Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La cripta dei cappuccini
Tutto questo era patria, qualcosa di più forte di una semplice terra natale, vasto e variopinto, eppure familiare e patria: l’imperial regia monarchia.
(Joseph Roth, La cripta dei Cappuccini )
Vienna, 17 aprile 2012
La Hofburg, il palazzo di città degli Asburgo, è sempre gremita dai turisti curiosi di cacciare il proprio naso tra le anticamere di Francesco Giuseppe e soprattutto di sua moglie Elisabetta, l’imperatrice “Sissi” divenuta un mito romantico più per la propria stramberia di Wittelsbach che per la sua statura di sovrana.
Lì, nella Hofburg come nel castello di Schonbrunn, è stata creata una sorta di magia difficilmente riscontrabile in altre regge d’Europa: la “presenza” dell’imperatore. Nonostante i profumi dolciastri, gli effluvi ascellari, le espressioni ebeti e gli ingombranti e plebei deretani delle masse di turisti che rotolano spesso berciando da una sala all’altra. Passando attraverso le varie stanze dell’appartamento imperiale, non solo ogni cosa è rigorosamente tirata a lucido con scienza e acribia davvero asburgiche, ma tutto sembra essere stato predisposto per il ritorno dell’imperatore: nel suo studio c’è ancora la sua cartella, il registro delle udienze è lì aperto e ci si aspetta da un momento all’altro di vedere il Gran Ciambellano che annuncia la comparsa di Sua Maestà Apostolica: il grande Francesco Giuseppe, che dopo l’attentato di Sarajevo esclamò sconfortato “Proprio nulla mi è risparmiato su questa terra”! forse presagendo il dramma e la catastrofe imminenti e il suo successore Carlo I, l’imperatore della pace recentemente beatificato e che potrebbe diventare davvero il santo in Paradiso di cui il nostro continente ha bisogno ogni giorno di più.
Dall’impero dell’aquila bicipite, ultima reliquia dell’Impero Romano, erede di quell’aquila il cui volo Dante mirabilmente sintetizza nel sesto canto del Paradiso, si è ormai passati al regno della lupa, ovvero, sempre per seguitare una metafora dantesca, a quella sozza accozzaglia anonima di mercanti, banchieri finanzieri che non conosce altra patria né altra insegna che il dio uno e quattrino (poco importa se Euro o dollaro) e che, per l’appunto, dopo il pasto ha più fame che pria.
Difficile dire quale sia l’effetto, nelle teste di giovani studenti diciassettenni e diciottenni, delle solenni vestigia della duplice monarchia. Il dubbio è che siano soprattutto incuriositi dal fasto degli addobbi da tavola, dalle vesti e dai corredi di Sissi e dagli splendori bianco e oro di una corte che sapeva comunque vivere in modo spartano anche in una cornice fiabesca - il lettino di ferro militare del grande, vecchio imperatore! – che non dal significato – anzi dal messaggio – potente e forte che tutte quelle reliquie emanano: la Duplice Monarchia che, come ricordava appunto lo scrittore Joseph Roth in alcuni dei suoi indimenticabili capolavori , sapeva assaporare la gioia di vivere con un po’ di elegante e disinvolta fatuità: ma aveva il senso straordinario della storia e della civiltà che unificavano popoli e culture diverse.
“ Solo molto più tardi, dicevo, dovevo accorgermi che persino i paesaggi, i campi, le nazioni, le razze, le capanne e i caffè del genere più diverso e della più diversa origine devono sottostare alla legge del tutto naturale di uno spirito potente che è in grado di accostare ciò che è distante, di rendere affine l’estraneo e di conciliare l’apparentemente divergente. Parlo del frainteso e anche abusato spirito della vecchia monarchia …” (Joseph Roth)
Lo spirito della vecchia monarchia. Questi ragazzi, pronti magari a organizzare un’assemblea se magari qualcuno dei soliti, falliti, squallidi e meschini imbonitori da quattro centesimi cerca di riciclare loro sotto veste umanitaria residuati bellici di fallite ideologie, che hanno causato tonnellate di sangue, sanno almeno che l’impero Asburgico non ha mai conosciuto questioni razziali? Che anzi proprio Roth e tanti scrittori che hanno mirabilmente cantato il mito della Austria Felix e della sua struggente nostalgia erano ebrei ? Sarà un caso, oppure ….
Tutto questo mi passa per la testa mentre troppo velocemente il percorso imperiale della Hofbug volge al termine. Osservo i ragazzi …. “Sì certo, prof, molto bello …. “ ma non molto di più. Comunque, non hanno strascicato i piedi con l’espressione ebete che contraddistingue spesso le scolaresche in trasferta (e spesso più sono grandi e peggio è) e quindi posso già essere contento.
Ma l’itinerario asburgico non può prescindere da una visita alla Cripta dei Cappuccini, il sepolcro della famiglia imperiale dove solo pochi mesi fa, con l’affascinante e solenne rito secolare, è stato inumato l’ultimo principe ereditario, Otto d’Asburgo. Fermo i ragazzi davanti all’ingresso della Cripta e racconto loro la storia di quel rito. C’è silenzio e attenzione, che ci accompagna anche durante la visita: i sepolcri in metallo in legno degli imperatori, nella loro macabra solennità , hanno il fascino di un passato che non ha cessato di parlare al presente, anche se la maggior parte della gente preferisce ascoltare altre parole e altre musiche.
Imponente il sepolcro di Maria Teresa ,la grande e saggia imperatrice , a cui il nord Italia deve in buona parte i presupposti della sua attuale prosperità: ma quello che più colpisce i ragazzi sono i sepolcri di Francesco Giuseppe, Elisabetta e del loro sfortunato figlio Rodolfo, adorni di fiori, di biglietti, di messaggi d’affetto e di nostalgia di tanta gente (anche giovani e giovanissimi) dei nostri giorni. Dopo tanti anni ….
All’uscita, leggo loro il finale della Cripta dei Cappuccini di Roth, che evoca la reazione del protagonista al momento dell’occupazione nazista di Vienna:
“L’alba spuntava su quelle croci totalmente estranee. (…) Camminavo per strade deserte, con un cane sconosciuto. Era deciso a seguirmi. Dove? Io ne sapevo quanto lui. La Cripta dei Cappuccini, dove giacciono i miei imperatori, sepolti in sarcofaghi di pietra, era chiusa. Il frate cappuccino mi venne incontro e chiese: ‘Che cosa desidera?’
‘Voglio visitare il sarcofago del mio imperatore Francesco Giuseppe’ – risposi. ‘Dio la benedica’ disse il frate, e fece sopra di me il segno della croce.
‘Dio conservi!’ Gridai. ‘Zitto!’ – disse il frate.
Dove devo andare, ora, io, un Trotta?”
Sabato pomeriggio, l’ultimo giorno, riesco a ritagliarmi un po’ di tempo per scendere alla Cripta da solo. Posso così andarvi da pellegrino, soffermarmi in silenzio davanti al sepolcro di Francesco V di Modena, dove campeggia una bella coroncina (non certo d’epoca!) con scritto sopra A Francesco V i fedeli sudditi modenesi: omaggio bellissimo e singolare, a un secolo e mezzo di distanza, verso un sovrano che gli stupidari scolastici (e non solo) si ostinano a definire pappagallescamente un “tiranno”. E naturalmente, con tanto affetto e gratitudine, davanti alla tomba del mio ultimo sovrano, Leopoldo II granduca di Toscana, che sta benissimo lì insieme ai suoi grandi avi e coetanei, ma che meriterebbe una sepoltura in San Lorenzo, insieme ai suoi predecessori. Ma solo davanti al sepolcro di Francesco Giuseppe e al busto di Carlo I, che ne ricorda la sepoltura in terra d’esilio, ho la sensazione, incredibile e commovente, di essere finalmente “a casa”.
Forse anche per me e a tanti della mia generazione, come per il protagonista del libro di Roth, questo e pochi altri luoghi simili sono ormai i posti in cui dobbiamo andare. Ma con spirito foscoliano e non rassegnato, per preparare, in un giorno che noi sicuramente non vedremo, il ritorno dell’imperatore.
Inserito da Stefano il 17/03/2015 13:35:17
Rex quondam rexque futurus.Gott erhalte, Gott beschütze unsern Kaiser, unser Land!
Inserito da Gialonèro VotoFranz - dal Territorio Libero di Trieste il 28/01/2015 12:10:41
Condivido in pieno i sentimenti magistralmente espressi in questo articolo. Siamo in tanti, ... tantissimi, a pensarla così!
Inserito da aeiou il 26/07/2012 13:27:23
eccezionale...
Inserito da lucacosta83 il 12/07/2012 16:30:54
bellissimo e commovente, ho riletto i miei stessi sentimenti e le mie riflessioni di un mese fa, quando discesi alla Cripta dei Cappuccini e quando visitai la Chiesetta per salutare Marco d'Aviano, altra gemma luminosa della storia della Chiesa e degli Asburgo, purtroppo dimenticata dalla storiografia risorgimentale e marxista cui sono costretti i nostri giovani alla scuola pubblica.
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