I Racconti di Halloween

La vera ed unica storia della macchina del tempo

L'ambizione non s'accorda affatto con la bontà; s'accorda con l'orgoglio, con l'astuzia, con la crudeltà. Lev Tolstoj

di Il Raccontafavole

La vera ed unica storia della macchina del tempo

Momentaneamente, l'isolata stanza senza finestre rimase avvolta nella penombra a causa di un improvviso guasto alla corrente elettrica.

Un clic metallico fu udito inaspettato, e una nuvola di colore verdognolo brillò sotto la pallida luce di una lampada da scrivania.

David Eccleborne sorrise compiaciuto; non aveva oramai più forze. La sua grande invenzione, finalmente, era stata partorita. Dopo giorni e notti di lavoro e sofferenza, la maggiore creazione dell immaginazione umana aveva preso forma:  Eccleborne aveva appena inventato la macchina, tanto sognata, del tempo.

Orgoglioso, contemplò con gioia il piccolo marchingegno pieno di cavi e minuscoli bottoni.

Era minuscolo in effetti; perfetto per essere utilizzato al bisogno. Perfetto per soddisfare tutte le possibilità che aveva, ossessivamente, immaginato.

Avrebbe potuto viaggiare nel passato ed assorbire la conoscenza delle varie epoche e dei grandi scienziati. Conoscere Bohr, Einstein, Galileo, Leonardo.

Meglio ancora, avrebbe potuto viaggiare nel futuro ed utilizzare le sue conoscenze per poterle presentare agli uomini di scienze moderne. Avrebbe potuto fare di tutto.

Ma l'ambizione di David Eccleborne andò ben oltre ciò che immaginò fino ad allora. I suoi pensieri ebbero a trasformarsi in un'idea ansiosa e pulsante: voleva, ora, tornare indietro, molto indietro, addirittura nel momento in cui l'uomo, il primo essere vivente, apparve nel mondo.

Avrebbe contemplato i primi esseri umani e, magari, avrebbe potuto ergersi a figura da adorare, rivelando loro i suoi segreti e donando i suoi insegnamenti. Sì, sarebbe stato un dio per loro.

Il marchingegno emise un lungo ronzio e lasciò scappare una nuvola di fumo giallognolo dalla sua estremità a forma di pungiglione.  

Eccleborne era ansioso, non osava premere quel pedale che avrebbe dato il via a tutto. Ma sì, al diavolo il presente! Lui sarebbe fuggito verso il passato e avrebbe formato il suo futuro, un futuro in cui fosse l'uomo più grande di ogni era. Premette alcuni bottoni, pestò sul pedale e la macchina ben presto fu pronta per quel fantastico viaggio. Prima di ciò, l’uomo si diresse verso la scalcinata scrivania e prese una vecchia e pesante rivoltella, una Colt calibro 45. Non sapeva con quali bestie preistoriche avrebbe potuto misurarsi…era meglio essere pronti a ogni evenienza. Conservò l'arma in una tasca della sua bianca vestaglia di laboratorio e si sedette di nuovo sul piccolo marchingegno. Abbassò un paio di leve e una nebbiolina fitta e scura coprì i suoi occhi. Una nausea terribile s’ impadronì di lui, mentre capì che la testa sembrava staccarsi dal suo collo.

La nebbia, a poco a poco, cominciò a dissolversi e Eccleborne tornò a vedere senza difficoltà. Notò che non era più nel suo disordinato laboratorio. Davanti ai suoi occhi si estendeva una palude gigantesca e solitaria. Nel cielo brillavano tre soli arancioni, ed una serie di arbusti completamente sconosciuti popolavano il suolo fertile, pieno zeppo di insetti neri e disgustosi. Alcune grotte, probabili rifugi di bestie, potevano essere osservate in lontananza, e lui, allora, diresse i suoi passi verso di esse. Il fascino iniziale si trasformò ben presto nella tipica ansietà dell’esploratore.

Mentre si avvicinò ad un antro vuoto, sentì un rumore sordo che proveniva da dietro la sua schiena. Si girò velocemente e lasciò sfuggire un grido, nel vedere la cosa che era davanti a lui.

Un essere orrendo, simile a una scimmia deforme, iniziò a guardarlo attentamente con occhi giganteschi e brillanti.

La creatura camminava a quattro zampe, essendo queste villose ed enormi, come quelle di un gorilla. Il mostro aprì la sua orrenda bocca, lasciando intravedere una fila di denti putrefatti ed una lunga lingua nera, mentre emetteva un ululato acutissimo e selvaggio. Eccleborne non attese un attimo di più. Con un movimento rapido afferrò la rivoltella e scaricò un proiettile contro la bestia immonda. La detonazione suonò brutalmente, e l'eco s’incaricò di ripeterla. Il mostro cadde a terra, ferito. Per un momento cercò di strisciare verso David l’inventore, lasciando un rio di sangue verde e puzzolente, ma l’uomo premette di nuovo il grilletto colpendolo in mezzo agli occhi, spappolandogli il cervello e finalmente ammazzandolo. Dopo seguì solo un profondo silenzio. La piccola macchina del tempo si fece sentire alla sua maniera, con un ronzio profondo e metallico. Allarmato, Eccleborne contemplò con orrore come il marchingegno cominciasse a sgretolarsi a poco a poco. Come una zolla di polvere dispersa dal vento, la macchina sparì con lentezza, lasciando il suo posto al vuoto più totale. Per un attimo David l’inventore rimase esterrefatto, ma ciò durò pochissimo, dato che non poté evitare di piangere copiosamente vedendo che lui stesso si stava disintegrando. Mani, gambe, braccia… il suo corpo si autodistrusse irrimediabilmente, fino a che non rimase assolutamente più niente.

Nella pianura silenziosa, restarono solo gli insetti, destinati a dominare la terra da quel preciso momento.

Migliaia di anni di civiltà umana si disintegrarono con David Eccleborne, a causa della sua grande ambizione.

Con la sua pesante Colt 45, aveva ammazzato il primo, vero antenato dell'uomo.

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