Sofia e Caterina

Le due Romanov che governarono e rivoluzionarono la Russia

Rispettivamente sorella e moglie di Pietro ebbero fama di donne brutte ma intelligenti

di Francesca Allegri

Le due Romanov che governarono e rivoluzionarono la Russia

Sofia e Caterina Romanov

Pietro I, detto il Grande, zar di tutte le Russie era un genio e, forse, anche un pazzo, certo un uomo inquieto e contradittorio. Affascinate e crudele, abile artigiano e affetto da iperattività, appassionato del mare là dove il mare è soprattutto ghiaccio, grande amante del suo paese ed esterofilo, fondatore di città e guerriero; questo e molto altro ne fanno il padre della Russia moderna.

Due le donne che contarono sopra ogni altra nella sua vita: la sorella Sofia e l’amante Marta poi divenuta Caterina I. Ebbe una moglie, ma con lei e con il suo primogenito i rapporti furono sempre improntati a indifferenza. Eudocia Lopuchina, appartenente alla piccola nobiltà, sembrava una moglie conveniente e Pietro la sposò, gli zar quasi mai si univano alle figlie della grande nobiltà, avrebbero corso il rischio di concedere loro eccessivo potere.

Eudocia divenne zarina nel 1689, lei che era, secondo la definizione di un conoscente: gradevole d’aspetto, ma di intelletto mediocre e con un carattere non all’altezza del marito. Chi invece un carattere all’altezza di Pietro l’aveva avuto, e che forse gli somigliava molto, era la sorella Sofia (1657-1704), della quale poco si parla, ma che fu donna di tempra eccezionale.

Erano figli dello stesso padre, ma di madri diverse e fra di loro dieci anni di differenza. Come era fisicamente? Non è chiaro; alcuni contemporanei la giudicano bella, altri bruttissima, francamente dai pochi ritratti rimasti tendiamo a condividere la seconda opinione, ma quello che maggiormente risulta evidente è lo sguardo imperioso e l’atteggiamento austero. Sofia vestì sempre di rosso e  ruppe con ogni tradizione precedente. Le donne della famiglia dei Romanov vivevano, infatti, appartate nel terem, da dove uscivano raramente e quasi sempre per presenziare a cerimonie religiose; ma avevano una notevole influenza politica, se pure molto sotterranea, nel ruolo di consigliere dei rispettivi mariti o figli. 

Sofia taglia con queste usanze, vuole il potere e lo vuole alla luce del sole. In un primo momento, alla morte del fratello Fëdor, che era succeduto al padre, appoggia una rivolta di Stre’cy, le guardie di palazzo, per liberarsi degli ingombranti parenti di Pietro e soprattutto di sua madre, per lei matrigna, alla quale sarebbe spettata la reggenza. Pietro, insieme a Ivan, un fratello debole e malaticcio, viene nominato zar e contemporaneamente relegato in una villa in campagna, formalmente  per proseguire la sua formazione scolastica. E così tutto il potere rimane a Sofia, che subito comprese come la sua inusuale figura di sorella reggente dovesse trovare una giustificazione davanti agli occhi del popolo e  dei nobili. Nel compito difficilissimo di farsi accettare la giovane ha un’intuizione modernissima: si servirà degli artisti di corte, poeti e pittori, come cassa di risonanza e propaganda, in modo da giustificare la sua ascesa al potere. A differenza di molte sue coetanee, e della maggior parte dei nobili russi, era infatti coltissima, amava la poesia e conosceva il latino; il suo amante e primo consigliere, il nobile Vasilij Golicyn possedeva la più importante biblioteca del paese. In politica interna ed estera iniziò la strada che sarebbe poi stata proseguita, con maggior rigore e migliore fortuna, dal fratellastro.

Ammodernò leggi antiquate e barbare come quella di seppellire vive le donne che avessero ucciso il marito, allentò le restrizioni nei confronti degli stranieri residenti, ebbe qualche cauta apertura nei confronti dei cattolici e accolse gli ugonotti in fuga dalla Francia, firmò accordi commerciali con la Prussia, firmò un trattato di pace eterna con la Polonia e fondò, nel 1686, la prima Accademia russa, accettando anche maestri stranieri. Come si vede iniziò quel processo di ammodernamento e di apertura verso più avanzati paesi europei che poi sarà l’asse portante della politica di Pietro. Sfortunatamente il suo favorito, se pure uomo di grande cultura e di un certo acume politico, non era altrettanto buon soldato e le campagne militari intraprese  contro  i turchi ebbero scarso successo e questo segnerà la sua fine. Pietro non fu mai trattenuto da scrupoli di carattere morale o dai normali legami di affetto familiare, tanto che fece torturare e uccidere nella fortezza di San Pietroburgo il figlio primogenito Alessio, incolpandolo di aver ordito una congiura ai suoi danni. Ma le conseguenze della congiura, in questo caso assolutamente vera, della sorella furono, invece, assai meno pesanti. 

Sofia venne confinata in un convento, il suo amante e favorito destituito di ogni potere; questo atteggiamento, che potrebbe quasi definirsi benevolo, forse può spiegarsi solo come un implicito riconoscimento per le doti politiche di Sofia, forse un inaspettato premio al suo buon governo; per molto meno altri avevano fatto una fine ben più atroce. Ben diversa la figura dell’altra donna fondamentale nella vita di Pietro I: Marta Skavronskaja. Era di umilissime origini e forse non era nemmeno una bellezza in senso stretto, ma era allegra, ridente, dolcemente accogliente e buona bevitrice, dote quest’ultima che doveva piacere molto al regale amante. 

Marta era figlia di un contadino lituano, era andata sposa giovanissima a un soldato svedese e, alla morte di questi, aveva trovato impiego come domestica presso un pastore a Marienburg in Lettonia; fin qui una vita del tutto banale, simile a quella di chi sa quante  sue coetanee, ma poi la svolta  che la porterà a sedere sul trono di tutte le Russie: prima compagna poi moglie di Pietro ed infine, anche se per poco tempo, lei stessa zarina. Dopo la presa della città dove viveva da parte dei russi venne nelle mani di Aleksandr Danilovič Menšikov, sul quale conviene spendere qualche parola. Anche lui come Marta di umilissime origini, avendo conosciuto per caso nella casa dove si trovava a servizio il giovane Pietro, era riuscito, come poi la stessa Marta, a conquistarsene l’amicizia, divennero inseparabili compagni di bevute e di bagordi, ma Menšikov fu anche fedelissimo nonché assai abile amministratore. Pietro, molto intelligente e perspicace, ne conosceva bene i difetti, sapeva per esempio che rubava, ma ne apprezzava assai di più gli indubbi pregi. 

Avergli offerto Marta, che dopo la conversione alla religione ortodossa prenderà il nome di Caterina, fu un vero colpo di genio. Intanto Menšikov aveva capito bene qual era il tipo di donna, allegra, affettuosa e festaiola, che poteva piacere allo zar, al contrario della fredda e rancorosa Eudocia. Di Eudocia si dice, per esempio, che non fosse mai riuscita a conquistarsi nemmeno un barlume di affetto coniugale, sappiamo che scriveva appassionate lettere a Pietro quando questi si trovava lontano, ma ben dirado ne aveva risposta. Una volta poi che Pietro aveva trascorso una notte con una delle sue favorite, Anna Mons, per farsi perdonare le aveva portato in dono splendidi gioielli di artigiani tedeschi e Eudocia rabbiosamente li aveva scagliati via. Un atteggiamento non certo atto a conquistarsi le grazie del marito, il quale, fra l’altro apprezzava moltissimo gli artigiani stranieri che era riuscito a far stabilire a Mosca. 

Ma per tornare a Marta, una volta conosciuto Pietro, forse rimase l’amante di Menšikov, anche non se ne hanno prove certe, certo è invece che, dopo la morte di Pietro, sarà proprio Menšikov che favorirà la sua ascesa al trono. D’altronde la virtù di questa donna non doveva essere delle più inespugnabili se anni dopo fu sospettata di essere l’amante di Guglielmo Mons fratello della prima amante di Pietro; giustiziato con l’accusa di corruzione, ebbe la testa mozzata, questa, deposta in un vaso pieno di olio perché non si rovinasse, fu donata dallo zar alla stessa zarina a perenne monito. Comunque Caterina e Pietro ebbero numerosi figli, fra i quali il più amato, colui che dopo l’esecuzione di Alessio era destinato a succedere al padre, morì colpito da un fulmine, quasi una punizione divina per aver fatto giustiziare il primogenito. Del suo carattere abbiamo detto, del suo aspetto rimangono varie descrizioni, la più impietosa è di una principessa tedesca, Guglielmina di Bayreuth, che così crudelmente la descrive nel 1719: Bastava un’occhiata per capire i suoi umili natali…Dai vestiti la si poteva scambiare per un’attrice ambulante tedesca. 

Altri più generosamente dice di lei: Ha una rotondità piacevole; il viso è molto pallido con  tratti di colorito marcato e naturale, gli occhi scuri e piccoli, dello stesso colore dei lunghissimi e folti capelli, collo e mani sottili, un’espressione mite e molto piacevole. Avvenenza a parte, era fortissima: riuscì a sollevare con una mano sola una mazza che un attendente non riusciva a spostare. Condivideva con Pietro il gusto per il linguaggio scurrile e per gli scherzi grevi, ma era la sola che quando lo zar era preso da gravi crisi, forse epilettiche o forse conseguenza dell’alcol, veniva immediatamente convocata al suo capezzale e con la sua voce dolce e suadente riusciva a calmarlo fino a che si placava, si addormentava e poi tornava alla normalità. Nel 1712 si sposarono formalmente, ma forse la cerimonia vera era già stata celebrata qualche tempo prima, tuttavia la festa fu sontuosa, con fuochi di artificio e, naturalmente, numerosi brindisi. Dopo la morte dello zar, e dietro sua raccomandazione, fu regina; non era assetata di potere e lasciò il governo completamente nelle mani del suo favorito Menšikov, impedendo così che si formasse un partito dei nostalgici del defunto Alessio. Di lei si possono dire molte cose, che era dedita all’alcol, che era un’arrampicatrice sociale, che aveva una moralità assai dubbia, ma le va, però, riconosciuto che non lascò mai solo Pietro, seguendolo anche nelle più disagevoli campagne militari e, cosa ancora più rara, che non ebbe ambizione alcuna né desiderio di potere, il che è assai di più di quanto si possa affermare di molte altre regine. 

Morì due anni dopo lo zar. E la povera e dimenticata Eudocia? Rimase per molti anni in un convento sul lago Ladoga e, anche se formalmente aveva preso i voti,  aveva una certa libertà di uscire e di muoversi e probabilmente riuscì ad avere anche un amante. Si vendicò, forse, di colui che era stato suo marito ricomparendo a corte nel 1728 durante il regno del nipote Pietro II, morì per ultima nel 1731.

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