Parla Valentuomo

Luca Mastrantonio, «Corriere della  Sera», 9 aprile 2014

L’integrazione di gruppi etnici nomadi a Roma è un problema linguistico? Secondo Ignazio Marino sì: è soprattutto una questione di termini. Il primo cittadino della capitale, in una recente circolare comunale, ha chiesto che nelle espressioni della comunicazione istituzionale e nella redazione degli atti amministrativi al posto del termine “nomadi” sia «più correttamente utilizzato quello di “Rom, Sinti e Camminanti”». Secondo Marino, questa «proprietà terminologica» non è solo «un atto simbolico per il superamento di ogni forma di discriminazione», ma sarà addirittura «uno dei fattori centrali per superare le discriminazioni», permettendo di sostituire «l’approccio metodologico di tipo emergenziale». Un approccio così ottimisticamente linguistico, però, qualche dubbio lo lascia. Non solo perché a leggere ad esempio la Treccani, «nomade» è definito un «gruppo etnico che non ha fissa dimora e muta frequentemente residenza», con nessuna connotazione negativa. E nessuno si sognerebbe di considerare come discriminante il nome del gruppo musicale dei Nomadi, quelli della canzone Io vagabondo (che non sono altro). Ma perché l’idea del sindaco di Roma va contro quelle associazioni che operano sul campo a favore dell’integrazione delle popolazioni Rom, Sinti o Camminanti. Come l’Opera Nomadi, che nasce a Bolzano nel 1963, è attiva su tutto il territorio (compresa Roma), ed è stata riconosciuta come Ente Morale con decreto del Presidente della Repubblica nel 1970. È un ente linguisticamente immorale perché dedicato ai nomadi? No. È un’associazione che si occupa di problemi concreti, relativi all’integrazione sul territorio: dalle scuole ai mezzi pubblici. Marino, invece, confida molto nel rapporto tra iperonimi, le parole che come «nomadi» indicano l’insieme più ampio di cui fanno parte altre parole, e gli iponimi, che invece hanno un significato più specifico, come Rom, Sinti e Camminanti. Marino, da medico, sa che una corretta diagnosi è fondamentale per intervenire; ma sa anche che la complicazione terminologica, la confusione, la comprensione poco immediata del problema non aiuta la sua risoluzione. Servono, forse, interventi politici concreti più che astratte circolari da Accademia della Crusca.

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