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Un turbine effimero

La gru imberesinata, favola breve con scarabocchio

di Piccolo da Chioggia

La gru imberesinata, favola breve con scarabocchio

Arrivati in laguna tra frotte di fanti, artiglieri e granatieri imberesinati, anche tra i cosacchi di Krasnoff prese consistenza lidea di dilettare la cittadinanza veneziana, che perplessa si era trovata giocoforza ad ospitarli, con uno spettacolo che rammentasseuna magnifica festa dOriente. Un qualcosa da associare in splendore a quei cieli visti dai solitari asceti himalayani o alle quiete immensità dellinfinito cantate dal poeta dun colle non così lungi dal medesimo mare che lambisce la laguna. Un turbine effimero che lasciasse però un bel ricordo di sé unito alle chiacchere nella favella veneziana pure quando fosse trascorso tanto tempo. Ma cosa inventare? La fantasia quando si sporge in bilico nel vuoto minaccia sempre di cadere nel nulla pur essendo il suo capo aureolato non tanto più pesante del suo fragile e lievissimo corpo…

Un sergente cosacco, allievo ufficiale nel genio, sapeva disegnare oltre gli uffici marziali del progetto di fortificazioni e sirammentò duna gru inutile ma bella che si poteva elevare su di una zattera per stupire la cittadinanzaLquale, di primo mattino avvisata dai gondolieri increduli, avrebbe creduto opportuno fare un giretto tardo pomeridiano fino palazzo ducale,onde vedere se davvero si trattava di cosa spettacolosa. E così, con legno, carpenterie varie, giunzioni navali e una cospicua dose di volon fu imbastita la strana gru costruttivista, graziosa e totalmente inutile se non addirittura un completo spreco dilegna.

La si trainò non appena scendevano le ombre del magnifico crepuscolo lagunare installata su di uno zatterone rimorchiato davecchie lance a vapore, rigurgitate fuori dallArsenale, fino al bacino di San Marco e la si pose ormeggiata in qualche modoquasi a vegliare il superbo San Giorgio palladiano. 

In sé, vista oggi, quella gru che senno avrebbe se non quello duna gradevole e sprecata fatica destinata a durare non più di tanto, addirittura solo qualche giorno, per dover causare la fatica di poi nel riportarla entro lArsenale e di lì smontarla? È certo bella cosa cagionare un onda di stupefatta ammirazione ai bravi veneziani abituati ormai allo spettacolo della loro gemmasecolare, ma non era affatto sicuro che tale stupore sarebbe durato per più duna qualche ora e piuttosto vi fu tra qualche avveduto cosacco chi disse che cera da temere che i cittadini della tramontata Dominante si stufassero molto presto della magnifica carnevalata e indispettiti ne chiedessero labbattimento da parte dellAutorità. 

È descritto con indulgenza colui che fantastica come uno che “ha la testa fra le nuvole” ed infatti un esule accompagnatosi ai cosacchi nel loro viaggio, il quale una qualche velleità di poeta ancora la serbava, propose lidea di non strafare troppo con la dismisura orientale ed esibita a gloria soltanto dellinvenzione russa. Un esempio di garbo sarebbe stato laggiungervi un omaggio alla città accogliente. Si domandò allesule, non digiuno di vaste letture, se lui sapesse cosa, per lappunto,accompagnare alla magnifica gru per dare forma allomaggio che i bravi artieri dei servizi e del genio avrebbero provveduto in seguito a costruire

È un compito non così immediato inventare quello di qualcosa… La testa fra le nuvole? Era stata il suo cruccio per una vita la testa svagata, pensava il povero esule nelle febbrili ore notturne. Ma dun tratto gli balenò come uno spicchio di luna che si affacci radioso fra le nubi inargentate lidea che avrebbe riscattato, almeno per poco, la sua lunga attesa duna ormaiimpossibile gloria poetica…Appassionato di bei volumi rammentava daver letto che nellarte della stampa Aldo Manuzioproprio a Venezia aveva conquistato fama imperitura imprimendo ai frontispizi delle sue stampe uno strano e grazioso delfino che si attorciglia, e di ciò non se ne comprende in fondo la ragione, ad unancora navale in sospeso sulla carta e non calata dalla sua sagola. Una sorta di trionfo senza sostanza e appigli eppure così bello… 

E lidea di genio fu questa: e venne proprio lui, dalla sua testa fra le nuvole che ora mutuava la lievità delle bianche montagnedi vapore acqueo in perenne navigazione nei cieli. Si sarebbe potuta costruire unàncora di legno e si sarebbe potuto sagomare,cucendo i teli di gomma abbandonati dellArsenale, un delfino irto di pinne e coda svettante da attorcigliare allo stelo dellàncora e questa di poi sospenderla dalla gru a mezzaria sul bacino di San Marco. Quale omaggio più bello al genio veneziano pur in gloria duna strana gru russa?   

Inutile a questo punto aggiungere che lidea trovò la generale approvazione fra i cosacchi fra i quali alcuni stimavano il povero esule un peso in più aggiunto a quelli che già si dovevano sopportare. 

Le lance a vapore rimorchiarono a ritroso la zattera con la gru entro le mura dellArsenale e vi fu tra i veneziani chi non nascose il suo sollievo per la fine della carnevalata dOriente, mentre i russi coadiuvati dagli esperti operai di marina veneziani, una volta stesi gli approssimativi disegni per un delfino da trasformare in cetaceo aereo, si davano a cucire, incollare, saldare alla fiamma i teli di gomma entro i quali con tecnica da dirigibile si sarebbe insufflata dellaria compressa. 

Trascorse qualche notte ed il delfino di gomma fu pronto. Si era studiato sulla sagoma ancora floscia al suolo se lattorcigliamento del vigoroso mammifero di mare allancora poteva riuscire stanti le misure dellotre modellato in gomma, quale in fondo era la creazione ideata su suggerimento dellesule. La poco rispettosa definizione di otre svuotato e simili era corrente presso gli operai dellArsenale, inclini al bere e quindi alle burle. 

Con qualche fatica, alla luce di qualche faro discretamente oscurato la verifica dellattortigliabilità dellotre sorridente alla sua ancora dette esito favorevole e così cominciò loperazione del gonfiaggio con aria compressa, cosa non da poco perché la si doveva eseguire ad àncora posta in verticale con alcuni fra operai e cosacchi piuttosto robusti e alti che in piedi su delle scalesorreggevano la coda in modo che non si afflosciasse su sé stessa impedendo allaria il riempimento completo.

In breve, e pure con qualche “oh” “oh” di ammirazione da parte degli operai, che da principio reputavano, da scettici, la cosa come impossibile oltre che inutile, lancora con il suo bel delfino attortigliato fu pronta e la si issò con una cima al braccio della gru lasciandola in sospeso, come nellintento del poetaE di, nuovo, era notte inoltrata, attraccato lo zatterone alle lance a vapore, la gru così ravvivata riprendeva la breve rotta verso il bacino di San Giorgio.

Il mattino successivo la nuova si sparse per calli e canali e, vinta lindolenza del giorno festivo, e soprattutto la scarsa propensione dei veneziani a dar troppa importanza a qualcosa che venga dal di fuori della loro villa lagunare, vi fu concorso di gente verso la piazzetta, da dove si poteva ammirare lo spettacolo di questa carnevalata dOriente. Commenti vi furono e, va detto, tutti positivi. I veneziani, pur lasciando trasparire dai loro complimenti qualche trepida riserva sul “quanto a lungo” si potrebbe venire ad ammirare la bella gru con il delfino e làncora, ne gloriavano linvenzione, alludendo soprattutto al grazioso e sorridente mammifero marino…

Va da sé che i complimenti al delfino celavano una certa benevola irritazione, per non aver, loro, i veneziani, aver mai trovato il modo di usare lanimale in gloria dei loro volumi rinascimentali per stupire gli ospiti con unidea simile, colta e ad un tempo comprensibile per la sua semplicità a chiunque… 

Solo un pomeriggio e poi la sera durava lo spettacolo. Un supplemento era concesso il mattino seguente, quando degli aeronauti vollero scaldare laria del loro aerostato per compiere dei voli sul bacino dacque. Di poi, gli ufficiali superiori cosacchi per nulla estranei a quei modi garbati e un poco freddi della vecchia corte zarista pensarono bene di ritirare la gru ed il suo corredo entro lArsenale e promettendo che lavrebbero smontata è però tenuta in serbo nei depositi per disporla a future feste, la fecero sì smontare, ma tavole, giunzioni e altro furono tagliate. Per farne passerelle, piattaforme o altro. Trattamento simile fu riservato al delfino del quale si riutilizzarono le pezze di gomma. Mai superflue dove le case si levano come per miracolo dalle acque.  

Lesule, in fondo, era il più soddisfatto del successo dellinvenzione: i bravi compatrioti avevano ora la prova del suo genio. Nemmeno era contrariato del fatto che lo spettacolo fosse durato molto poco. Poteva ora tornare, e con accresciuta stima di sé, ai trastulli letterari. Avendo avuto loccasione di ammirare degli antichi volumi conservati nelle dimore veneziane, sulle pagine di uno di questi si era imbattuto, sia il caso o sia altro, in unincisione con il delfino attortigliato allàncora cui si accompagnava, questa volta, un cartiglio il cui motto recitava: PRINCEPS SVDDITARVINCOLVMITATEM PROCVRANS, ovvero “il savio principe che si cura dellincolumità dei suoi sudditi. Lesplicazione dellallegoria era data nel volume poco oltre: il buon principe come un delfino si cinge allancora e la guida nelle profondità onde trovare appiglio sicuro a che la nave dei suoi sudditi non resti in balìa delle onde, del vento e della tempesta ed incorra nel naufragio. Si rammentò della sua condizione di esule e convenne sulla giustezza della sentenza. 

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