Editoriale

Ugl, sindacato della bufera, qualche idea per riprendere la rotta

In crisi come i partiti politici occorre un rinnovamento che rigeneri l'azione e restituisca fiducia

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

e tristi vicende che stanno caratterizzando questa fase della lunga e onorevole storia dell’Ugl – derivazione dell’eroica CISNAL – possono offrire lo spunto per una serie di considerazioni sull’evoluzione e sul ruolo del Sindacato, in particolare nei suoi rapporti con la politica. È quanto desidero fare, anche ricollegandomi all’articolo di Bozzi Sentieri sul tema.

Non entro  nel merito della controversia relativa alla regolarità dell’elezione di quest’ultimo: la questione è tuttora nelle mani dei magistrati, che giudicheranno nel merito (le ultime pronunce, e in particolare quella del 6 Agosto, si sono limitate a decidere, in via d’urgenza, la sospensione – non l’annullamento – delle delibere assunte dal Consiglio Nazionale, eletto a suo tempo dal Congresso Confederale, nelle sedute di ottobre 2014 e di febbraio 2015, non riguardando la sentenza il Consiglio del 16 maggio, dal quale uscì confermata l’elezione di Capone).

Non fosse per le difficoltà dell’operazione, sarei d’accordo con Bozzi Sentieri circa il ricorso alle  consultazioni di tutti gli iscritti, per decidere chi abbia il diritto di assumere il ruolo di Segretario Generale; è infatti evidente che, in questa lotta di vertice, il popolo degli iscritti e, più in generale, i “lavoratori”, sono rimasti sullo sfondo; ma - le primarie del PD insegnano - come scongiurare irregolarità quali doppie votazioni, insufficienti controlli sugli aventi diritto, eventuali brogli nel conteggio delle schede e così via? E poi, come superare il fatto che lo statuto della Confederazione non prevede un simile strumento para-referendario?

D’altra parte, ormai da tempo il Sindacato subisce la sorte del Partito: la fiducia che la gente ripone in queste formule associative è ai minimi termini, e lo dimostrano l’indifferenza e l’insofferenza con cui vengono accolte notizie anche poco importanti, come quella recente sulle abnormi retribuzioni di alcuni dirigenti della Cisl e lo stesso silenzio sulle vicende Ugl, ignorate dalla grande stampa e dalle tv.

In tale situazione, mentre i partiti “tradizionali” fanno registrare svuotamenti, flussi di transfughi, proliferazione di sigle, derive snaturanti che consentono unicamente il mantenimento di posizioni di potere personali e residuali, rispetto a quelle saldamente in pugno dei cosiddetti “poteri forti”, i Sindacati sembrano in preda a una paralisi e ad un’afasia, preoccupanti specialmente per chi ad essi riconosce una positiva funzione storica e perfino un possibile recupero di consensi e di capacità di incidere sulle dinamiche sociali. Se si escludono le scosse inferte al corpo sociale da sigle avventizie e da gruppuscoli di esagitati, - comunque in grado di nuocere agli utenti dei vari servizi, senza giovare di un nulla alla causa dei lavoratori coinvolti – al movimento sindacale restano solamente le liturgie di massa, ovviamente ininfluenti sulle iniziative del governo (basti ricordare che “jobs act” e “buona scuola” sono diventati legge, malgrado quelle liturgie e i malesseri manifestati da masse peraltro non sindacalizzate, come gli studenti). Per inciso, un simile frazionamento ricalca quello in atto fra i Partiti, dove, ad onta di tutte le riforme – più presunte che autentiche – del governo Renzi, non si riesce a sottrarre il potere di veto – e staremmo per dire, di ricatto - ai partitini, che non cessano di proliferare.

Lo si dice da tempo: compiti le funzioni del Sindacato non possono essere immutati, in un mondo dove tutto è mutato. L’Ugl di Renata Polverini lo aveva capito fra i primi, affiancando alla vocazione rivendicazionista classica strutture agili ed efficienti, in grado di far andare la Confederazione oltre i confini nazionali, contribuendo ai tentativi di governare i flussi migratori e di portare aiuti, sia pure nei limiti delle risorse disponibili, alle fasce di popolazione più disagiate sui territori d’origine; uno schema, questo, che oggi appare agli occhi di tutti come il più efficace, nel medio-lungo periodo, per frenare e incanalare quei flussi, senza depauperare di risorse umane quei territori.

Ora, sulla falsariga di quanto già avvenuto nel mondo della destra politica, sembra avviata una fase di frammentazione, di egoismi, di incapacità di una svolta innanzitutto culturale, in grado di conciliare il dato identitario con il perseguimento del bene comune. Il Sindacato ha sempre rivendicato la propria autonomia dalla politica; ma se questo è giusto in linea di principio e nei confronti di un Partito, diventa fuorviante, laddove questa autonomia non si coniughi, appunto, con forti spinte identitarie, basate sì sulla continuità rispetto al proprio passato, ma anche sulla capacità di rinnovarsi. Diversamente, perché un aspirante iscritto all’Ugl dovrebbe scegliere questa Confederazione, invece, che so, della Cisl?

Le battaglie che oggi, in Italia, un Sindacato dovrebbe condurre passano attraverso la riforma di regole che potrebbero essere condivise, a patto che, una volta modificate le norme esistenti, si facesse chiarezza sulla visione del mondo e della vita, non solo nel campo del lavoro. Per esempio, si profila un diverso rapporto con l’impresa – intesa come proprietà e come management – molto diverso da quello, meramente conflittuale, che deriva dal paleo-marxismo, con i suoi postulati sulla lotta di classe. Non potrebbe l’Ugl farsene banditore?

Quanto alle regole a cui si faceva cenno, esse si identificano in gran parte con l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione e con un aggiornamento delle norme sulla rappresentatività. Anche qui, l’Ugl potrebbe essere in prima fila, in questo movimento d’opinione: è gran tempo che il Sindacato assuma a pieno titolo la sua natura pubblicistica, come vuole la nostra Carta, con il corollario degli obblighi connessi (visto che si alimenta di denaro pubblico, oltre che di proventi delle iscrizioni), primo fra tutti la trasparenza nei bilanci e nelle attività collaterali. E un discorso analogo si potrebbe fare a proposito della rappresentanza, ovviamente previo controllo pubblico delle iscrizioni e, dunque, del peso effettivo delle singole Confederazioni.

Al cospetto di tali importanti e gravosi compiti, le diatribe di questi mesi in seno all’Ugl lasciano solo temere che sia in atto una manovra per distruggere questa gloriosa Confederazione; da quanto abbiamo appreso, infatti, il pretesto originario che ha innescato le contestazioni della minoranza consiste in una leggerezza nel conteggio dei voti e in un’acclamazione affrettata del Segretario Capone, comunque sostenuto da una congrua maggioranza. Non vorremmo trovarci di fronte ad un nuovo caso in cui il rispetto di regole formali si risolva nella rovina di interessi reali e legittimi.

Speriamo solo che prevalgano le ragioni della più genuina democrazia sindacale, con il ripristino del ruolo dialettico fra maggioranza e minoranza, e appare chiaro che all’interno degli Organismi statutari della Confederazione la maggioranza ha ripetutamente espresso la sua preferenza per Paolo Capone. E speriamo anche che gli stessi giudici investiti delle decisioni finali tengano conto  dei legittimi interessi degli iscritti e dei dipendenti dell’Ugl.

 

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Nazza il 19/08/2015 12:15:46

    Le osservazioni di Del Ninno sul sindacato in genere e sull'UGL in particolare non tengono conto del fatto che il sindacato in Italia, dalla fine del governo Berlusconi dove vi era un dialogo ed una collaborazione su molte tematiche, è ora considerato dai governi dei commissari "europei" che si sono succeduti (Monti, Letta, Renzi) degli ostacolo alla totale introduzione del libero mercato anche nel campo del lavoro e della previdenza sociale. Il sindacato si oppone a questi progetti come meglio può fare, e deve riempire anche il vuoto politico dei partiti che sembrano tutti condividere tacitamente questa direzione di marcia antisociale. Per quanto riguarda l'UGl, poi, si sta cercando di ricostituire una dirigenza nazionale ispirata ai valori sociali e nazionali (ad esempio, commemorazione della fondazione del Sindacalismo Nazionale a Trieste il 24 marzo 2015) ma un gruppo d'irresponsabili, probabilmente aizzati proprio dalle forze che vogliono distruggere i sindacati, stanno usando mezzi (giudiziari e non) per impedire proprio la ripresa dei valori nazionali e sociali da parte della Confederazione. Infine, ci sembra fuori luogo il richiamo alle primarie perché nessuno dice o ricorda che il sindacato UGL, a differenza dei partiti, svolge ogni quattro anni i suoi congressi a tutti i livelli. E, per quanto riguarda i lavoratori, ricordo che nelle aziende si vota per eleggere le Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) dove i candidati dell'UGL riscuotono - a scrutinio segreto, e non per nomina - buoni risultati superando a volte altre sigle sindacali più note.

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.