Icona immortale come Marylin

Simonetta Vespucci diva e musa, bellissima e colta, amata da potenti e artisti, morì a 23 anni

Andò in sposa a 16 anni au fiorentino e nella città del giglio trovò la sua gloria imperitura. È sempre suo il volto delle donne bellissime (Venere, Primavera) dipinte da Botticelli

di Francesca Allegri

Simonetta Vespucci diva e musa, bellissima e colta, amata da potenti e artisti, morì a 23 anni

Alcune donne, con la loro morte spesso prematura, divengono miti: sono le così dette star, le dive, le divine. Nel secolo scorso la Monroe, che ormai si identifica solo con il nome: Marilyn, quasi fosse uno dei grandi del passato: Leonardo, Galileo, Dante. Certo era un’attrice, e nemmeno spregevole, ma altre lo furono più di lei e forse erano belle non meno di lei, ma Marilyn sola è rimasta nel cuore di intere generazioni con una vera e propria adorazione che va ben al di là  dei sui effettivi meriti di recitazione. Sicuramente non estraneo alla creazione del suo mito anche  l’essere divenuta icona di alcuni artisti, valga per tutti il celeberrimo ritratto di  Andy Warhol: una serie di serigrafie in cui il volto sensuale della diva si ripete ossessivamente con la sola diversificazione dei vari accesi colori; l’immagine riprende in forma artistica un famoso ritratto fotografico della Monroe di Gene Korman scattato mentre si stavano girando le riprese del film tragico Niagara.

Ma per quanto moderno e pop appaia il caso di Marilyn, niente di nuovo sotto il sole, già molti secoli fa un’altra giovane donna sembra  precorrere, mutatis mutandis, quasi la stessa vicenda biografica. Anche lei in niente superiore ad altre del suo secolo, anche lei idolatrata dagli artisti contemporanei o immediatamente successivi, anche lei divenuta, proprio attraverso questi artisti, diva: Simonetta Cattaneo Vespucci. Era nata nel 1453, figlia di Gaspare Cattaneo e Caterina Violante Spinola, già vedova e madre. La famiglia faceva parte della ricca aristocrazia genovese, ma si era dovuta allontanare dalla città perché un fratellastro di Simonetta, doge di Genova, per tornaconto personale aveva chiamato i francesi in città e per questo era stato prima costretto a fuggire,  poi era stato ucciso. 

Il patrigno e la madre non avevano alcuna responsabilità in questa intricata vicenda politica, ma  stimarono comunque più appropriato allontanarsi dalla città e ritirarsi in una loro villa presso Portovenere dove  nacque  Simonetta, ultima di dodici figli. In seguito si trasferirono a Piombino dove risiedeva un’altra sorellastra di Simonetta, alla quale la giovane fu molto legata per tutta la vita e che aveva sposato Jacopo III Appiani, signore della città.

Come trascorresse i suoi primi anni e quale fosse la sua istruzione non è dato sapere con precisione, ma possiamo immaginare che non sia stata molto diversa da quella di altre giovani del suo stesso ceto: le arti del trivio e del quadrivio, un po’ di latino, un po’ di letteratura, naturalmente una buona educazione religiosa e poi due materie fondamentali per una giovane che volesse trovare un buon marito: il ricamo e la danza.

Tuttavia Simonetta non doveva aver molto bisogno di questi ornamenti aggiuntivi, sia la sua ottima parentela sia la sua bellezza la raccomandavano a pretendenti di alto rango; si aggiunga che il cognato l’aveva dotata riccamente attraverso le rendite di alcune miniere di ferro dell’isola d’Elba. Si fece così avanti il fiorentino Piero Vespucci che la chiese per il figlio Marco, coetaneo della ragazza.

I Vespucci erano una famiglia di mercanti, assai abbienti, e Piero si trovava allora come ambasciatore dei Medici presso la corte di Jacopo, del quale era anche socio in affari. Su Jacopo III giudizi contrastanti:  signore crudele, infido e senza scrupoli, ma anche buon amministratore e legatissimo alla moglie che sempre lo seguiva sebbene numerosissime fossero le sue amanti.

L’unico documento in cui a noi posteri è concesso conoscere direttamente il sentire di Simonetta si trova in una lettera del 21 marzo 1472 di Luigi Pulci a Lorenzo il Magnifico: La Simonetta dice che è più settimane che gli fu detto che la sorella era morta di questo [cioè per avvelenamento], e come tutti morrebbero senza manco, chè avevano bevuto.

La morte della sorella e del cognato, che tanto avevano fatto per la sua famiglia, ospitandola per ben dieci anni, e per lei con la ricca dote, deve averla sconvolta profondamente. Ma intanto Simonetta a sedici anni va in sposa a Marco Vespucci, e quasi come per un matrimonio moderno abbiamo  una documentazione visiva della cerimonia. Un cassone nuziale dipinto da Botticelli, fra l’altro con illustrazioni della  novella di Nastagio degli Onesti dal Decameron di Giovanni Boccaccio, porta in uno dei riquadri l’immagine di un banchetto di nozze; il tavolo è a ferro di cavallo e da un lato siedono gli uomini riccamente abbigliati, dall’altro le dame anche esse adorne come si conviene in tale festosa occasione. Al centro del gruppo femminile Simonetta, vestita di bianco, come sarà solito ritrarla appunto Botticelli e di fronte a lei un unico uomo, sicuramente il neo sposo Marco.

Giunta a Firenze la ragazza fece scalpore, prima di tutto per la sua bellezza, ma questa vale ben poco e stanca presto se non unita ad altre doti di fascino che la Cattaneo doveva possedere in abbondanza, sebbene giovanissima. In una città coltissima, raffinata e scettica come doveva essere la Firenze dello scorcio del secolo XV, la bellezza da sola certamente non poteva bastare per farne un’icona, appunto una diva; e diva divenne a tutti gli effetti.

Per primo si innamorò di lei Lorenzo che le dedicò alcuni sonetti, poi naturalmente il fratello minore Giuliano; come a tutti noto, fu lei infatti la dama del suo cuore, quella per la quale combatté, ed essendo fratello del Signore della città ovviamente vinse, nella giostra in suo onore. Ma quello che colpisce ancora più nel profondo è il fatto che Simonetta lascia un segno indelebile nella storia dell’arte e della  letteratura.

Suo è il volto  di quasi tutte le donne del Botticelli; i capelli biondi inanellati, le labbra carnose, la pelle luminosa, l’ovale perfetto, tutte le generazioni successive hanno continuato ad ammirarla fino ai giorni nostri: è lei la Primavera, è lei Venere che sorge dalle acque, è lei la Venere languidamente sdraiata su rossi cuscini con a fianco Marte dormiente.  Botticelli la deve aver conosciuta bene e frequentata quasi quotidianamente dal momento che abitava proprio in una delle case dei Vespucci. 

È  ancora lei la Cleopatra con l’aspide al collo di Piero di Cosimo, opera del 1480, circa quattro anni dopo la sua morte; come accadde, strana coincidenza, per il ritratto della Monroe di Andy Wharol, anche questo dipinto dopo la morte dell’attrice . È a lei che pensiamo ogni volta che riandiamo alla Firenze eccezionale ed effimera degli anni di Lorenzo, perché poi tutto passerà in fretta: Giuliano morirà nella congiura dei Pazzi e Lorenzo, anche lui, morirà non troppo anziano; con lui non finirà certamente la grande fioritura del nostro Rinascimento e neppure si oscurerà la gloria di questa piccola e immensa città; ma l’incanto della giovinezza di un’epoca e di una società finirà per sempre.

Simonetta, dipinta da Botticelli e cantata nelle Stanze per la giostra di Giuliano dei Medici del Poliziano, morirà giovanissima a soli ventitré anni. Giuliano la piangerà, come testimonia in una lettera lo stesso suocero della Cattaneo; pare, infatti, che spesso dopo la sua morte si recasse desolato a casa dei Vespucci a  chiedere allo stesso marito qualche ricordo della bella morta. Poi naturalmente Giuliano si troverà un’altra compagna dalla quale avrà anche un figlio, ma l’incanto di Simonetta rimarrà immortalato per sempre.

E dopo di lei il diluvio: la famiglia  prese parte alla sciagurata congiura dei Pazzi, in special modo Piero, che fu tenuto prigioniero nelle terribili galere delle Stinche, riuscì poi a trasferirsi a Milano, ma la sua fortuna si era ormai oscurata e la sua ricchezza volatilizzata. Lo stesso triste destino attese anche al figlio, che, tuttavia, pochi anni dopo si risposò ed ebbe molti figli. La fama dei Vespucci non dipese certo da loro, ma da un lontano cugino, che navigando avrebbe donato all’umanità un intero continente.

Ecco questa è la storia di una giovane divenuta, per la sua bellezza e per essere nata nell’epoca giusta, la prima star della storia; e così Firenze, che tanto ha dato al mondo in fatto di arte e ingegno, ci ha regalato anche la prima icona di stile, molto prima dell’avvento della così detta civiltà dell’immagine.

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