Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Marco Messeri
Se il grottesco è il cono d’ombra del comico, o se si preferisce il risvolto buffo del tragico, allora l’interpretazione de L’uomo, la bestia e la virtù, in scena in questi giorni al teatro della pergola di Firenze per la regia di Giuseppe Dipasquale con Geppy Gleijeses, Marco Messeri e Marianella Bargilli è quanto di più pirandelliano ci possa essere. Molti i punti di contatto con la più celebre Il gioco delle parti, non per nulla scritta nel 1918, ossia appena un anno prima dell’altra: mentre però la ridicola vicenda di Leone Gala si concludeva tragicamente con la subdola eliminazione del rivale, qui il finale è “lieto”, se un tale aggettivo è lecito quando c’è di mezzo il grande drammaturgo siciliano. Ma c’è una scena – quella in cui il professor Paolino punta il coltello alla gola del capitano – che ci fa capire che la conclusione poteva essere molto diversa.
Dipasquale dà di questo dramma una lettura un po’ (troppo?) cabarettistica, ma il risultato convince e affascina. Pirandello avrebbe gradito? Secondo qualche spettatore surcigliosono, invece è probabile di sì. Perché in fondo, regista e attori sono andati molto vicino aquello che Pirandello ha mostrato in questo dramma: che la vita è una enormepupazzata, ed i primi fantocci sono propri i bravi borghesi con la loro presunta aura di rispettabilità, che si rivela invece la solita “maschera” pronta a saltare quando meno ce lo aspettiamo.
“Commediante in greco si dice upocritès… Vi pare giusto chiamare ipocrita uno che recita di professione?”.
Così il professor Paolino snocciola le sue perle di saggezza, lanciandosi in una filippica contro l’ipocrisia di cui potrebbe essere tranquillamente il primo destinatario. Lui, il professore che si atteggia a filosofo che ha “capito il gioco”, l’uomo integerrimo, “trasparente” sin nella … giacca, come viene efficacemente presentato in scena, ha una relazione con la signora Perella, apparentemente madre e moglie ideale, anche come vittima: il marito è infatti un rozzo ufficiale di marina che la trascura e si è rifatto una famiglia clandestina, vero prototipo dello zoticone che non per nulla indossa una maschera con vaghi tratti “bestiali” . Verrebbe quasi da pensare al celebre film di Disney La bella e la bestia, se non fosse che la signora in questione, più che una leggiadra fanciulla, appare invece una sorta di marionetta che recita la sua “parte” senza troppa convinzione, tanto che alla fine la casta matrona e il professore virtuoso si lanciano in un adulterio che appare ai loro occhi talmente giustificabile da non essere neppure sentito come tale; anche perché il marito rifiuta di fare la sua “parte”, per cui ….
Una vicenda dunque che più pirandelliana non si potrebbe, amara satira contro il perbenismo e l’ipocrisia di una borghesia che si aggrappa a dei simulacri di esistenza per non accorgersi di essere “nessuno”. E se così è, non si può che essere d’accordo col pubblico, che ha calorosamente applaudito una interpretazione in tutto e per tutto adeguata al contesto. A partire della regia, che riflette perfettamente il gioco di equivoci e inganni che innerva la trama; seggiole ribaltate, una serva che sembra una gallina,alcuni dei personaggi con movenze animalesche (il farmacista, ad esempio, sembra una volpe), quasi a significare che è difficile capire dove stia la bestia e dove invece l’uomo : non parliamo poi della virtù. Una scenografia “colorita” ma non sgargiante (le scene sono di Paolo Calafiore e i costumi di Adele Bargilli) che ricorda per certi aspetti le messe in scenadel periodo in cui l’opera fu composta; una simpatica intonazione “dialettale” di alcuni personaggi che riportano alla memoria alcuni tra i primi interpreti di Pirandello come Angelo Musco: tutti elementi che concorrono alla riuscita di uno spettacolo intelligente e ben calibrato.
Gleijeses incarna molto bene il tipo di personaggio pirandelliano della fase del “grottesco”: esagitato, ragionatore capzioso, tutto chiuso nella sua parte di cui però avverte a tratti l’inconsistenza. Il professore integerrimo dalla giacca di plastica diventa così un personaggio ambiguo e a talvolta torbido e violento, che fa ridere ma anche disgusta; mentre il capitano di Marco Messeri sa essere “bestiale” sino al limite (mai comunque superato) della macchietta,salvo rivelare in certi momenti qualche eco di dolente umanità:anche qui dunque difficile dire, nella bella interpretazione dei due personaggi, chi sia davvero la bestia e chi l’uomo, posto che per l’appunto vi sia un confine preciso. MarinellaBargilli offre una signora Perella decisamente irrigidita nella sua maschera sin quasi a sembrare una marionetta ma capace anch’essa, come quanto recita un breve ma appassionato monologo, di rivelare la sua dignità e la sua umanità ferita.
Buona l’interpretazione anche delle parti “minori”: uno spettacolo insomma decisamente di pregio, da vedere e meditare.
Prossime repliche sino a domenica 6 dicembre; feriali ore 20,45, festivo ore 15,45.
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Così é se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola
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