoperti quando il furore, eroico pur esso a suo modo, del disegnare colle forbici, come scritto dal geniale architetto, mi si era lievemente chetato, come è naturale sia, dopo l’ubriacatura d’aver visto il tavolo della stamberga popolato d’uno zoo bianchissimo di lari ad ali dispiegate, tori, elefanti possenti, aquile in perlustrazione su picchi et cetera. E per questo non li ho costruiti. Restano un invito al lettore perché tenti lui a sua volta di ridar vita a questi diorami effimeri. Che sono poi una meravigliosa palestra di esercitazione alla fotografia. Per la favola da ricamare intorno a questa popolazione di fantasia posso consigliare al lettore di Totalità di leggere la pagina internet dedicata come queste linee al ricordo di Orsola Nemi, scrittrice e poetessa delicatissima. 

Tra le sue favole, scritte in una prosa esemplare per cristallina semplicità e bellezza dello stile una era stata illustrata, e ciò costituisce un caso rarissimo, da Giorgio De Chirico in una serie di disegni visibili pur essi nella pagina qui raccomandata. La Nemi era una genialità a tutto campo, da traduttrice dei classici francesi quali Balzac, Baudelaire e Flaubert, da novellatrice passava alle ricette di cucina e allo scambio di lettere con le lettrici sulle arti femminili del ricamo e del lavoro a maglia. Chi abbia letto la dilettevolissima “Storia tascabile della letteratura italiana” di Prezzolini troverà che pure per lei vi è un posto più che onorevole nella provincia letteraria del nostro impero spirituale delle arti.

Tornando ai samosvieri lombardi allego dunque a queste linee delle immagini. Esplico qualche particolare che mostri un poco la nobiltà dell’ispirazione: se l’aquila che sorvola il picco è un mio ritaglio, il picco in sé è tutt’altro che uno scarabocchio: esso è la copia esatta in cartoncino d’una scultura futurista in alluminio del 1935. Inventata da Bruno Munari. Il toro che sbuffa imbufalito alla volta dell’aquilotto che si sventaglia vanitoso sul tavolo è un disegno di Gio Ponti così come il volatile e pure il tavolo. Qui il mio omaggio all’architetto milanese è assoluto. La stìa allampanata di dove fa capolino il toro era il tentativo di modellare un tempietto classico e futurista ma per il quale mi sono arrestato dopo poco. Ritagliare e modellare la carta con arte è molto difficile e una natura sbrigativa cede presto. Il globo mi doveva servire a costruire un modello trionfale della “Città del Sole” dell’architetto utopico Ivan Leonidov. Russo. Ma anche qui l’eroico furore delle sforbiciate e della colla si diluiva nella contemplazione delle scenografie minime e non proseguiva.

Poscritto

I titoli delle favole di Orsola Nemi sono da ricordare per i giuochi di termini ed il ritmo musicale delle sillabe: “il gallo tramviere”, e qui il lettore afferra subito l’assonanza con un glorioso samosviere, variante colta del già visto samosviero, “la nave volante”: titoletto a metrica fine con doppia allitterazione ve-vo lan-lan, “nel paese di Gattafata”, la favola illustrata dall’altrimenti intrattabile De Chirico, di nuovo con allitterazione in ta-ta. E poi un libro dal titolo vagamente gogoliano ma più duramente desolato: “Anime disabitate”. Del 1945. Ma la notazione di tempo che qui allego è solo allusiva. Il titolo in sé è universale. Fuori tempospazio. “L’astrologo distratto”: di nuovo delle graziose allitterazioni: non stupisca che la Nemi ospitasse a casa propria Eugenio Montale.

Poscritto secondo

Nelle nascite spirituali l’astrologo è sempre distratto. Il titolo di Orsola Nemi è un augurio.

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