Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Strano destino quello di Carlo Imbonati, non risulta che abbia mai scritto una riga di carattere letterario, ma il suo nome compare in qualunque libro di testo: Parini gli dedicò un'ode quando era un bimbo e poi Manzoni un componimento dopo la sua morte, e ancor più strano è il fatto che condivida questo destino con la donna che più amò nella sua vita: Giulia Beccaria Manzoni, anche lei in ogni libro di testo senza aver mai composto niente.
Giulia era nata nel 1762 da Cesare, allora già scrittore famoso e da Teresa Blasco. Fra i due era stato amore travolgente, fieramente ostacolato dai rigidissimi Beccaria, soprattutto perché la ragazza non era adeguatamente fornita di dote; furono cacciati di casa e vissero in ristrettezze fino al provvidenziale intervento di Pietro Verri, su suo suggerimento una scena da commedia: i due si presentarono a palazzo Beccaria, chiesero perdono, Teresa incinta opportunamente svenne e furono perdonati. Giulia cresce così in una famiglia delle più importanti di Milano, un padre famoso in Italia e all'estero, ma nevrotico e debole che le riserva un affetto sincero, almeno finché è piccola, ma assai distratto; per la madre invece sembra essere invisibile. Teresa, ora al centro di una società brillante e frivola, vive una breve stagione di vita mondana, quello che la occupa sono le feste, le ultime creazioni di Parigi e gli uomini. Secondo l'usanza dell'epoca si fa un cicisbeo, cavalier servente e amante, tranquillamente accettato, sempre secondo l'usanza dell'epoca, dal marito, ma non si nega neppure altre distrazioni; morirà giovane ufficialmente tisica, ma molto più probabilmente di sifilide.
Giulia a dodici anni viene posta in collegio dalle suore e riceve l'educazione tipica di tutte le fanciulle da marito: poca cultura, l' esteriorità della religione, le buone maniere. Quando esce, bella intelligente vivace, e senza nessuno che si sia curato della sua crescita psicologica e morale, si innamora subito follemente e, come è ovvio, dell'uomo sbagliato. Se lo trova, se si può dir così, già a portata di mano: è il fratello minore di quel Pietro Verri, amico e sodale del padre. Giovanni Verri è l'ultimo di quattro fratelli e condivide la sorte di tutti cadetti: ricco di famiglia non potrà mai esserlo personalmente, poche le sue possibilità di carriera o nella chiesa o nell'esercito e, per decisione di famiglia, entrerà nell'ordine dei Cavalieri di Malta. Saranno gli anni più felici della sua vita: naviga e si fa onore, sarebbe la sua vocazione e chiede al padre di poter prolungare la ferma dopo i due anni regolamentari. Il padre, per motivi economici, negherà il suo consenso e Giovanni tornerà a Milano; bello e affascinante spopola fra le signore della buona società e, a trentasette anni, incontra Giulia.
Si amano molto: lei con il trasporto del suo carattere e del primo amore, lui per quanto glielo può consentire un’indole brillante ma non profonda. Su consiglio di Pietro Verri, intanto, si cerca per Giulia un marito conveniente e viene scelto il conte Pietro Manzoni, piccola nobiltà la sua e patrimonio non cospicuo; forse lo stesso Beccaria, se non fosse stato completamente preso dal suo secondo matrimonio che finalmente gli aveva dato il sospirato erede maschio, avrebbe potuto trovare un partito più adeguato, ma la trattativa si conclude e le nozze vengono combinate. Pietro Manzoni è l’esatto contrario di Giovanni Verri, quanto questi è affascinante tanto il conte è deprimente; e poi è vecchio, ha un anno più dello stesso padre della sposa. Oltre alla disparità di carattere e di considerazione sociale, nonché alla marcata differenza di età, la famiglia in cui Giulia entra è numerosa e la ragazza deve adattarvisi, ci sono diversi parenti fra cui una cognata smonacatasi dopo le soppressioni napoleoniche dei conventi. Pare che Giulia la detestasse per l’abitudine inveterata di spiarla in ogni momento; tuttavia si sposano nel 1782, tre anni dopo nasce l’unico figlio Alessandro; su la paternità di questi si è molto discusso, allora come adesso circolavano voci, probabilmente fondate, che fosse figlio di Giovanni Verri, tuttavia il conte Manzoni lo riconosce e il bambino segue la sorte di tutti i suoi coetanei nati in una famiglia bene, e come in ogni famiglia bene, la madre se ne prende ben poca cura.
Nella vita di Giulia, infatti, sta entrando colui che le darà una svolta definitiva: quel Carlo Imbonati di cui parlavamo all’inizio. La relazione con Verri si sta pian piano esaurendo, le infedeltà di lui, e anche la sua mancanza di carattere, hanno stancato Giulia che, invece, va via via acquistando sempre maggiore coscienza di sé e dalla vita vuole qualcosa di più che relazioni effimere e superficiali. Insomma non è come sua madre e Carlo Imbonati la aiuta a comprenderlo.
Nato in una grande e ricchissima famiglia, unico maschio fra diverse sorelle femmine, ha respirato un’altra aria rispetto alla vuota società con la quale Giulia si è per ora confrontata. È bellissimo, colto, allevato in una famiglia unita, da genitori che lo hanno non solo istruito, ma veramente educato, e, infine, ha l’animo nobile e generoso del gran signore. I due si innamorano e non si lasceranno più. Giulia, questa volta con grande scandalo, chiede la separazione dal marito; in una società che aveva ammesso l’adulterio come regola di vita, si vedeva tuttavia di malocchio la separazione fonte di pettegolezzi e vergogna.
Giulia infrange le regole e non accetta la doppiezza della sua situazione. Si separa, dunque, e va a vivere per un po’ di tempo con uno zio Blasco, parente della madre, poi parte per l’estero con Imbonati. Saranno anni pieni di vera felicità, viaggiano in Inghilterra e in Francia, tornando solo raramente a Milano, proprio a causa degli infiniti pettegolezzi e, forse, anche per una forma di rispetto per Pietro e Alessandro Manzoni. A Parigi vivono nel lusso, ma con la moderazione e il buon gusto che distinguono Imbonati e frequentano una società sceltissima costituita soprattutto da intellettuali fra cui Sophie de Condorcet e il di lei compagno Charles Fourier nella loro villa dei dintorni di Parigi. Intanto, uscito di collegio Alessandro va a convivere tristemente con Pietro, ma decide in seguito di visitare la madre a Parigi; quando la sua partenza è ormai decisa, Carlo muore nel 1805 e Giulia sprofonda nella più nera disperazione.
Due eventi vengono a mitigare, almeno in parte, il suo dolore: il primo è scoprire che, grazie al testamento di Imbonati, è divenuta ricchissima e il secondo è il ricongiungimento con il figlio: da allora in poi sarà Alessandro tutta la sua famiglia. Imbonati, con una decisione anche questa per l’epoca scandalosa, lascia tutti suoi beni alla donna amata, non legata però a lui da nessun vincolo legale; Giulia, che nella vita sarà sempre generosa, non dimenticherà tuttavia le sorelle di lui né altri che gli furono amici.
Nella sua disperazione Alessandro diventa per lei il centro di ogni interesse e, di intelligenza acuta, affinata dalla cultura e dalla sensibilità che negli anni aveva acquistato condividendo la vita di un uomo come Imbonati, comprende che suo figlio ha qualcosa di assai importante da dire e da dare al mondo; si adopra, allora, con tutta se stessa per creargli intorno un modo ovattato e protetto che gli consenta di dedicarsi totalmente alla sua arte; diverrà l’amministratrice e la colonna della casa del figlio.
La famiglia si completa con il matrimonio, anche questo combinato, fra Alessandro ed Enrichetta Bondel, calvinista di origine ginevrina. Un matrimonio combinato certamente, come quasi tutti quelli dell’epoca, ma un matrimonio felicissimo. Stupisce quando si analizzano le biografie di tutti questi personaggi che a nessuno mai sia venuto in mente quanto la figura di Enrichetta assomigli a quella di uno dei pochissimi personaggi positivi de I Promessi Sposi: Lucia. La forza di carattere mascherata da dolcezza, la costanza nelle decisioni, la ricerca continua di una fede vera e, dopo la conquista di questa, la capacità di non deviare mai, l’amorevolezza nei confronti delle persone care, la pietà verso tutti, l’incrollabile drittura morale, la forza di non mentire mai a se stessi; queste sono le doti di Lucia nel romanzo e di Enrichetta nella vita.
L’accordo con il marito è perfetto, per quanto invece come marito Alessandro perfetto non lo fosse per niente. Astratto, perso nella sua arte, egoista come tutti i geni, non si preoccupa delle necessità pratiche di una vita che, invece, ne aveva molte, soprattutto con una famiglia di ben otto figli e non si accorge mai nemmeno della fragilità, anche fisica, di chi gli sta intorno, sulle spalle della madre tutto l’andamento dei complicatissimi affari di famiglia e su quelle, debolissime, della moglie, dodici gravidanze. Malanni, conti da pagare, ma anche incontri interessanti e vita tranquilla questi sono gli ingredienti della vita di Giulia negli anni del matrimonio fra Enrichetta e Alessandro, intanto ha trovato anche un fedele amico ed alleato: il fratello Giulio.
Giulio era figlio di secondo letto di Beccaria e, fra il collegio e le agitate vicende della sua età giovanile, Giulia ben poco lo aveva frequentato, poi i contatti fra i due si fanno sempre più frequenti e affettuosi. La sorella gli scrive spesso, lo mette al corrente delle vicende della famiglia, gli chiede consiglio, gli dà incarichi anche piuttosto delicati. Quando, per esempio, si trovano in Francia con l’intenzione, che poi non si realizzerà, di eleggere Parigi a loro residenza definitiva, Giulia incarica il fratello di vendere sia la loro residenza di città sia quella di campagna a Brusuglio. La vendita non si effettuerà e i Manzoni torneranno stabilmente a Milano, dove rimarranno ormai per sempre, salvo il famoso periodo della risciacquatura in Arno.
Gli ultimi anni di Giulia saranno tristissimi, dalla morte di Enrichetta in poi l’equilibrio sereno della casa si romperà definitivamente. Al dolore della morte della nuora amatissima, si aggiungerà presto quello della morte di Giulietta, la prima nipote, infelicemente sposata a Massimo D’Azeglio. Morirà anche un’altra nipote, Cristina, anche lei sposata e con figli; gli amici dei tempi felici se ne andranno a uno a uno e il loro posto non potrà essere preso da altri, per esempio non dalla seconda moglie di Alessandro: Teresa Borri Stampa.
Anche in questo caso era stata Giulia a caldeggiare, se non a provocare, l’unione, ma questa non si rivelò per lei fortunata. Teresa era ben altro tipo rispetto a Enrichetta; forse amava Alessandro, certo lo venerava come artista, ma soprattutto la attraeva il ruolo di moglie del genio nazionale. Non lesinava qualunque mezzo per mettere in luce il talento del marito e riteneva la suocera, se non un intralcio, certo un di più nella sua relazione con Alessandro. Non riusciva a capirne la drittura morale e poco tollerava i suoi modi da gran dama del tempo che fu; d’altra parte Giulia sempre più si arroccava nel suo orgoglio di figlia di Beccaria e di madre dello scrittore famoso.
Vi era, poi, la spinosa questione del figlio di primo letto della Borri: Stefano, idolatrato dalla madre, amato anche dal patrigno, non era nelle grazie di donna Giulia, che non ne tollerava l'alterigia; questi, infatti, riteneva la Beccaria ospite, e anche appena sopportata, nella casa della madre e del suo nuovo marito, senza considerare che se quella casa esisteva, ciò era dovuto, in gran parte, al patrimonio che per tutta la vita vi aveva trasfuso Giulia e che era dovuto al generoso lascito di Imbonati. Una guerra sorda e sommersa che ne avvelenò gli ultimi anni. Giulia morì nel 1841, all’età, allora ragguardevole, di settantanove anni; aveva avuto la ventura di essere messa più volte di fronte a scelte difficili: la prima in anni giovanili quando, separandosi dal marito, aveva preferito una via allora inconsueta, che tuttavia le aveva aperto anni di felicità e di pienezza; la seconda, forse paradossalmente più difficile scelta, le era capitata nei confronti del figlio. Giulia, con il suo fine intelletto, non per italico mammismo, aveva compreso per prima il genio del figlio e lo aveva assecondato in ogni modo, assumendosi la pesantissima responsabilità della gestione del suo intero patrimonio e della sua famiglia, così facendo aveva regalato a lui la possibilità di dedicarsi liberamente alla sua arte e a noi uno dei più grandi narratori di ogni letteratura, contemporaneamente però, avvolgendolo nella sua protezione, ne aveva impedito ogni crescita umana; Manzoni rimase per tutta la vita un fanciullo nevrotico, incapace di vincere le sue paure, egoista e miope nei confronti di chi gli stava accanto. Anche questa seconda fu una scelta difficilissima per Giulia, certo ha reso noi tutti più ricchi, quanto abbia reso felice lei non sarà mai dato saperlo.
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