Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il castello di Schonbrunn
Vienna, 18 aprile
La metropolitana ci conduce rapida verso la porta di un altro mondo. La stessa stazione di Schonbrunn è diversa dalle altre, con le sue panchine e i suoi colori somiglia piuttosto alle “piccole stazioni” della Monarchia di cui parla Roth. E purtroppo, per l’impero Asburgico, il bellissimo castello immerso nel verde di un parco secolare è stata davvero l’ultima fermata: prima, per la morte di Francesco Giuseppe, che vi spirò, primo servitore dello stato fino al suo ultimo giorno, all’età di 86 anni, il 21 Novembre del 1916. Primo servitore dello stato : queste parole per il grande Imperatore non furono uno slogan, furono il senso di una vita e di una missione. Vorrei spiegare ai miei ragazzi la differenza che passa tra la politica oggi e quella di allora …. E qualcosa gli dico. Ma senza calcare la mano. Conoscono benissimo, non ne ho mai fatto mistero, il mio profondo e assoluto disprezzo per quel che oggi si intende per “politica” che è uno spregio e un avvilimento di una parola dalla pur nobile origine. E’ probabile che mi giudichino uno strambo originale …. O forse, più semplicemente, un “fascista” un po’ anomalo. Ma non mi interessa e comunque la missione di un insegnante non è quella di far politica; ma di tramandare la memoria storica, sì. O perlomeno, dovrebbe esserlo.
Ma la “fermata” più tragica della Duplice Monarchia non fu nonostante tutto la morte del vecchio, leggendario Imperatore. Francesco Giuseppe ebbe un degno successore, leale, cavalleresco, veramente un principe d’altri tempi: l’imperatore Carlo, affiancato dalla moglie Zita di Borbone- Parma e dal principino Otto, che sino allo scorso anno, quando è mancato a 99 anni di età, ha portato avanti il retaggio paterno. L’immagine della nuova famiglia imperiale fece per un momento sperare nel miracolo. Carlo fu chiamato l’Imperatore della pace e sin dal primo giorno del suo purtroppo breve regno cercò di metter fine a quella che papa Benedetto XV aveva giustamente definito “l’inutile strage” .
Il suo sogno era di dare una struttura e un volto federale all’impero, che avrebbero potuto consentirgli di affrontare il XX secolo mediando fra tradizione e nuove aspirazioni. Ma la sorte – e la guerra - purtroppo gli furono avverse e proprio lì, in quella Schonbrunn che dai tempi di Maria Teresa era il cuore della civiltà asburgica, nel Novembre 1918 Carlo firmò la sua rinuncia agli affari di stato. L’ultimo impero erede dell’impero romano moriva per sempre. Non posso passare dalla sala dove avvenne quella triste ma inevitabile capitolazione, che l’Imperatore portò veramente come una croce, con una dignità e un coraggio senza pari, senza provare un brivido di tristezza e di sgomento. Lì è finito un mondo e le cineserie della grande Maria Teresa, i ritratti austeri dei suoi successori e le immagini fastose e leggere dei secoli d’oro e del tramonto del grande impero non possono cancellare quell’impressione di profonda tristezza: anche perché il mondo che è seguito non può certo definirsi migliore.
La storia, si ripete pedissequamente, non si fa con i se. Eppure, proviamo a immaginare un Europa in cui il tentativo di Carlo avesse avuto successo: non ci sarebbe stato il collasso degli imperi centrali, né l’acre e tragico desiderio di rivincita della Germania con il conseguente regime nazista. La diffusione del comunismo sarebbe stata ridotta se non estirpata …. Quanti milioni di vite umane avrebbero potuto essere risparmiati? Il vecchio impero sarebbe riuscito a compiere un altro miracolo, a salvare una volta ancora l’Europa e la nostra civiltà?
Il volto sorridente dell’ultimo Imperatore sembra, nonostante tutto, esprimere una coraggiosa speranza. Chiedo a un mio studente di farmi una foto vicino a un ritratto di Carlo; non si potrebbe, so di violare una regola dell’etichetta e anche il ragazzo non si sente molto tranquillo, perché ha già visto gli occhi severi di una fraulein da guardia squadrarlo …. Anzi, squartarlo in modo poco benevolo, Ma nel mio caso non è il vezzo della solita grassona americana o dell’occhialuto manico di scopa nipponico. Approfittando di una distrazione della solerte walkiria, il mio studente si guadagna un encomio solenne ….
Dopo le splendide gallerie del castello, su cui pesa il manto di tristezza di quel maledetto novembre del 1918, il giardino e il parco ci accolgono in tutta la loro ridente e solare bellezza di un giorno d’aprile. Maria Teresa aveva già aperto al pubblico sin dal 1779 non solo il parco ma anche le sale cerimoniali, ovviamente con qualche limitazione soprattutto per quest’ultime: un segno di come, anche allora, tra popolo e sovrani esistesse una mutua, affettuosa fiducia.
I ragazzi si precipitano nel parco, fanno capriole, giocano. Perché non dovrebbero? Loro sono il futuro. Mi auguro solo per loro che sia migliore del presente … e per certi aspetti, più simile a quel passato di cui stanno forse inconsapevolmente calpestando le orme.
Mi aggiro per i meandri del parco, cercando di immaginare le passeggiate di Francesco Giuseppe, uno dei suoi pochi momenti di svago. Ma mi vengono incontro solo un paio di scoiattoli burloni che mi si avvicinano in modo incredibile, senza aver paura; anzi mi squadrano con aria impertinente e si mettono a ruzzare proprio davanti a me, esattamente come stanno facendo i miei ragazzi da qualche parte.
Dio salvi l’Imperatore ….
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