Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ra gli ex “colonnelli” di An, il mio preferito - e si badi
bene che lo affermo senza alcuna traccia d’ironia – è, e resta, Maurizio
Gasparri. Innanzitutto ha un pregio e una virtù estremamente rara, non soltanto
in ambito politico, ma in generale al giorno d’oggi: possiede il senso dei
propri limiti. Gasparri è uno dei pochi che è entrato in Forza Italia e c’è
rimasto. È uno dei pochi ormai a non aver mai scritto un libro. Evviva! Ora so
che qualcuno su questo potrebbe armare facili battute, ma ricordo a costoro che
esistono sempre i “ghost writer”. Sì certo, il buon Maurizio non sa chi siano
Prince e Jim Morrison, su Twitter a volte sbaglia i verbi, ma trovo ben più
grave culturalmente non riuscire ad andare più in là di un continuo, reiterato,
triste e noioso riferimento unico e costante al Fascismo utilizzato sempre e
comunque adattandolo alle proprie personali necessità. Anche perché il
Fascismo, con tutti i propri limiti, aveva dei riferimenti culturali alti
nell’Età Imperiale Augustea, nel Risorgimento italiano, nel nostro Rinascimento
e meno – sì meno perché al Duce interessava poco ed Evola lui non l’ha mai
capito – nel Medioevo ghibellino, tant’è che la buonanima di Benito – per
ragioni politiche, altro che per competenze urbanistiche – ha favorito, per
esempio, la devastante sconcezza di Via della Conciliazione, invece di adottare
il progetto di Armando Brasini, infinitamente migliore e più rispettoso sia
della città sia del Vaticano. Non possiamo affermare con assoluta certezza se
Mussolini sia stato “il miglior urbanista” italiano, perché la guerra non ha
dato il tempo, ciò che è stato fatto ha lati positivi e altri discutibili quel
che è certo è che dopo, con la tanto vantata Repubblica, è stato tutto peggio.
Una destra politica – ennesima volta che lo ripeto, ma lo dirò finché avrò fiato – che in questi anni, anche quando ne ha avuto la possibilità pratica, se ne è bellamente infischiata di agire in campo culturale, di porre solide basi, di appoggiarsi ai numerosi e validi intellettuali organici o – meglio – disorganici dell’area, perché in realtà davano fastidio, erano d’intralcio. Ah già, la “Cultura è dottrina”… non ho mai capito – né io né altri – cosa volesse dire tale frase fatta, del tutto vuota di significato, ma contenti loro… siamo ancora al MinCulPop… be’ no, no… magari!
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