Maggio Musicale Fiorentino

Da Omero a Monteverdi: il ritorno di Ulisse in patria in scena a Firenze.

Realizzata dal teatro del Maggio ma messa in scena alla Pergola, l'opera di avvale della regia di Robert Carsen e della direzione di Ottavio Dantone

di Domenico Del Nero

Da Omero a Monteverdi: il ritorno di Ulisse in patria  in scena a Firenze.

Il profondo fascino del teatro monteverdiano consiste anche nelle continue sfide che esso pone agli interpreti delle sue opere. Di Claudio Monteverdi ( 1567 – 1643) detto il Michelangelo della musica, sicuramente uno dei più grandi geni musicali in assoluto, purtroppo molto abbiamo perduto (basti pensare alla celebre opera Arianna , di cui sopravvive il solo lamento) e delle tre sole opere teatrali che possediamo il solo Orfeo ci è giunto grazie a una edizione a stampa (gli autografi  monteverdiani sono purtroppo tutti perduti), mentre sia il ritorno di Ulisse in patria sia soprattutto l’incoronazione di Poppea (di cui alcuni negano in tutto o in parte l’autenticità) sono pervenuti in condizioni assai più problematiche; l’Ulisse fu ritrovato nel 1881 in una biblioteca di Vienna e si ignora come e perché sia giunto fin lì.  Anche per quest’opera, tra fine Ottocento e inizio Novecento (quando Monteverdi fu finalmente riscoperto) si mise in discussione la paternità monteverdiana, in tutto o in parte, ma oggi i dubbi sembrano più o meno definitivamente superati. Tutte le opere del musicista cremonese – secondo la prassi dei suoi tempi – non sono comunque partiture, ma spartiti con una linea di canto e un basso: è necessario dunque ricostruire armonia, strumentazione e anche aggiungere alcuni abbellimenti canori.

Lavoro dunque molto complesso, che il Maggio Musicale Fiorentino ha deciso di offrire al suo pubblico: Il ritorno di Ulisse in patria è infatti  il terzo titolo operistico dell’83esima edizione del Festival del Maggio Musicale in scena dal 28 giugno all’8 luglio, alle ore 19, al Teatro della Pergola. Sul podio il maestro Ottavio Dantone, a dirigere l’Accademia Bizantina, per la regia di Robert Carsen. L’opera va in scena dopo l’Adriana Lecouvreur inaugurale, La forza del destino diretta dal maestro Zubin Mehta e subito prima di Siberia di Umberto Giordano. Al Maggio è stata messa in scena solo in tre occasioni: due alla Pergola (1942 e 1999) e una al Comunale (1987). Prima rappresentazione oggi lunedì 28 maggio alle ore 19 presso il teatro della Pergola; repliche il 30 giugno e il 3 e 8 luglio, stesso orario.

“Ci tenevo a fare a Firenze l’Ulisse di Monteverdi, che ho avuto la fortuna di fare una volta in vita mia a Zurigo  con la direzione di Harnoncourt – ha dichiarato il sovrintendente del Maggio Alexander Pereira – e sono onorato di avere quello che è forse oggi il più grande regista del mondo,  ovvero Robert Carsen, e con un cast impegnativo di 19 artisti che siamo riusciti a reperire; ed è una possibilità davvero unica poter realizzare lo spettacolo in teatro come quello della Pergola, che ringrazio per la sua disponibilità.  Questo sarà uno dei più bei momenti della mia sovrintendenza qui a Firenze. “

“Sono molto felice di poter realizzare qui quest’opera, anche perché è molto rara.  Io ho già fatto sia Orfeo che l’incoronazione di Poppea; questa musica e questa epoca sono forse quelle a me più care. “ Così il regista Robert Carsen, che ha proseguito: “ Nell’epoca barocca c’è una grande libertà da un punto di vista teatrale, una vera e propria sfida oggi molto impegnativa oggi trovare le soluzioni sceniche giuste, costruire un ponte tra lo spartito e il pubblico.  L’azione nel ritorno di Ulisse si svolge su diversi livelli, e questo spiega il motivo per cui vi sono molti cantanti. Ulisse è per me come una sorte di metafora delle nostre vite, delle gioie e dei problemi che incontriamo. Il ritorno di Ulisse in patria è un lavoro unico nel suo genere perché ci sono vari livelli della storia che nascono tutti dal libretto: quello allegorico che viene da Omero (Tempo, Amore e Fortuna), la nostra contemporaneità (Ulisse e Penelope) e quello degli Dei che viene da Monteverdi (Giove, Nettuno, Minerva). L’opera è anche molto shakespeariana e infatti ho voluto fare in modo di non avere tanti cambi di scena, ma solo un unico spazio in cui accade tutto.”

Per il direttore d’orchestra, il maestro Dantone, è difficile rendere in pieno la naturalezza di quello stile particolarissimo che è il recitar cantando: cantare cercando di far assomigliare il più possibile la parola alla musica e la musica alla parola. Si tratta di un lavoro che per essere fatto bene, con i giusti ritmi, richiede il “gruppo”; ovvero un insieme di cantanti, un gruppo giovane e collaborativo come questo che aveva la voglia e l’interesse di lasciarsi guidare, “fidarsi” delle indicazioni sia musicali che registiche. In più ho il mio gruppo musicale, perché senza nulla togliere all’orchestra del Maggio Musicale chiaramente per fare un’opera del Seicento ci vogliono strumenti che non fanno parte di una orchestra moderna: parlo del basso continuo, viola da gamba, liuto, tiorba, violone a sei corde; poi cornetti, flauti rinascimentali etc.  Con la mia orchestra (l’Accademia Bizantina) ci conosciamo da 25 anni per cui l’orchestra suona come io penso e io penso come loro suonano. Inoltre mi trovo perfettamente a mio agio con il modo di Carsens di congegnare e strutturare lo spazio, che è funzionale anche per me. Anche io, come lui, credo che l’opera sia l’arte della collaborazione che si costruisce durante le prove; abbiamo ad es. cambiato, allungato, aggiunto delle “sinfonie” che permettessero il movimento. Del resto, cose di questo genere, così come i tanto vituperati tagli, sono la cosa più “filologica” che esista, perché è così che l’opera si adattava alle circostanze già ai temi suoi.  Questa poi è la prima vera, autentica opera di Monteverdi, perché Orfeo, certo capolavoro assoluto, è pero ancora una proto- opera, mentre l’incoronazione di Poppea non è tutta unicamente sua; ed è un’opera semplicemente straordinaria, sia per la qualità della sua musica che per l’aspetto scenico.”

Nel ruolo del protagonista, al suo debutto a Firenze, Charles Workman che dice: “Tutti conoscono Ulisse e le sue avventure: un personaggio mitico che ha fatto la guerra contro Troia e che, per 20 anni, non riesce a tornare nella sua casa ad Itaca e, soprattutto, da sua moglie Peneleope che gli resta fedele per tutto il tempo. Robert Carsen sta facendo un lavoro bellissimo con il mio personaggio e sono convinto che sarà uno spettacolo meraviglioso. Con tutto il cast ci stiamo divertendo molto a metterlo in scena”.

 

A interpretare Penelope il contralto Delphine Galou che torna a Firenze dopo otto anni da “Il Farnace” di Antonio Vivaldi che andò in scena al Teatro Goldoni nel 2013 (diretto dal maestro Federico Maria Sardelli): “Sono molto felice di cantare il ruolo di Penelope: è una donna molto commovente che ha forza e determinazione ed è una vera sfida interpretare questo personaggio sul palcoscenico. Robert Carsen e Ottavio Dantone stanno facendo un lavoro meraviglioso con me e con tutto il cast, colleghi strepitosi e molto gentili, e sul palco c’è una bellissima atmosfera”.

Nel 1641, nonostante l’età, il grande compositore cremonese pose mano a due lavori impegnativi, entrambi messi in scena l’anno seguente: Le nozze di Enea con Lavinia, rappresentata al teatro dei SS. Giovanni e Paolo; e il ritorno di Ulisse in patria, probabilmente al teatro San Cassiano. L’opera non è più ormai solo appannaggio dei teatri di corte: Venezia (dal 1637) è la prima città italiana in cui il teatro si apre ormai al pubblico pagante. Monteverdi, dal 1613 maestro di cappella presso la Basilica di San Marco, anche se continuò per alcuni anni a collaborare anche con Mantova ed altre corti, come quella parmense. Il compositore, ormai al culmine della sua fama, non si lascia sfuggire la novità e conclude la sua carriera con un’ultima “fiammata” davvero straordinaria.

Il libretto dell’Ulisse è di Giacomo Badoaro, nobile veneziano che scriveva libretti non per mestiere ma per diletto. Il libretto dell’Ulisse è stato giudicato un po’ troppo prolisso e dispersivo e non è escluso che anche Monteverdi non ne fosse entusiasta (ma nulla sappiamo di preciso dei rapporti tra poeta e compositore) perché la versione musicata differisce in più punto da quella stampata da Badoaro (ma questa non era una novità, né allora né in seguito). Peraltro il lavoro appare ben congegnato, i personaggi sono coerenti al loro modo di esprimersi – cosa che la musica sottolinea in maniera straordinaria – e il passaggio da un tono nobile a uno grottesco o umile avviene con naturalezza. I molti personaggi in scena corrispondono poi perfettamente al gusto del tempo. Non sappiamo se la rappresentazione veneziana abbia avuto o meno successo, ma è probabile di sì, perché l’opera fu replicata a Bologna nello stesso anno.

Uno dei grandi interessi del compositore era la rappresentazione dei sentimenti umani, degli “affetti”, di cui proprio a Venezia aveva offerto un saggio straordinario musicando nel 1624 il Combattimento di Tancredi e Clorinda. E grazie alla rappresentazione di personaggi reali, tratteggiati con cura sia dal poeta che dal musicista, l’abilità monteverdiana di evocare gli “affetti” trova in quest’opera il suo vertice. Ogni personaggio infatti si muove sulla scena, parla ed agisce secondo il suo rango e il suo carattere: elevato e tragico quello di Ulisse e Penelope, più  lieve quello dell’ancella Melanto e del suo amante Eurimaco.

Sarà molto interessante vedere come Carsens e Dantone  abbiano realizzato tutto ciò.

 

IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA

Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti (realizzata in 2 parti)

Poesia di Giacomo Badoaro
Musica di Claudio Monteverdi

Edizione critica a cura di Bernardo Ticci
BTE - Bernardo Ticci edizioni, 2021
Edizione pratica: Maggio Musicale Fiorentino 2021, a cura di Ottavio Dantone

Nuovo allestimento

Maestro concertatore e direttore Ottavio Dantone

Regia Robert Carsen

Scene Radu Boruzescu

Costumi Luis Carvalho

Luci Robert Carsen e Peter van Praet
Drammaturgo Ian Burton

Ulisse Charles Workman

Telemaco Anicio Zorzi Giustiniani

Penelope Delphine Galou

Iro John Daszak

Il Tempo Francesco Milanese

 

Giunone Marina De Liso

La Fortuna Eleonora Bellocci

Giove Gianluca Margheri

Nettuno Guido Loconsolo

Minerva Arianna Vendittelli

Amore Konstantin Derri
Antinoo Andrea Patucelli
Anfinomo Pierre-Antoine Chaumien
Pisandro James Hall
Melanto Miriam Albano
Eurimaco Hugo Hymas
Eumete Mark Milhofer
Ericlea Natascha Petrinsky

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Accademia Bizantina

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Assistente regista Philippe Jordan, Jean-Michel Criqui
Assistente scenografo
Catalina Defta
Aiuto costumista Edoardo Russo
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Figuranti speciali Carolina Hannah Braus, Francesca Cellini, Lucia Lor
è, Erika Rombaldoni, Davide Arena, Andrea Bassi, Giacomo Casali, Giampaolo Gobbi, Luca Nava, Giuseppe Nitti, Marlon Zighi Orbi, Leonardo Paoli, Carlo Pucci, Andrea Salierno, Aulo Sarti, Lorenzo Terenzi,
Gaetano Tizzano, Leonardo Venturi, Federico Zini
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Allestimento Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

 

 

 

 

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