Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Pound a Rapallo
Il bardo Pound, scrisse molto per riviste e giornali italiani durante il lungo soggiorno ligure dell’anteguerra. Dal 1925 circa, al 1945 piovvero sulle redazioni della penisola lettere, articoli, corrispondenze firmate dall’Americano stabilitosi in una casetta sulle colline sovrastanti Rapallo. Sono, le sue, belle pagine che sorprendono per la vastità degli interessi e la profonda cultura. Svetta in questa miniera d’idee l’attenzione che il poeta dal Nuovo Mondo e innovatore della lingua inglese mostrava per il latino, da quello classico della romanità a quello neoclassico del cinquecento, passando per i mistici del Medioevo. Miniera di idee espressa in articoli che divagano a tutto campo e sempre compiono l’ egregio ufficio di far conoscere al lettore argomenti e Autori trascurati dalle scuole. In forma di un commosso e gentile ricordo, uno scritto è dedicato a Gilbert Keith Chesterton, difensore delle cause nobili e, al pari di Pound, sincero ammiratore dell’Italia. Seguono poi scritti che documentano lo studio del bardo dei Cantos per la Rimini di un tempo, quando Sigismondo e Isotta, cantati da Basinio Basini, faticavano nella bella impresa di portare le ceneri di Gemisto Pletone entro la città Adriatica. Poi, tanto per ricordare un tema classico dell’Americano, degli appunti sull’espressione illuminata da chiarità cristallina che si rinviene nel latino di Tacito e di Plinio definiti anche “conoscitori ed avversari dell’usura”. Un tema che sappiamo essere caro a Pound e che sviluppato all’estremo con corollari davvero arditi gli cagiona la cattura e l’internamento da parte del suo paese d’origine alla fine della guerra.
Eppure certi corollari se sono alquanto suggestivi per le relazioni istituite fra cose che tra di loro sembrerebbero lontane pure non sembrano poi così inverosimili. Come quando si scrive che è con il decadere della civiltà romana che avviene il tramonto della precisione linguistica del latino, esemplificata nel lapidario “Nomina sunt consequentia rerum”. E allorquando vi è decadimento di civiltà è in agguato l’avvento del “fine del lucro”. Un corollario, questo, che si svolge oltre nella constatazione davvero suggestiva che in concordia al decadere dell’esatta espressione linguistica latina decade pure la precisione del disegno in architettura. Se queste sono affermazioni che certo possono far sorridere uno storico dell’università assai più cauto nelle deduzioni pure non è detto che esse siano prive di fondamento.
Pound pone attenzione al fatto di come resti una continuità dal tempo classico della concisione e precisione tacitiane e pliniane in certi autori dell’Europa medievale quali il fiammingo Rodolfo Agricola. E istruttivo come voleva essere il poeta americano rinnova da quest’ultimo Autore del passato il primo proposito che lo scrittore deve albergare nella sua pagina. La quale deve essere composta
“Ut doceat, ut movet, ut delectet, ut non doceat non posse”,
ovvero voltando in italiano a che insegni, muova e diletti; ma che non insegni, ciò non può essere. E qui è superflua ogni aggiunta.
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