La madre del Santo

Quella strana Monnica che partorì Agostino d'Ippona e dopo mille anni fu proclamata beata

di Francesca Allegri

Quella strana Monnica che partorì Agostino d'Ippona e dopo mille anni fu proclamata beata

La figura della madre dolorosa, che piange preoccupata per la sorte dei propri figli è ricorrente, dai romanzi, alle sceneggiate napoletane alle canzonette strappalacrime; così Monica, la madre di Agostino di Ippona, antesignana di questa tipologia.

 Monica, o più precisamente Monnica, fu dichiarata santa dalla chiesa cattolica più di mille anni dopo la sua morte; personalità forte, donna decisa ebbe un influenza determinate sulla vita e sulle scelte di tanto figlio, proprio per questo la chiesa la riconosce come la patrona delle madri, soprattutto quelle che soffrono.

Monica nasce da una famiglia borghese nel 331 a Tagaste, una città del nord Africa, adesso Souk Ahras; come accadeva spesso all’epoca, la sua formazione fu affidata dai genitori ad una serva che, a quanto sappiamo, risiedeva in casa da molti anni e godeva della più completa fiducia dei padroni. Ebbe un’educazione cristiana e fu battezzata, probabilmente crebbe insieme a delle sorelle verso le quali la nutrice mostrava affetto, ma anche una severità ai nostri tempi inusitata, cercava così a quanto pare di abituarle alle difficoltà della vita. Nel ritratto che ne fa il figlio non appare fin da ragazzina  esente da vizi, il primo, e il più strano in una fanciulla, quello del bere. Pare, infatti, che i genitori la mandassero giornalmente ad attingere del vino a un tino della famiglia, Monica ne assaggiò per gioco un po’ e poi ogni giorno cominciò a berne mentre lo spillava, fino a raggiungere una discreta quantità. Si emendò tuttavia dal vizio quando una serva, nel corso di un litigio, ebbe a chiamarla beona, quella parola, detta per colpire e fare del male, fu invece un modo per riportarla sulla retta via. Quello che, tuttavia, colpisce nel racconto non è tanto il vizietto del bere del resto subito emendato, quanto il litigio con una serva e, a quanto pare, a male parole; non ce lo aspetteremmo da parte di una donna da tutti poi ritenuta santa.

Andò in sposa all’età di ventuno anni a un certo Patrizio pagano e anche la sua vita matrimoniale non fu tranquilla, prima di tutto il comportamento della suocera che, istigata da alcune serventi, la teneva in forte antipatia, ma Monica con un comportamento umile e rispettoso seppe disperdere le male lingue, anzi si aggiunge che le serve malvagie furono fustigate. E ancora una volta il comportamento di Monica desta in noi moderni un qualche dubbio, non pare  appropriato al carattere di una santa punire chi ha sparlato di lei, anche se a torto, più adeguato a noi sembrerebbe il perdono! Il figlio loda il comportamento che tenne poi col padre Patrizio. Questi le era molto affezionato e molto affettuoso con lei, ma pare che la tradisse di sovente e fosse preda di scoppi di ira, tuttavia mai la picchiò e qui ancora un episodio scarsamente comprensibile per la nostra moderna sensibilità. Monica si trovava spesso a  parlare con altre sue amiche che si lagnavano dei mariti e portavano in faccia segni di percosse, pare che fosse quasi usanza generale quella di picchiare, anche in volto, la moglie. Monica non sembra provare nessuna compassione per le poverette, anzi le corregge aspramente e rimprovera loro di non aver compreso il ruolo del tutto subordinato di moglie che, umile e rispettosa, deve cercare di placare le ire dello sposo, senza ribellarsi e senza irritarlo. Anche in questo caso non stupisce l’atteggiamento sottomesso di Monica né che lei lo indichi come la giusta via da seguire, era allora questo il sentire comune, quello che colpisce è l’assoluta assenza di pietà e umana compassione per le sue disgraziate amiche.

Comunque in questa vita matrimoniale che si regge sulla sottomissione e sul silenzio, ma forse anche sull’affetto, a Monica e Patrizio nascono almeno tre figli: il primo Agostino, poi Navigio e infine una sorella della quale Agostino non farà mai il nome, ma della quale dirà che, una volta rimasta vedova, si dedicò alla vita claustrale. Di più sappiamo di Naviglio che fu compagno del fratello in alcune sue tappe italiane e le sue figlie furono monache nel monastero dove era superiora la zia. Patrizio e Monica si accorsero presto delle eccezionali doti intellettuali del loro primogenito e cercarono di svilupparle in ogni modo, anche impegnando il loro non cospicuo patrimonio  familiare. Agostino dopo i primi rudimenti imparati a Tagaste, viene poi mandato a studiare retorica a Madaura e, concluso questo ciclo di studi, dovrebbe continuare a Cartagine, ma la famiglia ha esaurito i fondi e così deve tornare per un anno a casa nell’attesa che si trovino i denari; interverrà poi un certo Romaniano, un amico o forse un parente, con una sovvenzione che gli consentirà di  continuare gli studi superiori.

Sono anni questi in cui il rapporto fra madre e figlio si fa difficile. Monica è felice che il marito Patrizio, prima di morire ancora in età abbastanza giovanile, si sia convertito al cristianesimo e sia stato battezzato, ma è il figlio a darle continue preoccupazioni. Agostino si è, infatti, avvicinato alla setta dei manichei; il carattere di Monica, lo abbiamo visto, sotto un’apparente mitezza, nascondeva  forza e determinazione, e forte e determinata si mostra con il figlio. Per lui piange e si dispera, temendo fortemente per la sua vita spirituale, cerca consiglio e aiuto in uomini di fede, ma contemporaneamente, al suo ritorno da Cartagine, lo caccia di casa con durezza e Agostino è costretto a rifugiarsi presso Romaniano. Anche per un altro motivo Monica si trova in forte disaccordo con il figlio: si è accompagnato fuori dal matrimonio con una donna di umile condizione e da questa ha avuto un figlio: Adeodato.  Ancora una volta, almeno a quanto traspare dagli scritti di Agostino, nella madre nemmeno un accenno di comprensione e di vicinanza per la compagna del figlio, Monica vorrebbe per lui una luminosa carriera e questo suo desiderio di vederlo emergere, per ora senza legami, le viene rimproverato dal figlio come anche il fatto di aver procrastinato il suo battesimo, cosa che del resto all’epoca era usuale. Il battesimo, forse, lo avrebbe rafforzato nella fede cristiana e allontanato da molti errori futuri. Agostino poi decide di andare a insegnare retorica a Roma e la madre vorrebbe seguirlo, ma il figlio non la vuole con sé e la lascia in Africa con uno stratagemma.

Niente però sembra in grado di fermarla e, poco dopo, affronterà da sola la traversata, lo raggiungerà e da questo momento non si lasceranno più. Sarà con lui a Roma e poi lo seguirà a Milano, qui Monica diverrà una fervente seguace del vescovo Ambrogio e sarà proprio anche attraverso Ambrogio che Agostino si riavvicinerà alla fede cristiana e, dopo un intenso travaglio spirituale, si convertirà per sempre con grande gioia della madre che sente così di aver compiuto la sua missione sulla terra. Il percorso di avvicinamento alla fede è accidentato, molte sono le fasi che l’animo di Agostino attraversa e, sempre, la madre gli è vicina materialmente e spiritualmente. Sarà lei, per esempio, che lo convincerà ad allontanare la compagna; anche in questo caso senza apparentemente provare misericordia e comprensione per una poveretta che si era dedicata completamente al suo uomo e che l’aveva resa nonna di un nipote, per altro, a quanto pare, di singolare intelligenza. Anzi non appena partita la donna, si adopererà per trovare una fidanzata confacente per il figlio. Poi le nozze non si concluderanno perché, nell’attesa che la fidanzata raggiunga un’età confacente, Agostino deciderà di dedicarsi completamente a Dio.

Il battesimo sarà preceduto da una specie di ritiro spirituale in una villa in Brianza prestata da un amico, qui Agostino, la madre e alcuni compagni rimarranno per diversi mesi dedicandosi alla meditazione e all’approfondimento di argomenti filosofici e teologici. Monica sempre con loro, partecipa agli incontri e alle discussioni e le sue parole saranno tenute in gran conto, cosa inusitata in un’epoca in cui le donne non si credevano certamente capaci di affrontare ardue dispute teologiche. Poi dopo che il figlio ha deciso di tornare in Africa, a Ostia mentre aspettano di trovare una nave che li imbarchi per la patria, Monica muore nel 387, forse per un attacco di malaria. Le sono intorno i due figli e il nipote e, secondo il suo volere, non ne riporteranno il corpo a casa, ma verrà seppellita in Italia; lei stessa, infatti, affermava, che la sua sepoltura non aveva alcuna importanza, dato che in vita era riuscita raggiungere, con la grazia di Dio, tutti gli obiettivi che si era posta, in particolare vedere il figlio sulla via della vera fede. Il suo corpo sarà traslato a Roma, nella chiesa che adesso porta il nome del figlio, solo al momento della sua beatificazione voluta da Papa Martino V nel 1430.

Che dire di questa donna di cui conosciamo molto, ma solo attraverso le parole del figlio? Il giudizio che egli stesso ne dà, pur se altamente positivo, non è esente da ombre: il vizio del bere, l’ambizione, il rinvio del matrimonio e del battesimo. Anche a un osservatore moderno la sua figura appare per certi versi dubbia, certo l’amore per la fede guidò la sua intera esistenza, certo mostrò doti di non comune indipendenza, di forza di carattere e anche di intelligenza speculativa, oltre alla capacità di sapersi mostrare remissiva, quando era opportuno. Ma appunto sapersi mostrare, non essere! In realtà sembra estremamente determinata a fare quello che lei stessa ritiene il bene del proprio figlio, il che è naturale e lo era ancora di più in un tempo in cui i figli erano quasi considerati proprietà dei loro genitori; al contempo, però, mostra una totale insensibilità verso molte persone, e inoltre più deboli di lei: in varie occasioni delle serve, alcune sue povere amiche e soprattutto la donna che aveva donato con dedizione la sua vita completamente al figlio e che viene eliminata dalla vita di questi senza alcun rimorso o turbamento.

Allora Monica donna di fede ferrea, guida amorosa oppure madre possessiva, rancorosa e ambiziosa, capace solo di vedere il figlio come una sua estensione e determinata a eliminare qualsiasi ostacolo sulla sua strada?

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