Maggio Musicale Fiorentino

Un don Pasquale da ... sposare. Un grande spettacolo al Maggio Musicale Fiorentino

Perfetta sintonia tra buca e palcoscenico nell'esecuzione del capolavoro buffo di Donizetti. Grande interpretazione di Daniele Gatti, di ottimo livello il cast vocale

di Domenico Del Nero

Un don Pasquale da ... sposare.  Un grande spettacolo al Maggio Musicale Fiorentino

Un Don Pasquale memorabile, quello in scena in questi giorni al teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dove tutto sempre filare in perfetta armonia e sintonia: regia, scenografia, orchestra coro e cantanti al meglio delle loro (grandi) possibilità, in uno spettacolo che non ha aspetti “urticanti” e naviga spedito verso il meritatissimo trionfo.

“La regia di Miller, che fa capire in modo cristallino la sua grande sapienza teatrale, è ricca di gag davvero splendide ed è un grande onore e piacere riprendere questo allestimento, potendo contribuire con il lavoro svolto insieme al maestro Daniele Gatti e a tutto lo splendido cast di questa produzione”, aveva affermato Stefania Grazioli, che ha ripreso l’allestimento di Jonathan Miller dell’ormai lontano 2001. Non si tratta affatto però di una lettura “invecchiata”; la grande casa di bambola articolata su tre piani con vari ambienti praticabili e strutturati in eleganti ambienti d’epoca consente sia ai figuranti che ai protagonisti di muoversi agevolmente dando all’insieme un gradevole dinamismo, anche se forse per le voci non è proprio la condizione ideale. Molto curati e calibrati i movimenti scenici, bellissimi i costumi di Isabella Bywater che ha curato anche le scene.

Daniele Gatti si è senza ombra di dubbio dimostrato una risorsa straordinaria per il  Maggio, dove ha lasciato una impronta indimenticabile con le sue interpretazioni di opere e concerti; e questo Don Pasquale non è certo una eccezione.  Il maestro sin dall’esecuzione della sinfonia mescola una levitas quasi mozartiana (come nella bellissima serenata del terzo atto com’è gentil ) a una vivacità di ascendenza rossiniana,  non senza quei momenti più morbidi e “patetici” tipicamente donizettiani. Ne risulta una lettura ricca di colori e sfumature, che rende di grande interesse anche la parte strumentale di quest’opera, che si rivela molto più ricca e complessa di quanto ci si attendesse. L’orchestra segue il suo maestro con la consueta abilità ed eccellenza, con un suono limpido e terso, senza sfasature o sbavature; e ottima come di consueto la prova del coro diretto da Lorenzo Fratini, soprattutto nel bellissimo Che interminabile andirivieni del terzo atto.

Di ottimo livello anche i solisti: il baritono Marco Filippo Romano, che interpreta il ruolo del titolo, è senza dubbio una certezza e lo ha confermato anche questa volta. Il suo Don Pasquale è perfetto anche sul piano scenico: divertente ma mai eccessivo, il personaggio non scade mai a livello di “macchietta” ma anzi evidenzia anche i lati malinconici che non ne fanno un semplice senex libidinosus di plautina memoria; sul piano vocale, perfette come sempre la dizione e il sillabato, così come l’impostazione e l’emissione della voce.

Di ottimo livello anche la Nerina del soprano Sara Blanch; astuta e “viperina” quanto basta, la Blanch  si distingue per il delizioso fraseggio, l’impostazione della voce e l’abilità nell’acuto; un piacere da vedere e da ascoltare. Ottimo anche il Dottor Malatesta del baritono Markus Werba, per il suo estro comico nella resa del personaggio che per il suo timbro limpido di eccellente baritono “chiaro”. Notevole l’Ernesto del tenero cinese Yijie Shi, dotato di una voce chiara e bene impostata, mentre Oronzo D’Urso disimpegna bene il ruolo del notaro.

Uno spettacolo che ha suscitato l’entusiasmo del pubblico presente in sala, numeroso anche se il teatro purtroppo non era completo. Assolutamente da non perdere, prossime repliche 23 e 24 marzo.

 

La recensione si riferisce allo spettacolo del 19 marzo.

 

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